Kevin Spacey, Pugile a riposo (con VIDEO)

Kevin Spacey è tornato.

E l’ha fatto in un museo archeologico. A Roma.

 

 

La notizia sta facendo il giro del mondo, le foto dell’attore due volte premio Oscar (per i film I soliti sospetti e american Beauty) accanto al Pugile a riposo, da ieri sono su tutti i giornali italiani e internazionali.

 

Un fortissimo motivo di orgoglio per uno dei musei più ricchi di storia della capitale. Parliamo di Palazzo Massimo alle Terme, una delle sedi del Museo Nazionale Romano. È nell’edificio che affaccia su Piazza dei Cinquecento a Roma, a due passi dalla Stazione Termini, che sono conservate alcune delle opere più importanti dell’archeologia romana, tra le quali proprio il celeberrimo Pugile a riposo.

 

Costruito tra il 1883 e il 1887 su progetto dell’architetto Camillo Pistrucci in un sobrio stile neorinascimentale, Palazzo Massimo alle Terme nacque come collegio dei padri gesuiti e conservò tale destinazione fino al 1960. Nel 1981 fu acquisito dallo Stato italiano, per divenire una delle sedi del Museo Nazionale Romano.

Le collezioni si distribuiscono nei quattro piani dell’edificio secondo un criterio cronologico e tematico: il pianterreno, il primo e il secondo piano sono dedicati alla sezione di arte antica; il piano interrato ospita le sezioni di numismatica e oreficeria. (Fonte)

 

La notorietà del Pugile è dovuta essenzialmente al fatto che si tratta di una delle rarissime opere originali greche in bronzo. Datata al IV secolo a.C. e attribuita a Lisippo (o alla sua cerchia), la statua fu ritrovata alle pendici del Quirinale nel 1885.

 

Palazzo Massimo, oltre ad essere la “culla” del pugile è molto di più: al suo interno è possibile ammirare una ricca collezione di ritratti, di statuaria marmorea e un intero piano dedicato ad affreschi, stucchi e mosaici. A questo proposito vi consiglio di immergervi nella sala dove sono stati ricomposti gli affreschi della Villa di Livia di Prima Porta: sarà un’esperienza indimenticabile!

 

Ma tornando a Kevin Spacey, cosa lega l’attore Hollywoodiano ad una statua bronzea di età ellenistica?

 

Il trait d’union si chiama poesia, e porta il nome di Gabriele Tinti.

 

“Non potevate immaginare che sarei resuscitato

in questo vestito di metallo, che sarei tornato a fissarvi

con il mio volto scuro, senza labbra”

(Gabriele Tinti, The boxer)

 

Grazie all’intraprendenza di questo poeta contemporaneo, la cui arte si ispira alle opere statuarie dell’antichità, Roma è stata teatro di un reading suggestivo nel quale parole e gesti si sono incontrati sotto lo sguardo ammirato del Pugile.

 

Non è la prima volta che Gabriele Tinti fa dialogare arte antica e versi poetici, e qui trovate il link al post dedicato al reading tenuto nel 2017 da Luigi Lo Cascio a Palazzo Altemps (altra sede del Museo Nazionale Romano).

 

La formula creata da Gabriele Tinti è sintomatica della necessità di far incontrare le arti, come afferma egli stesso: “Io, poi, mi ispiro all’opera statuaria come spesso è avvenuto in passato, per esempio a Goethe e Schiller o al contrario Bernini che si rifaceva a fonti letterarie per le sue sculture. Per me è importante avere un attore che esprime a voce quello che scrivo”, di abbattere le barriere che separano antico e contemporaneo, arte classica e arte scenica.

 

Con queste performance il museo diventa un luogo di riflessione, di elaborazione, di raccoglimento, così come richiesto dalla poesia.

 

E l’accostamento di Kevin Spacey al Pugile a riposo si può riassumere con i versi dello stesso Gabriele:

 

ora 

vedo però

la sua smorfia

è una smorfia 

di dolore

capisco che 

sta soffrendo

che sente 

come un blocco

una morsa

pare prigioniero 

del suo stesso corpo 

si sbilancia

pare cedere 

no!

è ancora lì

 

Al di là della vicenda giudiziaria che non affronto né voglio affrontare in questa sede (per due motivi: il primo è che non sono un’avvocato e non sono abituata a parlare di cose che non conosco – con lo stesso spirito con il quale vorrei che i non archeologi non parlassero di archeologia -, il secondo è perché questo non è lo spazio adatto, altrimenti il blog si chiamerebbe Professione Giudice), ascoltare dal vivo Kevin Spacey è stata un’emozione fortissima.

 

Io con Kevin Spacey

 

Vi lascio quale link alla ricchissima rassegna stampa dedicata in Italia e all’estero all’evento:

EL PAIS

CNN

THE NEW YORK TIMES

LA REPUBBLICA

Sito web di Gabriele Tinti

 

 

Antonia Falcone

(@antoniafalcone)

Rassegna di Rovereto 2018: i vincitori della menzione Archeoblogger

La Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto è ormai da quattro anni un appuntamento fisso per Professione Archeologo: la manifestazione è giunta alla sua XXIX edizione e dal 2015 tra i premi assegnati figura anche la Menzione Speciale Archeoblogger. Si tratta di un riconoscimento conferito da 10 blogger al film più divulgativo scelto all’interno della rosa di documentari in concorso e tra i blog selezionati naturalmente ci siamo anche noi.

 

In questo post vi spiego come funziona il processo che porta all’attribuzione del premio Archeoblogger e vi racconto chi sono stati i vincitori di questa edizione 2018 della Rassegna di Rovereto.

 

Ma partiamo dall’inizio.

 

Come si mette insieme una giuria di 10 blogger che vivono in città diverse e che non hanno occasione di incontrarsi prima dell’assegnazione del premio?

 

Semplice, si fa tutto online! Gli step seguiti sono generalmente tre:

 

  1. Qualche mese prima della rassegna che cade ad ottobre si sonda la disponibilità dei blogger a far parte del progetto. I blogger vengono scelti in base alla loro influenza online: non tutti i membri della giuria infatti sono dotati di blog, alcuni “divulgano” tematiche archeologiche attraverso i social media. Il requisito principale seguito nel reclutamento dei giurati è quello di avere una nicchia ben definita di utenti e di gestire online dei progetti con focus la comunicazione archeologica.

  2. A un mese dall’inizio della rassegna arrivano i film da valutare. Viene selezionata dall’organizzazione una rosa di documentari con un tema comune tra i quali decidere il vincitore. In questa edizione 2018 abbiamo visionato film di produzione europea. Dopo che i film sono stati caricati online su una piattaforma cloud, ognuno di noi ha il compito di visionarli e di assegnare un punteggio a ciascuno di essi. Nella valutazione non bisogna perdere di vista il motivo per il quale la giuria è stata costituita: prestare particolare attenzione a quei prodotti cinematografici in grado di raccontare delle storie mantenendo la correttezza scientifica e riuscendo a coinvolgere gli spettatori. Dunque no ai sensazionalismi e no ai tecnicismi eccessivi.

  3. A ridosso della premiazione “il blogger più portato per le materie scientifiche” (!) procede con la somma dei punteggi e proclama il vincitore che nel corso della serata finale della Rassegna viene premiato con la Menzione Speciale Archeoblogger.

 

 

 

 

Nelle edizioni 2015. 2016 e 2017 abbiamo premiato sempre e solo un documentario. Quest’anno invece ci siamo scatenati e abbiamo avuto un ex aequo.

 

Vi starete chiedendo come mai.

 

Semplicemente perché la qualità dei film che abbiamo visionato in questa edizione  era molto elevata: grandi produzioni, temi di archeologia contemporanea, prodotti tecnicamente ineccepibili, sceneggiature di livello.

 

Alla fine la nostra scelta è caduta su:

 

Le fils de Neanderthal

Nazione: Francia

Regia: Jacques Mitsch

Durata: 52′

Anno di produzione: 2017

Produzione: Gedeon programmes

 

L’Homo sapiens ha veramente soppiantato i Neandertal? È quello che si credeva fino alla scoperta di una strana sepoltura. Per mesi paletnologi, paleoantropologi e genetisti hanno lavorato per scoprirne i segreti in un grande viaggio immaginario sulle tracce del più incredibile dei nostri antenati.

 

Di seguito la motivazione della nostra menzione:

 

“Le fils de Nanderthal è un film vero e proprio che gioca con la finzione per disvelare piano piano le verità scientifiche sul rapporto Neanderthal – Sapiens, una degli aspetti più affascinanti della nostra storia evolutiva, nonché uno dei più dibattuti.

Altro punto di forza del film è la capacità di mettere a nudo il problema del sensazionalismo e delle fake news anche in ambito archeologico, perché la nostra disciplina si presta da sempre alla proliferazione di fantasiose interpretazioni e ricostruzioni. In questo senso il film si pone come esperimento rischiosamente provocatorio, riuscendo comunque a costruire una narrazione articolata e scientificamente corretta.”

 

A questo link (CONTIENE SPOILER DEL FILM) trovate un’intervista al regista rilasciata a un magazine francese; l’uscita del film in Francia ha diviso la comunità scientifica in ragione dell’espediente non proprio ortodosso usato dagli sceneggiatori.

 

Katman – Lo strato

Nazione: Turchia

Regia: Melek Ulagay Taylan

Durata: 65′

Anno di produzione: 2017

Produzione: RET Film – Cigdem Mater

Consulenza scientifica: Gül Pulhan e Stuart Baylock

 

Il film racconta di uno scavo archeologico realizzato presso il tumulo di Gre Amer, prima che fosse allagato dalle acque della diga di Ilisu. Ma è anche la storia di un’archeologa e di altri giovani ricercatori e restauratori che vogliono riscrivere la storia millenaria della loro terra, la Mesopotamia.

 

Perché abbiamo premiato questo film? Ecco la motivazione:

 

“Katman – Lo strato entra prepotentemente nella quotidianità dello scavo archeologico: non soltanto il momento del rinvenimento o della ricerca, ma quello della condivisione degli spazi, dei tempi, dello scambio con la popolazione locale, della vita degli operai del luogo.

Il film veicola anche un forte messaggio relativo al valore identitario e socio culturale  dell’archeologia, nel quadro di una nazione in veloce trasformazione come l’odierna Turchia. Questo, insieme al richiamo ad una maggiore attenzione al consumo del suolo e dei giacimenti archeologici, fa sì che Katman sia una perfetta fotografia, per una volta non patinata, dell’archeologia di oggi.”

 

In sala erano presenti gli archeologi direttori dello scavo Gül Pulhan e Stuart Baylock e per me è stato un piacere consegnare loro il premio!

 

Ph. Credit: Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto

 

 

In attesa della XXX edizione della Rassegna che cade l’anno prossimo, vi ricordo che è possibile vedere i documentari nei diversi festival archeologici che fanno parte del circuito RICA.

 

Antonia Falcone

(@antoniafalcone)