Generazione #ArcheoSocial
Lo scorso 20 febbraio a Tourisma2016 si è tenuto Archeosocial. Come usare social media e piattaforme web per l’archeologia. Organizzato da Professione Archeologo e Archeopop, è stato il primo evento di questo tipo del tutto incentrato sulla comunicazione social della nostra disciplina.
Sulle pagine del nostro blog, abbiamo spesso messo l’accento sulla necessità di provare a uscire dagli schemi di una comunicazione istituzionale e accademica dell’archeologia, utilizzando anche altri strumenti.
Affiancare i new media ai media tradizionali per ampliare la platea del pubblico e intercettare un target di non addetti ai lavori, ma di appassionati della disciplina, ci è sembrato da subito un modo per rendere più coinvolgente l’archeologia, cercando di sottrarre la divulgazione ai venditori di fumo e misteri, che purtroppo abbondano in rete.
La convergenza di intenti con Archeopop è stata più che naturale per una serie di ragioni. La prima è di ordine meramente linguistico: l’uso cioè del neologismo archeosocial da parte di entrambe le piattaforme in modo del tutto indipendente.
La sezione Archeosocial di Professione Archeologo nasce nel 2013 contemporaneamente al sito e si proponeva come collettore di pagine e account a tema archeologico che utilizzassero i canali social con un certo seguito.
La rubrica Archeosocial di Archeopop nasce invece come raccolta ed analisi delle best practice nella comunicazione social dell’archeologia da parte di enti, istituzioni o missioni di scavo. (link)
Pur differenziandosi per tone of voice, contenuti e target, possiamo affermare, senza tema di smentita, che negli ultimi anni, entrambi i siti web hanno dato un forte impulso alle modalità di comunicazione a mezzo social della disciplina.
E così l’organizzazione di Archeosocial è venuta da sé.
Il convegno è stato pensato secondo due macro aree tematiche: la didattica e i casi di studio; seguito da un workshop sull’elaborazione del piano e del calendario editoriale per progetti archeologici.
A me il compito di introdurre e moderare gli interventi afffidati a professionisti del settore.
I panel del team di Professione Archeologo e Archeopop sono stati dedicati a Facebook, Twitter e Instagram, affrontando temi cruciali come le modalità di utilizzo dei suddetti canali social, le best practice da tenere d’occhio e infine i dos & donts, quello cioè che è bene fare e non fare quando si comunica tramite i social (una delle note dolenti messe in evidenza da tutti gli interventi ha riguardato l’uso accurato della punteggiatura e della lingua italiana, sob!)
L’intervento sul blogging in archeologia è stato curato da Marina Lo Blundo, antesignana e pioniera del fare blogging con Generazione di Archeologi, uno dei primissimi esempi di blog a tema archeologico tenuto da un’archeologa.
Infine i casi di studio:Invasioni Digitali (Marianna Marcucci) e il documentario “Tà gynaikeia. Cose di donne” (Alessandra Cilio), esempi di come si possa gettare un ponte tra passato e presente, partendo dall’assunto che la storia e il nostro patrimonio culturale appartengono alla collettività e in quanto tali devono (non possono) essere comunicati al grande pubblico.
Il workshop è stato un momento di condivisione con i partecipanti, divisi in gruppi, degli strumenti propedeutici all’elaborazione di una strategia digitale, cioè piano e calendario editoriale. Ad ogni gruppo è stata affidata la mission di confrontarsi con questi strumenti per la comunicazione di un progetto di area/parco archeologico, magazine o museo.
I risultati sono stati all’altezza delle aspettative, dimostrando una volta di più la poliedricità dei professionisti dell’archeologia, in grado di confrontarsi con una disciplina che evolve continuamente, e che purtroppo non riesce a trovare, a livello legislativo e lavorativo, una codificazione delle nuove professionalità del settore.
Una postilla finale è dedicata a tutti coloro che pensano che non sia necessario prevedere una presenza social di enti e istituzioni: punto di vista legittimo, benché anacronistico.
Quello che ci preme sottolineare è un’altra cosa: quando si decide di presidiare i social, bisogna saperlo fare, avere una stretgia, conoscere gli strumenti e avere un budget da destinare a queste attività.
Pensare di affidare allo stagista di turno o alla buona volontà del singolo dipendente la gestione della presenza istituzionale sulle piattaforme web non solo è strategicamente poco lungimirante, ma può rivelarsi dannoso sul lungo periodo.
Come per altri settori della disciplina, anche la comunicazione necessita di studio, preparazione e aggiornamento continuo. E’ un lavoro e come tale va retribuito. E’ questa la sfida che ci aspetta.
Antonia Falcone
@antoniafalcone
Link:
Panel Marianna Marcucci (Invasioni Digitali)
Τά ϒυναικεία. Cose di donne – Trailer
Allegati:
Cilio Cose di Donne
Rassegna stampa:
Blog Archeologando (Maria Stella Bertarione)
Blog Iconarteblog (Grazia Salamone)