Salento archeologico: 5 posti da non perdere
Sapete quella frase che ci sentiamo ripetere spesso noi archeologi, quella che fa più o meno così: “ma sono quattro pietre, non si capisce niente e sono inutili”.
Partiamo proprio da qui per raccontarvi il press tour, organizzato da CoolClub e Swap Museum con il sostegno della Regione Puglia, in occasione del Festival dell’Inutile e per portarvi in cinque luoghi magici del Salento che profumano di storia, popoli e culture antiche.
Inutili sono tutti quei saperi che non producono apparentemente profitto, così come inteso nella società contemporanea: inutili sono la filosofia, la storia, la letteratura, l’arte, la musica, l’archeologia, discipline alle quali spesso si guarda con sufficienza salvo poi elogiare le meravigliose bellezze dell’Italia ad ogni piè sospinto. In tempi in cui l’umanità sembra un accessorio (appunto) inutile e si fa a gara di cinismo, nel piccolo borgo salentino di Corigliano d’Otranto, dominato dal castello aragonese, si prova dalla prima edizione del 2014 a rimettere al centro l’umanesimo e il suo bagaglio di differenze, culture e integrazione. Nasce così il Festival dell’Inutile con un ricco programma di serate, eventi e discussioni sulle direzioni molteplici che dovrebbe prendere il nostro martoriato senso civico.
Non solo interviste e speech serali, ma anche un tour che ha visto protagonisti giornalisti e blogger: sotto il celeberrimo caldo del Salento abbiamo scoperto e visitato siti archeologici, borghi e musei per toccare con mano (e smartphone) le tante differenze paesaggistiche che offre il tacco d’Italia e le tracce lasciate dai diversi popoli approdati durante l’antichità in questo angolo di terra sospesa tra due mari.
Ecco quindi i 5 posti imperdibili del Salento archeologico, una piccola guida qualora decideste di trascorrere le vostre vacanze tra lu sole, lu mare e lu ientu.
Castro
Castro, la perla del Salento, è un minuscolo borgo arroccato su un promontorio dal quale si dominano distese d’acqua salata tutto intorno che evocano sbarchi, naufragi, incontri e scontri di civiltà, commerci e scambi culturali. Un gioiellino che conserva intatto il suo fascino atavico. Vicoli lastricati, botteghe artigiane, il castello aragonese che svetta con mura e bastioni, la facciata romanica della cattedrale con i resti della basilica bizantina del IX-X secolo sulla quale sono ancora visibili le tracce del ciclo di affreschi che doveva impreziosirla.
Castro ha una storia millenaria della quale rimane il ricordo nella toponomastica stessa del borgo: Castrum Minervae.
“Ci spingiamo innanzi sul mare (….) quando da lungi scorgiamo oscuri colli e il basso lido dell’Italia (…) Le invocate brezze rinforzano, e già più vicino si intravede un porto, e appare un tempio di Minerva su una rocca. I compagni ammainano le vele e volgono a riva le prore. Il porto è incurvato ad arco dalla corrente dell’Euro; i suoi moli rocciosi protesi nel mare schiumano di spruzzi salati, e lo nascondono; alti scogli infatti lo cingono con le loro braccia come un doppio muro, e ai nostri occhi il tempio si allontana dalla riva”
Nell’Eneide il primo approdo di Enea in Italia viene collocato da Virgilio proprio nella località di Castrum Minervae che doveva il suo nome al maestoso tempio di Minerva, posto sulla sommità del promontorio. La convergenza di fonti letterarie e ultime scoperte archeologiche sembrerebbero confermare questa identificazione.
Nel 2015 nel corso delle campagne di scavo che da diversi anni interessano una porzione dell’abitato di Castro è venuta alla luce parte di una statua colossale di divinità, interpretata come Atena e datata al IV secolo a.C. Benchè l’identificazione con la dea sia controversa (l’abbigliamento ricorderebbe Artemide), rimane l’eccezionalità dell’opera: una figura femminile di grandi dimensioni rinvenuta all’interno di un altare e sepolta ritualmente nella fase di dismissione del santuario.
Il Museo Archeologico di Castro (Lecce) conserva i materiali emersi nel corso degli scavi nel piccolo borgo…
Publiée par Professione Archeologo sur Mercredi 6 juin 2018
A custodire il busto della dea e gli altri oggetti recuperati è il Museo Archeologico “Antonio Lazzari” che ha sede proprio nel Castello: l’allestimento traccia un percorso cronologico nella storia di Castro. Le vetrine ospitano reperti che vanno dall’età greco-romana, al medioevo fino all’età moderna (maioliche, ceramica graffita, etc), non tralasciando quindi i segni della storia più recente dell’abitato. Un percorso espositivo che ha il suo fulcro proprio nella statua colossale e nel bronzetto di Atena Iliaca (IV a.C.), ritrovato nell’area del santuario e ulteriore prova a sostegno dell’identificazione di Castro con l’approdo degli eroi troiani.
Basilica di Santa Caterina – Galatina
Un luogo che fino a pochi anni fa rimaneva fuori dai circuiti turistici e che in pochi conoscevano: parliamo della splendida basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, cittadina nota soprattutto per la tradizione legata a San Paolo e alla pizzica salentina. Poi grazie al passaparola e al tam tam sui social il luogo di culto è diventato una tappa imperdibile per i viaggiatori. Oltrepassato l’ingresso della basilica si rimane folgorati dal blu che riluce sulle pareti: affreschi di scuola giottesca degli inizi del XV secolo a decorare l’interno di un edificio in stile romanico-gotico pugliese. Gli artisti che lavorarono alla decorazione pittorica furono chiamati da Maria d’Enghien da varie zone d’Italia e i soggetti rappresentati sono quelli classici: storie dalla Bibbia e dai Vangeli. Particolarmente suggestive le scene della Genesi con Adamo ed Eva tentati da un serpentello dalle fattezze femminili e quelle dell’Apocalisse, rese in modo lugubre e drammatico.
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Segnaliamo per gli amanti delle tradizioni gastronomiche la pasticceria Ascalone, dove secondo tradizione, sarebbe nato il pasticciotto. Pausa dolce prima di riprendere “questo viaggio in questa Puglia infinita…”
Roca Vecchia
L’impatto che si ha superando i tagli nella roccia e affacciandosi a guardare in basso è indescrivibile: la Grotta della Poesia grande lascia tutti di stucco con le sue acque cristalline e l’idea di una natura incontaminata non del tutto dominata dall’uomo.
E di vèr l’Orïente un curvo seno / in guisa d’arco, a cui di corda in vece / sta d’un lungo macigno un dorso avanti, / ove spumoso il mar percuote e frange. / Ne’ suoi corni ha due scogli, anzi due torri, / che con due braccia il mar dentro accogliendo, / lo fa porto e l’asconde; e sovra al porto / lunge dal lito è ‘l tempio (Virgilio)
Ci troviamo nel comune di Melendugno, noto per le spiagge e il mare limpido che ogni anno attirano migliaia di turisti da tutta Italia. Eppure in questo punto la storia degli uomini risale all’età del Bronzo, quando nasce l’abitato di Roca Vecchia (nomen omen). La conformazione ambientale della zona era ben diversa da quella odierna: la linea di costa a causa dell’erosione delle acque è arretrata di circa 300 metri e l’azione del mare ancora oggi continua a interessare i bordi frastagliati del promontorio. All’età del Bronzo Medio si data l’abitato fortificato, avamposto utile a controllare la baia-approdo, la laguna alle spalle (oggi non più esistente) e il breve tratto di terraferma che li separava. Un momento significativo nella storia dell’insediamento si data alla fase finale del Bronzo Medio: un violento incendio connesso ad un assedio distrugge l’abitato. Durante gli scavi archeologici dell’Università del Salento sono stati portati alla luce i resti di individui rimasti intrappolati proprio durante il catastrofico evento. La vita dell’abitato continua per tutta l’età messapica per interrompersi in età romana e infine riprendere durante il Medioevo: le strutture visibili oggi sono perlopiù riferibili a quest’ultima fase di occupazione.
Il fascino di Roca Vecchia risiede proprio nella continuità di vita del luogo, presumibilmente legato con la frequentazione cultuale della Poesia piccola che, ricordiamo, ha restituito decine di iscrizioni messapiche, latine e greche dedicate al dio Taotor da parte dei naviganti.
Ancora una volta Salento luogo di approdi.
Il Castello di Gallipoli
Finalmente rinato a nuova vita! Il castello che si erge appena si oltrepassa lo stretto lembo di terra che separa l’isola di Gallipoli dalla terraferma, è simbolo della città salentina. Eppure fino al 2014 il castello era chiuso al pubblico, lasciato in uno stato di abbandono tale da far dire al Prof. Paul Arthur “Gallipoli è un buco nero nella mappa salentina dei siti archeologici e monumentali”.
Grazie alla società di comunicazione Orione e al Comune di Gallipoli, è stato inaugurato un percorso di visita che permette di ripercorrere la storia del Castello e di accedere alle sue sale. Attualmente è sede della mostra Selfati, dedicata al tema dell’autoritratto nella storia dell’arte, dalla preistoria ai giorni nostri.
Assolutamente di impatto la sala ennagonale con la sua grandiosa cupola al centro della quale è esposta temporaneamente La Venere degli Stracci di Pistoletto, in un connubio antico-contemporaneo che lascia esterrefatti.
Il Castello fu edificato in età bizantina su preesistenze di età romana e ricostruito nel corso del XIII secolo dagli angioini. La struttura visibile oggi è il frutto di interventi che si sono susseguiti nel corso dei secoli, almeno fino al XVII secolo.
La cattedrale di Otranto
Sarà banale ma non si può andare in Salento senza passare da Otranto. Oltre alla passeggiata di rito nel centro storico (purtroppo preso d’assalto da troppi turisti che hanno trasformato in centro in uno shopping center a cielo aperto, sigh), è d’obbligo entrare nella Cattedrale e spalancare occhi e bocca di fronte al mosaico che ricopre quasi interamente le tre navate dell’edificio.
Elemento centrale del mosaico (che si data agli inizi dell’XI secolo) è l’albero della vita attorno al quale si sviluppano motivi del Vecchio Testamento (Caino e Abele, il libro di Giona, il peccato originale, Salomone, etc), figure di animali mitici, scene di vita quotidiana. Un mix di immagini cristiane e simboliche, come i segni dello zodiaco, che rende il mosaico un capolavoro assoluto dell’arte musiva medievale per il quale non può dirsi definita del tutto la lettura iconografica.
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Al termine di questa rapida carrellata con i cinque luoghi imperdibili del Salento archeologico che abbiamo potuto visitare grazie al Festival dell’Inutile, indicateci nei commenti quali sono i vostri luoghi TOP del tacco d’Italia.
Antonia Falcone
(@antoniafalcone)