Attualità del Matrix di Harris: la scommessa di quattro archeologi e alcune domande
Sabato si è tenuta la presentazione della nuova edizione di Esercizi di Matrix, il volume curato da Laura Amadori, Margherita Capponi, Gianfranco De Rossi e Ada Foschi, dedicato a tutti gli studenti che in vista dell’esame del corso di Metodologia della ricerca archeologica hanno la necessità di fare pratica con il temutissimo Matrix.
Non il film, ma il diagramma stratigrafico di Harris.
Nato nel 1973 per far fronte ad una necessità pratica, cioè mettere in ordine più di diecimila Unità Stratigrafiche dallo scavo della Lower Brook Street di Winchester, il matrix è diventato negli anni uno strumento imprescindibile per gli archeologi che si confrontano con centinaia o migliaia di strati.
Copre/coperto; taglia/tagliato; riempie/riempito; anteriore/posteriore/contemporaneo sono solo alcune delle relazioni stratigrafiche crono-spaziali che il matrix rappresenta sotto forma di linee verticali e orizzontali per restituirci subito l’idea grafica di quello che abbiamo scavato. Il diagramma consente dunque la visualizzazione sintetica e immediata dei rapporti cronologici e spaziali tra gli strati.
La successione stratigrafica, come tutti voi sapete, è solo il primo passo nella comprensione e nella narrazione della storia che ricostruiamo a posteriori anche attraverso gli strati di terra che andiamo a sfogliare, uno dopo l’altro.
La parte più difficile è infatti trasformare quei numeri (le US, USM, USR) in tasselli di un’attività, quindi di un insieme di attività, quindi di un contesto e quindi di un sito.
In fondo, è questo quello che fa un archeologo: va a ritroso. Dalle azioni più recenti a quelle più antiche, l’uomo e la natura lasciano delle tracce nell’ambiente e compito dell’archeologo è quello di riconoscerle e attribuire ad ogni strato di terra un’operazione compiuta nei secoli da fattori antropici o naturali.
Lo scopo ultimo del lavoro dell’archeologo non è però quello di fare una lista di Unità Stratigrafiche o di azioni slegate tra loro. Il nostro compito è capire a cosa sono servite quelle azioni, metterle insieme e tirare fuori un racconto storico, supportato da tutte le altre fonti che la professionalità dell’archeologo richiede di saper utilizzare.
Dunque il matrix è prima di tutto uno strumento, un tool come si direbbe oggi se parlassimo di social media, qualcosa cioè che ci semplifica la vita in fase di documentazione, un mezzo che ci permette di non impazzire quando i numeri delle US raggiungono le quattro o cinque cifre. Le nostre schede US sono come pezzi Lego, che messi uno sopra l’altro costruiscono una città, una necropoli, un paesaggio antico. Rimane dunque prioritario oggi nel 2017 per un archeologo saper redarre il diagramma stratigrafico in modo corretto, seguendo le regole indicate dallo stesso Harris:
- Legge di sovrapposizione: le unità stratigrafiche più in alto sono le più recenti e quelle in basso le più antiche.
- Legge di orizzontalità originaria: ogni strato archeologico non consolidato tende ad assumere una disposizione orizzontale.
- Legge di continuità originaria: Ogni deposito archeologico non consolidato, al momento della sua deposizione, è delimitato da un bacino di deposito. In caso contrario la sua estensione originaria deve essere stata rimossa da altre attività antropiche o naturali.
- Legge di successione stratigrafica: Ogni unità stratigrafica trova posto nella sequenza stratigrafica di un sito nella posizione compresa tra la più bassa di tutte le unità stratigrafiche che le giacciono sopra e la più alta di tutte quelle che le giacciono sotto e con le quali ha un contatto fisico; tutte le altre relazioni di sovrapposizione possono essere considerate ridondanti.
Esercizi di Matrix nasce proprio per aiutare gli studenti a capire il funzionamento del diagramma e a farlo proprio.
La prima edizione dell’eserciziario risale al 1996: sono passati vent’anni da quando il volumetto ha iniziato prima a circolare di mano in mano tra gli studenti e poi a girare in modo semi clandestino in fotocopie visto che risultava introvabile in libreria.
È per questa ragione e per celebrare due decenni di esercizi che gli autori hanno dato alle stampe la nuova edizione, uscita qualche giorno fa.
Per presentare il volumetto è partito il #MatrixTour, un giro di incontri per mettere a confronto docenti, ricercatori, studenti e archeologi sull’attualità del metodo stratigrafico. La prima tappa è stata a Roma il 21 Ottobre.
All’incontro hanno partecipato il Prof. Enrico Zanini dell’Università di Siena e la Prof.ssa Maura Medri dell’Università Roma Tre, docenti di metodologia della Ricerca Archeologica. Entrambi hanno presentato brevemente il volume sottolineando i punti di forza dell’eserciziario e suggerendo anche miglioramenti alla struttura del testo. Al termine della presentazione vera e propria si è svolta la Tavola Rotonda “Matrix e Metodo Harris nel 2017” con la partecipazione di Carlotta Bassoli (Presidente ANA Lazio); Fulvio Coletti (Parco Archeologico del Colosseo); Giulia Facchin (Università Roma Tre); Antonio Ferrandes (Università La Sapienza); Alessandro Pintucci (Presidente CIA). A moderare l’incontro, la scrivente.
La domanda attorno alla quale è ruotato il dibattito è stata: il matrix serve nel 2017 o possiamo pensare ad un suo superamento?
Punto di partenza del dibattito è stato l’articolo di Maura Medri del 2004 pubblicato in Archeologia dell’Architettura IX, dal titolo “Harris 2003: super Su Doku o qualcosa di utile?”
Per chi non l’avesse già letto si tratta dell’analisi critica di un contributo pubblicato nel 2003 dallo stesso Harris che sollevava problemi in merito alla cosiddetta stratigrafia verticale e alla sua collocazione all’interno del matrix. L’articolo di Maura Medri si pone sostanzialmente degli interrogativi rispetto ad alcune lacune riscontrabili nel sistema teorico del matrix, così come pensato e stigmatizzato dall’archeologo inglese, quando applicato alle strutture architettoniche.
Si può dunque dire che il matrix è un sistema imperfetto? Abbiamo elaborato ad oggi un impianto teorico e metodologico in grado di superare il diagramma stratigrafico? Possiamo fare a meno del matrix per ordinare i dati di scavo? Quale può essere un’alternativa?
Sono questi gli interrogativi scaturiti nel corso del vivace dibattito che ha visto Enrico Zanini nei panni dell’antagonista (permettetemi la leggerezza) rispetto al metodo matrix e gli altri convenuti nei panni di interlocutori critici rispetto alle problematiche emerse durante la discussione.
È così venuta fuori la difficoltà da parte di chi si occupa di didattica dello scavo di riuscire a comunicare efficacemente le problematiche derivanti da un utilizzo critico del matrix, considerando le esperienze mordi-e-fuggi degli studenti sui cantieri universitari. O ancora la necessità di dotarsi di un sistema univoco di standard documentali da consegnare nelle Soprintendenze, tali da consentire di mantenere livelli elevati di elaborazione. Non ultimo è emerso l’annoso problema dell’archeologia d’emergenza che spesso vede la contrapposizione di due opposte esigenze: da una parte riuscire a garantire tempi celeri per consentire la prosecuzione dei lavori pubblici e quindi il minor disagio possibile ai cittadini e dall’altra assicurare la scientificità delle operazioni di scavo e della successiva documentazione.
Dalla tavola rotonda è dunque risultato quanto si senta la necessità di avviare una riflessione critica sul metodo stratigrafico e sul diagramma di Harris, tenendo conto dell’insostituibilità ad oggi di uno strumento ancora non superato né superabile in mancanza di una nuova elaborazione teorica che coinvolga tuta la comunità scientifica alla luce delle dinamiche che la nostra disciplina si trova a vivere nel 2017, ben 45 anni dopo la nascita del Metodo Stratigrafico.
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Antonia Falcone
(@antoniafalcone)
Credit immagine di copertina: Scavo di Miranduolo