#PilloleMetodologiche: la forma dello scavo
Approfitto di questo periodo di quarantena totale per inaugurare le #PilloleMetodologiche, indicazioni bibliografiche utili per gli studenti di archeologia e allo stesso tempo informazioni di metodo per chi vuole approfondire alcuni aspetti della Professione dell’Archeologo.
Iniziamo dalla forma dello scavo, con le parole di Andrea Carandini, da “Storie dalla terra” (pp. 42-51).
► Le trincee sono la forma più antica dello scavo. Oggi le trincee appaiono funzionali solo nel caso di strutture lineari: mura, fossati e strade. Ma anche in questo caso i dati forniti riguardano le trincee stesse e difficilmente sono generalizzabili. Il vantaggio della trincea sta nell’impostare rapidamente un problema e nell’acquisire subito i primi dati
► I saggi possono dare indicazioni utili sulla potenzialità stratigrafica di un insediamento. Moltiplicare sistematicamente i saggi regolari separandoli con testimoni è stata un’idea di Wheeler e Kenyon. Pur avendo rappresentato una tappa fondamentale dell’archeologia sul campo questa forma di scavo mostra ormai i suoi limiti: i risparmi impediscono di cogliere le relazioni stratigrafiche al loro interno e consentono solo di stabilire ipotetiche correlazioni tra saggio e saggio.
► Lo scavo per grandi aree permette di attuare l’idea che un edificio o un complesso di edifici si comprendono indagandoli per intero anzichè sondandoli in parte e pretende allo stesso tempo di operare con un controllo stratigrafico rigoroso.
Al termine di questa evoluzione metodologica l’attenzione si sposta da ciò che si vede in sezione a quanto si vede sulla superficie dello scavo.
Antonia Falcone