Realtà Virtuale e Intelligenza Artificiale in Sardegna: Losa e Santa Cristina
Esistono due posti in Sardegna dove è possibile rivivere il passato. Nel futuro, o nel presente. Dipende se siete nativi digitali o meno.
Due luoghi della memoria, intesa come costruzione di identità che scaturisce, viva e mobile, dall’impatto e dal confronto con l’esterno. Perché la Sardegna è stata, nel corso dei millenni, non solo culla di antiche civiltà, ma soprattutto crocevia di popoli che l’hanno scelta di volta in volta come fortunoso attracco, come interlocutore commerciale, come terra da conquistare.
Se oggi l’archeologia sarda è spesso succulenta preda di fantarcheologi di ogni risma, di “cercatori” di Atlantidi e di Shardana o dei fissati con i giganti, raccontare correttamente il passato non appare solo una sfida necessaria per riappropriarsi della storia senza svenderla ai sensazionalismi, ma anche un modo per aprire nuove prospettive di narrazione.
E così come l’archeologia è ricerca continua, anche la valorizzazione presuppone attività di studio costanti che siano in grado di tirar fuori il meglio dal patrimonio culturale. Questa è l’idea alla base del progetto di comunicazione del quale vi parlo oggi, che ha interessato i parchi archeologici di Nuraghe Losa e del Pozzo Sacro di Santa Cristina.
I due parchi infatti sono stati oggetto di una ricerca condotta da Nabui sulle comunità del luogo, che ha portato alla luce due storie mai raccontate e che rischiavano di andare perse. Due storie che, affiancandosi alle informazioni storiche e archeologiche, arricchiscono di una nuova sfumatura la narrazione di questi luoghi unici al mondo, recuperando e valorizzando il patrimonio immateriale delle comunità, altrimenti destinato a perdersi.
E quindi torniamo proprio ai due luoghi dove voglio portarvi oggi, in compagnia di chatbot, visori e smartphone, alla scoperta di queste storie.
NURAGHE LOSA
Il suo nome originario è nurache ‘e losas che significa ‘nuraghe delle tombe’. Siamo ad Abbasanta in uno dei luoghi simbolo non solo della civiltà nuragica, ma della storia sarda, almeno fino all’alto medioevo: il Nuraghe Losa infatti ha continuato a vivere per secoli dopo l’età nuragica, come testimoniano per esempio le urne cinerarie romane scavate nella roccia accanto al monumento.
La maestosità del nuraghe è innegabile, così come è impagabile passeggiare all’interno delle tholoi girando tra i stretti corridoi, tutto rigorosamente in blocchi di basalto. Il complesso trilobato risale all’età del Bronzo medio (XV-XIV secolo a.C.) ed è espressione di un’estrema perizia costruttiva oltre che di uno spiccato senso delle proporzioni. Ma forse l’aspetto che più mi affascina ogni volta che visito il Nuraghe Losa è il suo essere perfettamente immerso nel paesaggio circostante. Sembra di essere sospesi nel tempo: il silenzio rotto solo dal fruscio dei radi arbusti, il grigio delle pietre contro l’azzurro del cielo, istanti che potrebbero durare per sempre.
Mi chiedo se non sia stata proprio questa la suggestione alla base del cortometraggio in realtà virtuale che è parte integrante del progetto di valorizzazione del parco e che vuole offrire un modo diverso di visitare e di “intravedere” un monumento. Non si tratta infatti della classica guida virtuale in app o audio guida, ma di un breve racconto video attraverso il quale percepire il Nuraghe con occhi nuovi: a guidare i visitatori sarà infatti l’arruffato Domenico nel suo apecar, continuamente disturbato dai gemelli Nanni e Didì che hanno eletto il Nuraghe Losa come luogo dei loro giochi d’infanzia. E grazie al visore vi sentirete parte della storia e potrete seguire con lo sguardo i due monelli nelle loro scorribande.
Se invece siete nerd appassionati di chatbot, vi basterà interagire con lo stesso Domenico che, in linea diretta con voi, è pronto ad illustrarvi la storia del nuraghe e allo stesso tempo mettere alla prova la vostra conoscenza del monumento. Collegandovi all’account messenger della pagina Facebook @losaproject potrete infatti godere di questa visita guidata inusuale e interattiva e scoprire la storia delle persone che in questo luogo si riunivano per festeggiare momenti comunitari e informazioni di carattere storico-archeologico.
Io non ci ho fatto una bellissima figura, sigh.
POZZO SACRO DI SANTA CRISTINA
Dopo aver lasciato Domenico e i suoi due monelli a Losa, il percorso prosegue verso uno dei siti più visitati e amati dell’area: il Pozzo Sacro di Santa Cristina nel comune di Paulilatino. Croce e delizia di ogni archeologo che, di volta in volta, resta ammaliato dalla straordinaria perfezione della messa in opera del pozzo sacro e allo stesso tempo allibito dalla quantità di speculazioni anti scientifiche che il medesimo pozzo attira su di sé.
È indubbio infatti che il pozzo nuragico di Santa Cristina “Rappresenta il culmine dell’architettura dei templi delle acque. È così equilibrato nelle proporzioni (…), studiato nella composizione geometrica (…), così razionale (…), da non capacitarsi (…) che sia opera vicina all’anno 1000 a.C.”, come ebbe a dire Giovanni Lilliu e che trovarvisi lì davanti fa scattare immediatamente un senso di ammirazione e stordimento di fronte alle sue forme geometriche di rara perfezione.
Già soltanto il fatto che sia stato concepito e strutturato come una “serratura” visibile dall’alto ha dell’incredibile, sebbene tutto il “concept” (passatemi il termine) del monumento sia in realtà ben inquadrabile nell’orizzonte della sacralità legata al culto delle acque, elemento costante nella storia delle antiche civiltà. L’acqua arriva alla vasca, scavata nella roccia in fondo alla scalinata attraverso la quale vi si accede, da una falda perenne che mantiene il livello sempre costante. Siamo sempre nell’Età del Bronzo, in questo caso finale (XII a.C.).
La denominazione “Santa Cristina” parrebbe connessa alla chiesa campestre localizzata nei dintorni e databile tra XII e XIII secolo d.C. Intorno a Santa Cristina poi sorsero tante piccole abitazioni che servivano probabilmente ai monaci. Da queste parti le chiamano muristenes.
Le fonti del XIX secolo raccontano di una festa legata alla santa durante la quale una processione partiva dalla chiesa e arrivava proprio al pozzo per commemorare la morte di Santa Cristina. A riprova della forte e ininterrotta vocazione sacra dell’intera area.
Come ho reperito tutte queste informazioni? In parte online, ma soprattutto grazie al chatbot di @CristinaProject su Messenger che mi ha guidata nella visita e mi ha fornito un sacco di nozioni sulla storia del sito.
Al Pozzo Sacro di Santa Cristina è Tzia Maria a fare da guida attraverso il chatbot: si tratta della zia di Cristina, la panettiera di paese, l’unica in grado di raccontare quello che è successo alla povera Cristina. E Tzua Maria infatti mi ha anche detto che secondo gli abitanti della zona al nome Santa Cristina sarebbe legata una leggenda meno santa e più terrena: Cristina era una bambina di 11 anni che viveva col babbo Sebastiano. Andava in chiesa a pregare e durante la bella stagione, a messa, le si vedevano sempre i lividi sulle ginocchia. Pare che quello scellerato del padre l’avesse promessa in sposa a Teodoro, il signorotto del paese, il quale aveva promesso soldi e terreni al babbo di Cristina, in cambio di averla in sposa.
Come finisce questa storia? Ovviamente in modo tragico, come tutte le leggende locali. Ed è possibile seguire le vicissitudini di Cristina attraverso il cortometraggio in virtual reality e all’esperienza di cinema immersivo, ritrovandosi al fianco della bambina per fuggire con lei dalle grinfie del padre.
Ancora una volta parole, immagini e storie per raccontare non solo un monumento, ma la connessione di quel monumento con la storia e il sentire comune delle popolazioni locali nel corso dei secoli.
Il progetto è stato realizzato da Nabui Società Benefit nell’ambito del proprio programma di rilancio culturale “Heritage Tourism Programme” in collaborazione con Cooperativa Archeotour e Cooperativa Paleotur. Il progetto è stato finanziato attraverso la misura “CultureLAB2018” della Regione Sardegna.
Antonia Falcone
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