#EtruschiBologna: 3 domande alla Direttrice Paola Giovetti
Avete tempo fino a domenica 24 maggio 2020 per farvi un giro a Bologna “la Dotta” e immergervi in secoli di storia e cultura etrusca visitando la mostra “Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna” (di cui vi ho parlato qui).
La mostra ha sede all’interno del Museo Civico Archeologico di Bologna, la cui Direttrice, Dott.ssa Paola Giovetti, ha gentilmente risposto ad alcune mie curiosità sull’esposizione e sul museo, recentemente riallestito.
Buona lettura!
Diamo un po’ di numeri. 1400 oggetti, 60 musei di tutto il mondo, 20 anni dopo le ultime grandi mostre dedicate alla civiltà etrusca.
“Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna” si preannuncia come l’evento archeologico di punta di questo scorcio del 2019.
E la mostra sarà ospitata proprio nelle sale di uno dei musei più significativi per la conoscenza della civiltà etrusca: il Museo Civico Archeologico di Bologna.
Possiamo dire che dall’Ottocento, secolo dei primi rinvenimenti etruschi a Bologna, ad oggi la passione per la civiltà nata in Etruria nel IX secolo a.C. non si è mai sopita. Qual è secondo lei la ragione di questo innegabile fascino.
Gli Etruschi sono un popolo meno conosciuto rispetto ad altri, forse perché più trascurato anche dal percorso di studi scolastico ma nella realtà rappresentano, e questa mostra lo testimonia, le nostre radici perché gli Etruschi hanno vissuto in un esteso territorio dell’Italia preromana, dalla pianura padana alla Campania. Il loro fascino forse sta proprio nel fatto che in fondo sappiamo meno di quanto invece ormai conosciamo degli Etruschi grazie al progredire della ricerca e a quanto di nuovo è emerso dagli scavi archeologici più recenti.
I musei tra tradizione e innovazione.
La tradizione conservata nel Museo Civico nel suo allestimento originario, che rappresenta uno dei rari esempi ancora esistenti di museografia ottocentesca italiana, e l’innovazione nell’allestimento della mostra Electa che si sviluppa, a inizio percorso, secondo il Tempo dei Rasna con cinque accesi colori a scandire cinque periodi storici nella storia etrusca.
Si tratta di due diverse, ma complementari, modalità di far vivere l’archeologia al pubblico.
Quali sono secondo lei le parole chiave per comunicare l’archeologia oggi nei musei?
Non è semplice comunicare l’archeologia nei musei perché non è sempre immediatamente comprensibile, perché le maggiori testimonianze che abbiamo provengono dalle necropoli, perché spesso gli oggetti non sono integri, perché la nostra conoscenza della cultura antica, penso solo alla mitologia, alla scrittura, non è immediata ed è necessario compiere alcuni processi: cercare di vivere il passato nel presente per trovarne similitudini e differenze; vivere e pensare ai popoli del mondo antico come coloro da cui abbiamo ereditato strumenti, oggetti, consuetudini, usi; comprendere che i materiali che si osservano provengono dalla ricerca archeologica e che dobbiamo osservare quel determinato oggetto in un contesto e in associazione ad altri oggetti. Se da un lato il Museo Archeologico conserva con tenacia il suo allestimento ottocentesco – oramai ne rimangono pochi esempi – cercando però di migliorare il contesto espositivo per facilitare la lettura dei reperti, dall’altro una Mostra è l’occasione per osare modalità museografiche che siano il più attrattive possibili. Proprio per questo motivo riteniamo che Museo e Mostra, in questo momento, siano un’ottima occasione di lettura del rapporto tra passato e presente.
E infine: i suoi 3 motivi per venire a Bologna a visitare la mostra!
Il primo: i visitatori scopriranno che non esiste una sola Etruria ma più Etrurie e sono certa che il viaggio che abbiamo proposto permetterà al pubblico di percepire questo aspetto anche in maniera molto chiara.
Il secondo: sono esposti materiali e rinvenimenti mai visti dal pubblico e questa è una straordinaria occasione per capire quanto la ricerca e lo scavo archeologico attuale possano aggiungere a quanto degli Etruschi già sapevamo.
Il terzo: 1440 oggetti da 60 musei, solo 4 stranieri, quindi la mostra è una straordinaria testimonianza della ricchezza e dell’importanza del patrimonio archeologico italiano, spesso esposto in piccoli musei del nostro territorio sconosciuti al grande pubblico; il tutto perfettamente inserito in un allestimento molto coinvolgente.
Antonia Falcone
@antoniafalcone
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