Riposseduta, o delle molteplici anime dei nuovi vertici MIBAC (e non solo) ~ di Paola Romi

Un fantasma si aggira per l’Europa… No, quella era un’altra storia, anche se di questi tempi sarebbe comunque molto pertinente.

 

Torniamo in Italia. Selezioniamo l’area metropolitana di Roma. Infine facciamo uno zoom sulla sede del MIBAC. Stop, ci siamo.

 

Sono passati alcuni mesi dall’inizio della legislatura e, strano a dirsi, i nuovi vertici del Ministero negli ultimi anni tra i più programmaticamente latitanti hanno insperatamente parlato abbastanza e fatto discutere ancor di più.

 

Due personaggi di primo piano in questo spettacolo tutto italiano:

 

Lui, il Ministro Massimo Bray, protagonista legittimo. Lei, Ilaria Borletti Buitoni, Sottosegretario nonché coprotagonista suo malgrado. Entrambi accompagnati, come di consueto, dalle chiose del Coro composto perlopiù dai Professionisti della cultura, ma anche da volenterosi cittadini dediti ad altre attività (N.d.a.  Al secondo personaggio, per ovvi motivi di semplificazione onomastica, d’ora in avanti si farà riferimento con l’appellativo BB).

 

Ma veniamo alla trama: dopo un primo breve momento di incredulità generale (Bray? Chi è costui?) e forse di spaesamento personale, il neoMinistro ingrana la quarta. Inizia con una visita a sorpresa a Pompei e, come il turista medio, rimane vittima dei mezzi pubblici italiani guadagnando così la simpatia di molti. Poi rilancia e presenta un dettagliato documento programmatico sulle future attività del MIBAC. Qualche ombra c’è, come il controverso riferimento a privatizzazioni e volontari, ma il Coro apprezza molto che si sia esposto. L’aspetto caratterizzante delle sue proposte sembra subito essere la promozione della cultura mediante i Social media e, coerentemente con questa proposta, Bray continua a cinguettare dal suo vecchio account Twitter. Non pago dei pareri che chiede in questo modo, apre una pagina su Facebook in cui, oltre a documentare le sue attività, raccoglie anche critiche ed opinioni. Bray insomma sembra aver sposato le cause dell’innovazione, della condivisione e della trasparenza.

 

Negli stessi mesi BB, già in passato fortemente impegnata nel FAI, punta nelle sue dichiarazioni su due temi diversi: concessione della gestione dei BBCC ai privati nonché impiego necessario e massiccio dei volontari. È granitica in questo. Nonostante sin dalla difesa della richiesta di volontari per La Notte dei Musei abbia sollevato, prima sul web e poi sui media tradizionali, una levata di scudi inconsuetamente trasversale, lei, anche in queste settimane, persevera nel “suggerire” l’utilizzo di personale non retribuito. Sulla gestione ai privati la questione è più complessa, il dissenso si fonda soprattutto sui modi e sui tempi, non sulla questione tout-court.

 

Ad onor del vero Bray, del resto, le amate tematiche di BB, nel documento programmatico le aveva inserite.

 

Quale è dunque l’anima vera di questa nuova gestione MIBAC? Quella MediaFriendly, low profile e collaborativa del volenteroso Ministro 2.0 o quella più elitaria e decisionista, che strizza l’occhio ad una gestione privatistica del Patrimonio Culturale, senza tenere conto delle possibili ricadute delle proprie idee su categorie di professionisti già tanto vessati?

 

Negli stessi mesi peraltro, con l’avanzare dell’iter del disegno di legge che introduce finalmente archeologi (e non solo), nel Codice dei Beni Culturali, con l’audizione dei rappresentanti delle Associazioni professionali alla Camera, anche il potere legislativo sembrava adeguarsi alla ventata di rinnovamento che si intuiva dietro le iniziative del Ministro Social.

 

Il Coro si era quindi convinto che il l’idea di un Patrimonio Culturale aperto e produttivo, senza penalizzare i suoi professionisti, nonché una gestione MIBAC 2.0 fossero possibili, addirittura vicini. Ma, immediato, a far di nuovo sorgere il dubbio su quali e quante siano le anime che permeano attualmente chi, a vario titolo, è chiamato a decidere del futuro dei BBCC (e anche del nostro), è giunto l’articolo di Luca Corsato.

 

Dopo il gran lavoro fatto, quando la necessità della condivisione e della pubblicità dei dati sembrava una cosa assodata, un colpo di spugna ha cancellato la questione OpenData dalle proposte di emendamento al Codice dei Beni Culturali.

 

A questo punto noi, come probabilmente il resto del Coro, ci chiediamo, rivolgendoci alla politica oltre che ai vertici MIBAC, non quale sia la vera anima del nuovo Ministero, ma, di tutto quello che è stato detto e fatto negli ultimi mesi, cosa sia facciata e cosa sia sostanza. E non di sostanza dei sogni parliamo, ma di interventi concreti.

 

Risposte?

 

Paola Romi (@opuspaulicium)

 

Immagine: disegno e colori (Davide Arnesano); soggetto (Antonia Falcone)

Porte aperte agli scavi archeologici di Aquinum-Terme pubbliche (27 luglio 2013)

Oggi ospitiamo la presentazione di Open Day Aquinum, giornata di apertura straordinaria del sito che si terrà domani 27 luglio.

Ringraziamo Valentina Petrucci, autrice di questo guest post su Professione Archeologo.

 

Buona lettura e, se vi trovate dalle parti di Aquinum, approfittate dell’Open Day!

 

 

 

L’Università del Salento, nell’ambito del suo progetto Ager Aquinas, il quale vede il suo inizio alla fine degli anni ’90, promuove da alcuni anni una giornata di apertura straordinaria del sito archeologico delle Terme Centrali di Aquinum.
Questo progetto di Open Day annuale, si realizza in vista della conclusione di ogni campagna di scavo, con il sostegno del Comune di Castrocielo e della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio. In questa occasione vengono coinvolte anche realtà quali gruppi archeologici, che hanno partecipato attivamente anche alle attività sul campo, pro-loco, reti televisive locali e regionali.

 

Le campagne di scavo iniziate nel 2009 hanno portato all’individuazione di un complesso termale dalla planimetria piuttosto articolata e vasta: basti pensare che ad oggi, pur non avendo ancora messo in luce tutti i limiti dell’edificio, si può ipotizzare che esso coprisse un’area di oltre 4500 mq.
Ciò che ci si prefigge nei prossimi anni è consolidare e restaurare quanto già emerso, in direzione di una valorizzazione del patrimonio territoriale, archeologico e storico, nonché dell’incentivazione della vocazione turistica dell’area; ciò anche e soprattutto attraverso sinergie con gli enti territoriali e la Soprintendenza, rendendo partecipi altresì i cittadini del comune di Castrocielo e di quelli limitrofi. Un altro progetto che si sta portando avanti è quello del recupero e restauro del casale ubicato all’interno del campo di proprietà del Comune proprio a ridosso dell’area di scavo: ci si propone di renderlo fruibile come antiquarium per l’esposizione dei pezzi più significativi rinvenuti durante le varie campagne, restaurati volta per volta nei laboratori dell’Università del Salento.

 

 

Quest’anno saranno a disposizione anche magliette e borse con il logo ideato dall’équipe, nonché delle brochures esplicative con indicazioni inerenti il sito, lo stato della ricerca e i progetti (speriamo realizzabili) per il futuro.
Dalle 10.00 fino circa le 18.00, l’équipe di archeologi e topografi sono a disposizione dei visitatori, specialisti e non, per illustrare il sito in tutte le sue parti, anche attraverso pannelli esplicativi ed esposizione di alcuni reperti all’interno dei vani resi accessibili per l’occasione. Alle ore 18 il consueto discorso del sindaco dott. Filippo Materiale (Comune di Castrocielo) e del prof. Ceraudo, per la presentazione generale dell’équipe e dei risultati raggiunti fino ad oggi, e per i ringraziamenti di rito. Presenti anche degli sponsor che offriranno un rinfresco per tutti i partecipanti all’evento.

 

 

L’ottica che si persegue è quella di una conservazione che integri aspetti culturali ma anche economici, considerando il patrimonio culturale come risorsa speciale e non rinnovabile, e la sua tutela e valorizzazione come volano di produzione economica di portata non trascurabile, che generi risorse dirette ed indotte di una certa entità.
Verrà illustrata la storia dell’antico centro volsco situato nella media valle del Liri ai piedi del Monte Cairo, centro che divenne municipio romano con il nome di Aquinum, fiorente anche perché situato lungo la via Latina. La città romana fu cinta da mura e attraversata dalla via Latina e batté anche una propria moneta, ancora a sottolineare l’importanza che essa assunse tra i centri urbani del Lazio meridionale, fino a che, a partire dall’Alto Medioevo, si assistette ad una contrazione verso est, ossia verso i tre laghi (prosciugati già in antico) e verso il luogo ove sorge l’Aquino moderna.

 

 

Valentina Petrucci-Archeologa

 

 

http://www.youtube.com/watch?v=c_UxdWJlnvI

La paghetta dell’archeologo (o una storia come tante)

Oggi parliamo di soldi, e partiamo da un assunto imprescindibile: il lavoro va pagato. Sempre. Anche quando è mascherato da “gavetta” necessaria o quando da più parti ci si sente dire che il nostro è più che altro un “hobby”. E quanto guadagna un archeologo oggi? Ecco, ci piacerebbe un confronto con voi.

 

Io posso raccontarvi la mia esperienza da archeologa, iniziata nel 2007 e conclusasi qualche mese fa.
Maggio 2007: laurea e invio curricula.  Settimana successiva, due colloqui. Colloquio 1: cooperativa, 42 euro netti al giorno, primo pagamento dopo 5-6 mesi, poi assicurata regolarità nei tempi di pagamento.  Colloquio 2: Società, 50 euro netti al giorno, primo pagamento dopo 3 mesi, poi garantita regolarità nei tempi di pagamento. Forme contrattuali: non me lo ricordo, ma certamente collaborazione occasionale e simili.
Accetto la seconda offerta.
Lavoro per circa un anno con continuità, tutti i giorni, facendo la nomade per tutte le zone della capitale. Ovviamente niente rimborso spese, ovviamente anche due cantieri in un giorno solo. Ovviamente non puoi rifiutare, sennò “ce ne sono altri che accetterebbero subito”. Prima paga dopo tre mesi, seconda paga due mesi dopo e così via, vivendo di circa 1000 euro pagati ogni due mesi.

 

“Ma tanto è inutile che li chiedi, a noi non pagano le fatture”, e nel frattempo la società prende lavori in tutta Roma. Tanti lavori.

 

Collaborazione occasionale per il primo anno (non chiedetemi altri particolari perché non lo so, prima esperienza lavorativa e conoscenza nulla di diritti e doveri di un datore di lavoro e di un lavoratore. Queste cose non le insegnano all’università) e ogni mese la promessa di un contratto a tempo determinato, “perché vogliamo investire in chi lavora con noi.”

 
Dopo un anno arriva la fatidica richiesta, camuffata da proposta a tuo vantaggio: “Perché non apri la partita iva?”

 

La pillola amara viene mandata giù con lo zuccherino: ci fatturi 1400 euro netti al mese e in cambio, oltre alle 8 ore di cantiere, ti occuperai anche dell’editing delle documentazioni archeologiche in ufficio. Si sta fuori casa dalle 6 del mattino alle 19 di sera. Ok, accetto, ignara del trucchetto.

 

Masochismo, speranza di fare carriera, possibilità di avere un futuro facendo il lavoro per cui ho studiato.  Stupidità.

 
1400 euro al mese. Wow.  1400 euro al mese pagati ogni 2-3 mesi.  1400 euro, praticamente morire di fame. E nel frattempo la società prende lavori, tanti lavori e a noi viene assicurata continuità lavorativa, mai un giorno fermi.

 
2010: nulla di nuovo sotto il sole.  Nessun progresso. Nessuna pubblicazione. Trincee e trincee.

 

Basta.

 

Lascio tutto e decido di specializzarmi, di tornare a studiare.
Cambio di scena: Puglia meridionale.  E per pagarmi gli studi comincia l’invio forsennato di curricula a società e cooperative. Ne risponde solo una. Cooperativa. Colloquio: 50 euro netti al giorno, pagamento a venti giorni. Nella testa solo un’idea: non si transige più a 30 anni suonati, senza garanzia di pagamento con tempi certi non accetto. Garanzia fornita.
E si ricomincia, però… pochi lavori, per lo più a molti chilometri di distanza, nessun rimborso benzina. Primi pagamenti puntuali, poi ricomincia la via crucis. Telefonate per sollecitare, toni gentili, ma tempi di attesa che si allungano.

 

Fino a 2 mesi fa: ci spiace, ma a noi le fatture le pagano a 6-8 mesi, quindi non possiamo dirti con certezza quando ti pagheremo il prossimo lavoro. E poi sai com’è, bisogna farla un po’ di gavetta, tutti abbiamo cominciato così, si mettono i soldi da parte e poi il circolo diventa virtuoso.

 

Eh no.

 

Sono cinque anni che faccio gavetta, da Roma alla Puglia, tra società e cooperative, tra partite iva e collaborazioni occasionali, tempi determinati e chissà quale altra diavoleria – leggi, precariato – e da parte non ho messo un euro.  Smetto.

 

Grazie, ma non faccio la morta di fame con una laurea e una specializzazione. Forse riprenderò, chissà, ma per ora mi piacerebbe poter rispondere ad una domanda: chi ha la responsabilità di questo scempio?  Mi hanno detto tante volte che la colpa è mia, è di tutti noi che accettiamo di lavorare per poco, ma  sarebbe bello andare a fondo per capire cosa c’è sotto il pulpito di chi parla.

 

Io so che dietro chi accetta di lavorare a 40-50 euro c’è l’idea che è bello svegliarsi la mattina per fare il lavoro per cui hai studiato tanti anni, che magari poi le cose cambiano, che appena uscita dall’università non si può mica pretendere chissà che cosa, che magari riuscirai prima o poi a lavorare per le società che pagano bene e non perchè conosci qualcuno, ma solo perché hanno letto il tuo curriculum, che magari se tu fai il brutto muso poi non ti chiamano più.

 

E che se non ti chiamano, poi ti toccherà il call center. Alla stessa cifra, ma con un sogno distrutto dal “Pronto, abbiamo un’offerta telefonica per lei”.

 

Ho deciso di scrivere questo post perché sto seguendo come tutti voi la vicenda Italgas, perché le nostre associazioni di categoria stanno dando un supporto importante a chi ha deciso di denunciare, perché anche i giornali si occupano di noi (link in fondo al post).

 

E perchè è più facile essere in tanti a dire no, che rimanere soli.  Le responsabilità non sono mai dei più deboli.

 

 

@antoniafalcone

 

Articolo di Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera

Nota della Confederazione Italiana Archeologi

Nota dell’Associazione Nazionale Archeologi

 

Festival of Archaeology - archeologia

Festival of Archaeology 2013, centinaia di eventi per appassionarsi e far appassionare all’archeologia

Il mondo dell’archeologia Britannica è spesso all’avanguardia per quanto concerne la promozione della disciplina archeologica fra grandi e “piccoli” appassionati. L’iniziativa che vi presentiamo oggi non fa certo eccezione.
Il “Festival of Archaeology 2013” (13 – 28 luglio 2013), giunto ormai alla sua ventitreesima edizione, si è conquistato negli anni del titolo di più grande e seguito festival dedicato all’archeologia del mondo: più di 200 mila persone l’anno prendono parte alle iniziative organizzate da più di 400 enti, fra i quali l’English Heritage, il Museum of London Archaeology, il British Museum ed il Manchester Museum, e solo per citarne alcuni.
Lo spirito dell’iniziativa è quello di avvicinare il più possibile al mondo dell’archeologia non solo chi di norma è interessato a questa disciplina, ma anche chi è del tutto estraneo a questo ambiente.

 

Il fatto che sia lo stesso archeologo a spiegare il proprio mestiere, poi, rende più facile e coinvolgente l’avvicinamento, senza andare a discapito della correttezza scientifica. Le attività sono tra le più varie e permettono a tutti, sia ai più giovani che, perché no, anche agli adulti, di cimentarsi in tutto ciò che abbiano voglia di sperimentare. Non è mai troppo tardi per appassionarsi all’archeologia sembra essere il tema, ed i quasi mille eventi sponsorizzati dal festival ne sono la testimonianza.

 

Ed i canali di informazione sono molteplici. Pur essendo un festival di vecchia data, infatti, non si può proprio dire che non si tenga al passo dei tempi: sul sito del festival si può risalire sia alla pagina Facebook, al profilo Twitter e persino al Pinterest ufficiale dell’evento, aggiornati tutti in tempo reale con news, eventi e foto dalle numerose manifestazioni in atto. Personalmente apprezzo molto quest’attenzione all’interattività con l’utente: mi piace poter avere un assaggio di quello che succede, che io possa parteciparvi o meno. E leggere il feedback di coloro che hanno già partecipato agli eventi è un buon modo per aiutarmi a valutare se l’attività potrebbe essere di mio gradimento.
Non solo. Tramite un comodo motore di ricerca è possibile cercare l’evento che più ci interessa, selezionando sia la regione che il tipo di attività alla quale vogliamo partecipare. Si va dai tour guidati, alle visite di veri e propri scavi, dalle attività dedicate ai più piccoli, a seminari e dibattiti su argomenti archeologici specifici. E per i più temerari c’è persino la “Knit Archaeology Competition”, ossia una gare per la realizzazione del miglior lavoro a maglia a tema archeologico. Ecco qualcosa al quale io di certo non potrò partecipare 🙂
C’è l’imbarazzo della scelta: solo nell’area dove io mi trovo in questo momento (East Midlands) ho contato ben 105 eventi, e la sponsorizzazione del Council of British Archaeology, ente di beneficienza privato che si occupa della tutela dell’incredibile patrimonio archeologico britannico e ne promuove la salvaguardia per le future generazioni, attesta la qualità dell’iniziativa.

 

Se non fossi inchiodata a casa (causa tesi in consegna a breve), farei sicuramente un salto. E perché no, magari un giorno avrò anch’ io l’occasione di organizzare qualcosa!

 

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Camilla Bertini (@Cami82)

 

Wiki Loves Monuments - Wikipedia - Italia

Wiki Loves Monuments: fotografia, monumenti e cultura libera

Monumenti e fotografia, declinati secondo la pratica della cultura libera tipica di Wikipedia. Volevamo saperne di più e così abbiamo chiesto a chi sta lavorando dietro le quinte del progetto.

 

Il post di Ginevra Sanvitale, che siamo lieti di ospitare, ci spiega così gli scopi del progetto, come funziona, e le particolarità del caso italiano.

 

Buona lettura!

 

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Cos’hanno in comune Wikipedia, il patrimonio culturale e la fotografia? Semplice: sono le tre componenti chiave di Wiki Loves Monuments.

 
Wiki Loves Monuments è un concorso fotografico sui monumenti e i beni di interesse artistico-culturale aperto a tutti e da cui tutti possono beneficiare -anche chi non partecipa. Le foto scattate per il concorso, infatti, vengono caricate su Wikimedia Commons, un database di file multimediali collegato a Wikipedia, e rilasciate con una licenza Creative Commons che ne permette il riutilizzo, la copia e la modifica da parte di chiunque.

 
Il concorso nasce nei Paesi Bassi nel 2010 e l’anno successivo si diffonde in tutta Europa, coinvolgendo 18 paesi. La semplicità e l’immediatezza del progetto riescono a coinvolgere da subito un gran numero di partecipanti: per partecipare è sufficiente scegliere uno o più monumenti dalle liste apposite, fotografarli (senza alcuna limitazione per quanto riguarda qualità, quantità e manipolazione delle foto) e caricare le immagini su Commons. La licenza CC-BY-SA, con cui vengono rilasciate, consente la loro diffusione e rielaborazione liberamente e gratuitamente, a patto di citarne l’autore e di rilasciare l’eventuale opera derivata sotto lo stesso tipo di licenza.

 
Le sorti delle immagini partecipanti possono essere tante e diverse.

 

La prima, naturale destinazione è Wikipedia: ogni enciclopedia che si rispetti ha bisogno di qualche foto che dia un po’ di colore e ne illustri gli articoli, specialmente se si parla di patrimonio culturale e specialmente se si parla del nostro, che è così bello e ricco – sarebbe davvero riduttivo descriverlo senza poterlo mostrare!

 

Ma Wiki Loves Monuments può anche essere fonte di materiale didattico per le scuole, o promozionale per le istituzioni: basta citare la fonte e poi le foto sono di tutti coloro a cui servono. Infine, il concorso è un modo per conservare la memoria dei nostri monumenti, per costruire un ricordo condiviso del nostro patrimonio.

 
L’Italia partecipa per la prima volta l’anno scorso, anche se nel 2011 ci avevamo già provato. L’ostacolo più grande proviene dalle nostre leggi in tema di conservazione e gestione del patrimonio culturale, che non prevedono libertà di panorama, cioè la possibilità di scattare liberamente fotografie ai beni culturali, in particolare quelli visibili in luoghi pubblici. Secondo il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, infatti, la riproduzione fotografica di un bene culturale è soggetta a richiesta di autorizzazione ed eventualmente al pagamento di un contributo, a meno che non sia per scopi strettamente personali. Anche se non c’è più alcun tipo di copyright sul bene, e anche se il bene è visibile dal suolo pubblico.

 
A questo bisogna aggiungere il giogo della burocrazia italiana, per cui non ci sono solo le soprintendenze ad avere in consegna monumenti, ma comuni, regioni, provincie e così via: chiedere le autorizzazioni è un lavoro immenso.

 
Tuttavia, la richiesta delle autorizzazioni ente per ente è l’unico modo possibile. Così nel 2012 ci siamo rimboccati le maniche con un po’ di anticipo e siamo riusciti ad ottenerne un certo numero – piccolo, considerata la quantità di beni di interesse artistico presenti nel nostro paese, ma sempre meglio che niente.

 

L’Italia si è classificata tredicesima a livello mondiale per numero di immagini partecipanti, e ben due nostro foto si sono classificate tra le prime dieci della versione internazionale del concorso, a cui partecipano tutte le foto vincitrici dei vari concorsi nazionali.

 
Quest’anno ci proviamo di nuovo: l’esperienza dell’anno scorso ci ha aiutati molto, e già abbiamo 400 monumenti da 75 istituzioni pubbliche e private. Ma noi non ci accontentiamo, e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per aumentare ancora di più il numero dei beni fotografabili. Tutti possono partecipare all’organizzazione di Wiki Loves Monuments chiedendo al proprio Comune di liberare i propri monumenti concedendo l’autorizzazione a fotografarli per il concorso.

 
Se vuoi aiutarci, trovi tutte le informazioni sul nostro sito. Se invece preferisci partecipare come fotografo/a, leggi il regolamento – le foto possono essere state scattate in qualsiasi momento, ma vanno caricate durante il mese di settembre. Infine, se vuoi vedere cosa abbiamo prodotto l’anno scorso puoi dare uno sguardo alle foto vincitrici.

 

 

Ginevra Sanvitale

 

#MIA13 – Macchianera Italian Awards

E se ci provassimo?

 
Spieghiamo tutto: i #MIA2013, ovvero i “Macchianera Italian Awards“, sono un riconoscimento per i migliori siti italiani. I premi vengono assegnati nel corso della serata finale del BlogFest, evento che riunisce tutto ciò che gravita intorno alla community italiana del web. L’appuntamento con Blogfest quest’anno si terrà dal 20 al 22 settembre a Rimini (per maggiori info qui trovate il sito)

 

Fino al 15 agosto è possibile proporre le candidature e i primi 10 arrivati concorreranno per il premio finale.

 

Per rientrare nella rosa dei finalisti è necessario che le segnalazioni arrivino dagli utenti web: quindi, se vi va, potreste segnalare www.professionearcheologo.it come miglior sito tecnico divulgativo, come sito rivelazione, come miglior community o indicare uno qualunque dei nostri articoli come miglior articolo/post.

 

Le regole sono piuttosto machiavelliche e ve le riassumiamo:
– Bisogna segnalare l’url del sito o dell’articolo, non il solo nome (www.professionearcheologo.it);
– Potete segnalare lo stesso sito in sole 4 categorie, altrimenti la votazione sarà annullata;
– Nella scheda-voto è necessario compilare almeno 8 categorie, pena la non validità della segnalazione.

 

E ora che abbiamo spiegato ben benino come votare, tocca a voi/noi: facciamo partire gli inviti a votare verso amici, nemici e parenti!

 

Chissà che quest’anno ai #MIA13 non ci siano anche gli archeologi…

 

Per votare basta compilare la scheda presente sul nostro sito, la trovate a questo link

Per maggiori info, visitate il sito di Macchianera e il link alle regole per votare

 

Bibliografia - archeo tutorial

Archeologia Know-How: Professione Archeologo presenta gli Archeo Tutorial

Professione Archeologo inaugura oggi una serie che, siamo sicuri, accoglierete con entusiasmo: gli Archeo Tutorial.

 

Di cosa si tratta?

 

Avete mai visto i video di ClioMakeUp all’epoca in cui Clio appariva ancora poco in televisione ed era un fenomeno da YouTube?

 

Ecco, questa è l’idea, brevi video che spiegano passo passo come fare qualcosa, in modo chiaro e senza giri di parola, solo che invece di trucchi parliamo di archeologia, e al posto di Clio abbiamo il nostro Davide A., che oltre ad essere il nostro archeoartist di fiducia è anche un archeologo preciso e puntiglioso.

 

Per questo motivo abbiamo deciso di affidare a lui la prima serie degli Archeo Tutorial, pensata soprattutto per chi è ancora studente e si ritrova, magari per la prima volta, a dover redigere la tanto temuta bibliografia finale per una tesina o per una tesi di laurea.

 

Insieme a Davide, con l’aiuto di esempi e cartelli, e grazie a link di approfondimento e ad un breve ‘dossier’ che sarà disponibile alla fine della serie, impariamo quali sono i sistemi di citazione bibliografica più usati, come funzionano e come si fa ad organizzare i riferimenti bibliografici alla fine di una ricerca o una tesi.

 

Naturalmente non pretendiamo di essere esaustivi, e come sempre siamo aperti a critiche, suggerimenti e commenti di ogni tipo, quindi fateci sapere cosa ne pensate, perchè ogni vostro contributo ci aiuterà a correggere il tiro e a migliorare.

 

Una volta terminata la serie, video, link e dossier saranno disponibili nella sezione del sito che abbiamo chiamato Risorse, tools per archeologi e studenti, sotto la voce Lo Scaffale dello Studente.

 

 

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Approfondimenti:

Per un’introduzione al processo di citazione e compilazione della lista dei riferimenti

Sullo stile Harvard

Sullo stile Chicago

Sullo stile Vancouver

Sogno di una notte di mezz’estate: #NotteBiancaTW ~ #NBTWarcheologia

A poco meno di tre mesi dalla fortunata iniziativa #invasionidigitali gli ideatori delle pacifiche incursioni nel nostro patrimonio artistico accolgono la sfida lanciata da @insopportabile: portare su Twitter ciò di cui ha bisogno l’Italia, un nuovo Rinascimento.

 

E’ nata così #NotteBiancaTW.

 

Questa volta sarà Twitter il socialmedia di riferimento.

 

Questa volta le iniziative saranno concentrate nella “notte” del 10 luglio.

 

Questa volta non solo arte sotto la lente degli invasori, ma anche musica, poesia e qualunque altra forma di attività culturale. Hashtag di riferimento: #NotteBiancaTW #laculturanondormemai e hashtag specifici per i diversi ambiti culturali, da #NBTWpoesia a #NBTWmusica.

 

Partecipare è semplice, ognuno di noi può dare un contributo alla riuscita della Notte Bianca della Cultura (trovate le istruzioni qui):

– Condivisione su twitter di argomenti culturali utilizzando gli hashtag appositi

– Raccolta di foto scattate la notte del 10 luglio presso i luoghi della cultura e condivisione con #laculturanondormemai

-Invasioni notturne dei luoghi di cultura della tua città

 

Noi di PA vogliamo partecipare e sostenere una Notte Bianca dell’archeologia: basterà postare tweet a tema archeologico nel corso della notte del 10 luglio utilizzando l’hashtag #NBTWarcheologia nei vostri cinguettii.

 

E poi ci piacerebbe fare rete. Riuscite ad organizzare invasioni notturne nei pressi dei #segnacolideltempo del nostro Paese (monumenti, obelischi, epigrafi, etc)? Non visite guidate, ma un’occasione per riappropriarsi della bellezza, per scambiarsi idee sulla politica culturale del paese, per dire che l’archeologia è cultura e come tale va difesa e vissuta.

 

Stiamo provando ad organizzare una #NBTWarcheologia a Roma, se siete interessati potete contattare @opuspaulicium (Paola Romi su FB).

 

E se invece siete a Lecce possiamo sentirci via twitter (@antoniafalcone @_patsan_ @DavArnesano) o Facebook (basta mandare un messaggio sulla pagina di Professione Archeologo).

Sir Arthur Evans - Cnosso - archaeology

Dies Natalis #2 ~ Sir Arthur Evans

Bentrovati al secondo appuntamento di #DiesNatalis, la rubrica di Professione Archeologo dedicata alle importanti personalità di studiosi che hanno dato un contributo essenziale allo sviluppo della nostra disciplina.

 

Oggi vi presentiamo un ritratto di Sir Arthur Evans, nato l’8 luglio del 1851.

 

La figura di Evans è legata indissolubilmente alla civiltà minoica ed in particolare alla scoperta del palazzo di Cnosso. Gli scavi di Evans a Creta iniziarono nel 1900 e misero in luce i resti di un grande palazzo, la cui articolazione degli ambienti ricordava proprio quella di un labirinto, come tramandato dalla mitologia greca. Fu così che Evans coniò il termine di “minoico” per definire ciò che rimaneva di questa antica civiltà, il cui fulcro era rappresentato proprio dal palazzo rinvenuto a Creta.

 

Tra il 1921 e il 1935 furono pubblicati i quattro volumi di The Palace of Minos at Cnossos. Attraverso lo studio della stratificazione archeologica e della successione degli stili ceramici, Evans fissò la cronologia relativa della civiltà minoica, suddividendola in tre periodi: Minoico Antico, Medio e Tardo, ciascuno suddiviso a sua volta in tre fasi. Grazie al ritrovamento di ceramica minoica in tombe egiziane e di oggetti egiziani in strati minoici fu possibile anche stabilire delle corrispondenze cronologiche tra fasi minoiche e dinastie egiziane, fissando alcuni elementi di cronologia assoluta.

 

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti ed alcune delle conclusioni raggiunte da Evans sono state oggetto di discussione e revisione, ma rimane fondamentale il suo apporto alla conoscenza di questa antica e per molti versi ancora misteriosa civiltà.

 

Il nostro ricordo di Evans non può quindi prescindere dal richiamo al mitico labirinto di Cnosso. Ma non solo. Nell’illustrazione è presente un omaggio alla serie “C’era una volta l’uomo”, pubblicata da De Agostini nel 1990, basata su quella animata creata nel 1978 da Albert Barillé (lo stesso di “Siamo fatti così”).

 

Se siete curiosi, qui trovate la puntata della serie dedicata alla civiltà minoica.

 

Soggetto, disegno e colori di Davide Arnesano (@DavArnesano)

 

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Per saperne di più:

Sir Arthur Evans su wikipedia

Cnosso su EAA