V Convegno Nazionale dei Giovani Archeologi: Professione Archeologo intervista Claudia Speciale
/0 Commenti/in Le interviste di Professione Archeologo /da AntoniaIn occasione del V Convegno Nazionale dei Giovani Archeologi, dal titolo Archeologi in progress: il cantiere dell’archeologia di domani, Professione Archeologo ha intervistato Claudia Speciale, archeologa protostorica, nonchè animatrice di uno dei workshop che avranno luogo nel corso dell’incontro.
Il convegno si terrà a Catania dal 23 al 26 maggio 2013 e si svolgerà nella suggestiva cornice dell’ex Monastero dei Benedettini, oggi sede del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Catania.
Claudia Speciale ci spiega come nasce l’idea di questo incontro dedicato alle nuove generazioni di archeologi e illustra brevemente il workshop da lei organizzato, dal titolo Archeologia sperimentale: teorie, esperienze e divulgazione.
Vi rimandiamo al link del Convegno dove troverete la prima e la seconda circolare, oltre alla scheda di partecipazione.
Ricordiamo che la deadline per l’invio degli abstract è prevista per il 15 aprile 2013.
ArcheoWeb Reviews: Archaeology’s Interactive Dig
/5 Commenti/in ArcheoWeb Review /da AntoniaProfessione Archeologo oggi vi propone di visitare Archaeology’s Interactive Dig sul sito archaeology.com (curato dall’Archaeological Institute of America).
Di cosa si tratta? I curatori del sito lo dicono chiaro e tondo: We bring the excavations to you!
E’ possibile scegliere tra diverse campagne di scavo e seguirle passo dopo passo: si possono consultare i giornali di scavo, visionare i video sulle attività giornaliere che hanno luogo sullo scavo, conoscere lo staff, etc. Insomma prendere parte a distanza e tramite il web ad uno scavo archeologico.
Un esempio di divulgazione scientifica che avvicina il pubblico all’archeologia in modo immediato.
Quando in Italia?
Qui i link ai progetti più recenti di Archaeology’s Interactive Dig:
#Archeohaiku
/3 Commenti/in News /da AntoniaCurrent Archaeology ha lanciato su twitter gli #archaeohaiku. L’hashtag ha visto la massiccia partecipazione della community inglese che si è divertita a creare haiku a tema archeologico.
Gli haiku sono componimenti poetici formati da tre versi: il primo di 5 sillabe, il secondo di 7 sillabe e il terzo di 5 sillabe. Genralmente sono a tema naturalistico e bucolico.
E così è nata l’idea, lanciata da @maraina81, di partecipare alla sfida a colpi di haiku con un hashtag tutto italiano #archeohaiku.
Professione Archeologo, come promesso, li ha raccolti in questo post.
Un coccio datante In uno strato La nostra felicità
@maraina81 |
Kneeling at the trench I brush away all the years To find the story
@OpusPaolicium |
Semper scavare polvere e caldo chi me lo fa fare?
@antoniafalcone |
Disegno cocci, ascolto Mozart, io. Così è lieto!
Donata Zirone @ FB |
Poso la trowel
Davide Arnesano @FB |
Splende il sole
@sanfello |
Muri e cocci.
@opuspaolicium |
Rovine, macerie
@maraina81 |
La ruspa scava
@antoniafalcone |
Campi nel nulla
@sanfello |
Anche per oggi
Davide Arnesano @ FB |
Lo scavo fatto
@antoniafalcone |
Il sole tramonta
@maraina81 |
L’ernia al disco
Davide Arnesano @ FB |
La terra cotta
@sanfello |
Vedo un osso
@antoniafalcone |
Terra nasconde
@sanfello |
Terra, mio elemento
@maraina81 |
Extra bonus, l’haiku stornello a botta e risposta.
Lasciate ad altri monete e statue mi basta una Dressel 2/4
@maraina81 |
Personalmente, cara, una monetina, non rifiuterei.
@domenica_pate |
Più che moneta
@maraina81 |
Se preferisci, sì,
@domenica_pate |
Anche di bronzo
@maraina81 |
Roma, archeologia: la storia sacrificata agli Ex Mercati Generali (da Il Fatto Quotidiano del 25/03/2013)
/6 Commenti/in News /da DomenicaL’articolo di Manlio Lilli di qualche giorno fa denuncia l’ennesima occasione sprecata ed invita a riflettere sulle pratiche di tutela e valorizzazione del nostro Paese. Ancora una volta si rimane interdetti: perchè fa così fatica ad affermarsi l’idea che la cultura possa diventare un patrimonio condiviso da tutti?
E mentre le città si nutrono avidamente di speculazione edilizia, le vestigia di un passato comune rimangono sepolte, sottraendo alla collettività il diritto alla conoscenza ed al sapere. Perchè la storia è di tutti, eppure, a decidere, sono sempre gli stessi.
Un silenzio quasi irreale. Infranto solo dal garrire dei gabbiani che volteggiano a bassa quota. Da quello di alcuni esemplari di una particolare specie di uccelli che amano le zone acquitrinose. Il Piazzale delle Erbe è una spianata di ghiaia nella quale, alle due estremità, spiccano le due torri dell’acqua. Ci sono anche due grandi gru ma appaiono immobili.
A breve distanza, di fronte allo spazio coperto nel quale era ospitato il Mercato del pesce, tantissimi prefabbricati, di varie dimensioni, usati come uffici in periodi differenti. Ci sono anche mezzi di cantiere, un’infinità di assi di legno, un po’ accatastati in maniera ordinata, altri gettati a terra. Non mancano una gran quantità di materiali di risulta, soprattutto edilizi. Parte ancora disposti a cumulo. Poi sul lato verso la ferrovia, un’area ancora più depressa, c’è una sorta di laghetto. Con tanto di vegetazione, spontanea, del tipo lacunare.
Siamo all’Ostiense, non lontano da Porta S. Paolo da una parte, e gli uffici e alcune facoltà di Roma 3, dall’altra. Siamo nell’area degli ex Mercati Generali. Dall’esterno della recinzione del grande cantiere non si vede quasi nulla. Ma è sufficiente percorrere il nuovo avveniristico ponte che collega l’Ostiense con la Garbatella, intitolato a Settimia Spizzichino e sporgersi da uno dei parapetti per poter guardare dentro. Per verificare come procedano i lavori. Per rendersi conto di quel che accade. A dieci anni dall’avvio di uno dei progetti che avrebbero cambiato Roma.
… continua
Vita da archeologi: la mia esperienza ~ di Caterina Ottomano
/2 Commenti/in Archeologi in trincea /da DomenicaVi presentiamo oggi con grande piacere il post inviatoci da Caterina Ottomano, tra le prime ad essere entrata in contatto con Professione Archeologo e ad averci dato il suo sostegno.
In questo articolo troverete condensata la sua particolarissima esperienza di vita, che fornisce interessanti spunti di riflessione a tutti noi.
Caterina ci interroga su una questione cruciale del nostro percorso formativo e professionale: essere e fare gli archeologi può essere un mestiere duraturo o rappresenta un intervallo che presto lascia il posto alla necessità di avere un lavoro vero? Può l’archeologia diventare una vera professione?
Grazie Caterina!
.
Quando mi sono iscritta a Scienze della Terra a Milano non avevo la benché minima intenzione di occuparmi di archeologia, certo mi interessava molto la storia, ma la cosa finiva lì.
La mia tesi di laurea è consistita nel rilevamento geologico dei terrazzi fluviali e fluvioglaciali del territorio a nord di Novara e nell’analisi sedimentologica dei depositi che li costituivano, si trattava quindi di geologia del Quaternario, un campo nuovo a Milano.
All’epoca, all’inizio degli anni ’80, molti laureati in geologia venivano impiegati all’AGIP, nella ricerca degli idrocarburi e anch’io pensavo di dover/poter fare la stessa fine. Però, a sparigliare le carte è arrivato in dipartimento da Reggio Emilia un giovane ricercatore: Mauro Cremaschi, quaternarista e geoarcheologo, appunto. Lui mi ha seguito sulla parte della mia tesi dedicata ai depositi eolici e poi ha proposto a me e ad altri colleghi di andare a scavare una settimana nel sito paleolitico di Isernia la Pineta, che era stato scoperto da pochi anni. L’ho fatto, ci sono andata, mi sono intossicata con il paraloid, ho vomitato per due giorni e ho giurato a me stessa che non avrei mai più scavato.
Detto fatto, dopo la laurea, nel 1986, su consiglio ed incitamento di Cremaschi ero presidente di una cooperativa di geologi litigiosi che ricordava l’armata Brancaleone e a luglio trepidante e sudata ho partecipato al primo scavo: un sito dell’età del ferro vicino ad Alessandria in mezzo al mais e alle zanzare.
Con l’autunno sono stata reclutata da una ditta di Milano – la cui socia ‘anziana’ aveva la bellezza di 32 anni – negli scavi urbani di via Moneta e lì ho conosciuto una serie di archeologi inglesi ridotti alla fame dai tagli della Tatcher e giunti in Italia perché allettati dal lavoro abbondante e dalle buone paghe.
Tenete conto che gli anni ’80 e ’90 sono stati un momento d’oro per l’archeologia per la gran quantità di opere grandi e meno grandi che si sono effettuate sia in contesto urbano che extraurbano; moltissimi archeologi si sono formati allora ed alcuni sono gli stessi, invecchiati e inaciditi, che dirigono alcune società o cooperative con cui avete a che fare. All’epoca, però, tutti erano felici, entusiasti e giovani, soprattutto.
Nel tempo, pur continuando a scavare, mi sono specializzata in archeomicromorfologia – che consiste nello studio al microscopio di suoli e terreni antropici – ed in analisi del rischio archeologico. In quanto professionista ho lavorato in ambiti di ogni genere dal paleolitico al postmedioevo, ma la maggior parte delle analisi micromorfologiche le ho eseguite su campioni provenienti da siti pre-protostorici. Ho partecipato ad alcune campagne di scavo nel Pakistan del sud con l’Università di Venezia e in Libia con l’Università di Roma La sapienza.
Il mestiere dell’archeologo, lo sapete, non è tutto rose e fiori: con gli ispettori di soprintendenza i rapporti sono sempre tesi e difficili, il professionista è spesso visto come una cazzuola attaccata ad un braccio, avida e priva di spessore scientifico; non è vero, naturalmente, alcuni miei colleghi sono ora funzionari o soprintendenti, altri lavorano in università; sono una minoranza comunque, considerando che siamo partiti in moltissimi. Non parliamo delle imprese edili con cui si ha a che fare, che ci vedono come il fumo negli occhi, che sono sempre pronte a gettare la croce dei ritardi sugli ‘scavi’ e che appena ti volti ti devastano ettari di abitato.
Che dire poi dei kilometri percorsi su macchine scassate e rumorose, di milioni di ore dormite in pensioni di infino ordine, in aule di scuole elementari, in palestre puzzolenti? E i pagamenti, che man mano che la crisi economica procedeva impiegavano più tempo ad arrivare, e giù telefonate di sollecito. Questo è un lavoro per giovani; più il tempo passava più io mi rendevo conto di essere stanca, di volere stare un po’ casa, e poi, la cosa più grave, non ce la facevo più a lavorare in cantieri di speculazione edilizia, in cui il cemento subentrava alla campagna o alle poche aree libere in città.
Nel 2003 ho tenuto un corso a contratto all’Università di Genova che ha avuto come argomento la geopedologia e la micromorfologia e agli studenti che lo frequentavano ho consigliato vivamente di intraprendere una carriera diversa o, comunque, di tenersi aperta un’altra porta. Alcuni mi hanno ascoltato.
Poi, nel 2004, dopo un mese di fila passato a non dormire, ho deciso: basta scavi, non ne posso veramente più. Ho aperto un piccolo negozio di modernariato e vintage nei vicoli di Genova, mantenendo solo l’attività di consulenza geoarcheologica. Ora mi sono spostata con l’attività in una bella strada turistica e devo dire che per fortuna ho approntato il piano B, perchè anno dopo anno, le richieste di analisi e di assistenza sono sempre meno e i pagamenti arrivano sempre più tardi o non arrivano.
JStor Register & Read Beta
/0 Commenti/in News /da DomenicaTutti conoscono JStor, la banca dati elettronica che raccoglie articoli scientifici e monografie da tutto il mondo, accessibili per lo più se si fa parte di un’istituzione culturale che possiedono una sottoscrizione a pagamento.
Forse non tutti conoscono, invece, il servizio Register & Read beta di JStor, un programma sperimentale che offre accesso gratuito ad una selezione degli articoli tramite una semplice registrazione, pensato dunque in particolar modo per quegli studiosi che non sono affiliati ad alcuna istituzione. Una volta iscritti è possibile infatti aggiungere al proprio personale scaffale elettronico fino a tre articoli che saranno liberamente consultabili per due settimane, terminate le quali l’articolo verrà rimosso, a meno che non si decida di acquistarlo.
Per il momento il programma permette l’accesso a circa 1200 riviste, di cui un numero limitato, in lingua inglese, dedicate all’archeologia, ma vale la pena tenerlo d’occhio.
Qui la pagina del programma, con la lista delle riviste consultabili, ed un file pdf con la spiegazione intuitiva di come R&R funziona.
RomArché 2013 – IV Salone dell’Editoria Archeologica
/0 Commenti/in Mostre - Convegni - Eventi /da AntoniaL’edizione 2013 del Salone dell’Editoria Archeologica, giunto alla sua IV edizione, si terrà dal 20 al 26 maggio presso il Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma. Il tema di quest’anno sarà “Politica Economia Società”.
Le inziative all’interno di RomArché 2013 sono:
Biblioarché – Salone dell’editoria archeologica
Convegno “Ploutos & Polis.
Aspetti del rapporto tra economia e politica nel mondo greco
”Gli Etruschi senza mistero. Origini, Politica, Economia Società
Vite Parallele
Laboratori didattici
Archeologia sperimentale
Rassegna cinematografica
RomArché è un progetto ideato e realizzato dalla Fondazione Dià Cultura.
Per maggiori info potete visitare il sito qui
Archeologia e comunicazione video (dal blog Archeovideo)
/0 Commenti/in Archeologi in trincea /da AntoniaPuò l’archeologia servirsi dello strumento video per comunicare? Siamo pronti a fare il salto verso una divulgazione che travalichi i confini ristretti delle accademie?
Il post linkato qui propone una breve rassegna dello stato attuale della comunicazione video in archeologia, sottolineando limiti e potenzialità di un mezzo ancora trascurato nell’ambito della divulgazione archeologica.
“Se fossimo interessati a vedere un video di un sito che ci interessa e cercassimo su YouTube “area archeologica di…” o “scavi archeologici di…” dovremmo trovare senza troppi clic il canale con i relativi filmati. Oppure si potrebbe andare sul sito web e da lì cliccare sui link giusti per poter vedere i video girati dagli stessi archeologi che scavano il sito. Forse quello appena descritto è uno scenario troppo utopistico ma la realtà è comunque profondamente diversa: la comunicazione archeologica nel nostro paese è ancora un fenomeno limitato ad alcuni casi illuminati e, anche all’interno di questi esempi, la diffusione del video come strumento per comunicare non è molto ampia”.
Il cantiere della Domus Aurea: divulgazione e trasparenza
/0 Commenti/in ArcheoWeb Review /da DomenicaProfessione Archeologo segnala un altro esempio positivo di divulgazione archeologica che sfrutta le potenzialità offerte dal web grazie ad un sito internet ricco di contenuti e dalla grafica accattivante. Si tratta del sito che segue i lavori di risanamento del complesso della Domus Aurea a Roma, e la sua particolarità sta nell’essere quasi interamente curato ed aggiornato dagli stessi archeologi della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma che si occupano del progetto.
Sul sito è possibile trovare notizie sul progresso dei lavori, sulle metodologie di indagine impiegate, sugli interventi conservativi effettuati. Degna di nota la sezione dedicata alle spese, che, pur stringata, ci sembra un bell’esempio di trasparenza, soprattutto di questi tempi.
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