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Archaeology and Me

Cos’è l’Archeologia? La risposta di #archaeoandme

Cos’è l’Archeologia?

L’archeologia siamo noi.

L’archeologia è metodologia, è città, è scoperta, è inclusione, è cittadinanza.

E’ questo che racconta la mostra Archaeology & Me in corso al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terme.

Il sottotitolo è “Pensare l’archeologia nell’Europa Contemporanea”.

In tempi di exit, muri e distanze, tornare all’Europa e alla sua cultura come collante di popoli diversi e come spinta propulsiva all’integrazione può sembrare una sfida ardua, a tratti senza speranze. Eppure la storia guarda avanti, oltre i particolarismi temporali che vorrebbero mettere fine ad un progetto europeo partito da lontano e destinato a continuare a lungo.

Chi meglio degli archeologi sa che la pazienza e la continua ricerca di costruzione di legami, US dopo US, frammento dopo frammento, sono alla base della creazione di connessioni cronologiche e spaziali?

Il progetto europeo NEARCH nasce proprio da questa idea e dalla volontà di indagare la percezione che i cittadini europei hanno dell’archeologia. Il concorso pubblico “L’archeologia secondo me” ha lanciato una sfida: un’immagine, un video, una testimonianza che potessero rispondere alla domanda cruciale in questo XXI secolo, così lontano dalle epoche remote che siamo abituati a studiare, e cioè Cos’è l’archeologia?

Le risposte sono sorprendenti e danno il senso della complessità dell’archeologia nella sua percezione e nel suo essere disciplina costantemente in trasformazione.

Stupisce soprattutto la contaminazione tra linguaggi diversi espressi dalle opere in mostra: un’archeologia che non è soltanto il monumento immortalato al tramonto, ma è il tatuaggio di un gladiatore sfoggiato sullo sfondo del Colosseo, i Lego che riproducono una battaglia, il fumetto con le 5 regole dell’archeologo, i piedi nudi su uno strato preistorico, gli smartphone puntati sulla Dama di Elche o le videoinstallazioni di Second Life, il punto di vista del reperto che viene scavato, scoperto ed esposto in un museo.

#archaeoandme

Un esperimento di User Generated Content che rende merito alle tante sfaccettature della disciplina, sempre meno appannaggio dei soli addetti ai lavori e invece ogni giorno più pubblica, volta al coinvolgimento dei cittadini, eredi e custodi della storia, ricostruita, ricomposta e interpretata da noi professionisti in un dialogo costante “con quello che c’è là fuori”.

Una seconda sezione della mostra è invece dedicata all’aspetto metodologico della ricerca: dalla scoperta alle nuove tecnologie fino ai più riusciti esperimenti di archeologia pubblica in Europa senza trascurare la contaminazione con l’arte contemporanea, oggi terreno sempre più fertile di sperimentazioni.

Il percorso si chiude poi con la domanda cruciale “A chi appartiene il passato?” con una carrellata di testimonianze fotografiche legate all’archeologia coloniale, alla percezione distorta della storia antica durante fascismo e nazismo e un focus sulle tragedie contemporanee che impattano sul patrimonio culturale.

Ed è proprio attraversando le sale, osservando gli oggetti esposti, soffermandosi sui particolari di una foto o di un disegno che pian piano si fa strada l’idea che l’archeologia siamo davvero noi, che ogni singolo coccio non è altro che il prodotto dell’umanità e che forse il nostro compito è proprio quello di tornare ad umanizzare il passato per umanizzare il presente.

Tanti i punti di vista, tante le archeologie, tanti i protagonisti che insieme formano una collettività.

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Antonia Falcone (@antoniafalcone)

 

 

Archeologia e Street Art al Museo di Trevignano

Archeologia e Street Art al Museo di Trevignano: un mix che convince

Una bellissima giornata di sole, l’escursione in Pontoon Boat, l’archeologia subacquea e la street art di Hitnes: così ci ha accolti Trevignano Romano in occasione del blog tour del 24 settembre.

Ma andiamo con ordine.

Su invito dell’Amministrazione Comunale di Trevignano Romano e della Direttrice del Museo Civico Etrusco Romano, dott.ssa Elisa Cella, un manipolo di giornalisti e blogger ha avuto l’opportunità di scoprire le bellezze nascoste di un borgo che si stende placidamente sulle rive del Lago di Bracciano. Parliamo di Trevignano Romano, località a pochi chilometri da Roma, nota meta di villeggiatura estiva e di turismo culturale.

Adagiato tra basse colline popolate da una variegata flora e fauna locali, il paese di Trevignano affonda le sue radici in epoca remota ma vede il periodo di massima fioritura in epoca etrusca e, successivamente, romana. È proprio in questa fase storica che l’area della leggendaria Sabate, città sommersa dalle acque, diventa sede di numerose ville senatorie, luogo di svago e di otium dei maggiorenti dell’Urbs. Lo stesso imperatore Domiziano, conquistato dalla quiete delle sponde lacustri del Vicus Aurelii (oggi Vicarello, nel territorio di Bracciano), decide di impiantarvi una delle sue numerose ville imperiali godendo del clima salubre e cercando refrigerio dalle torride estati romane. Ed è sempre a Trevignano che Traiano costruisce un acquedotto che per secoli rifornirà Roma.

La vocazione turistica e culturale del paese ha attraversato indenne i secoli fino ad oggi, rimarcando, se possibile, l’intuito degli antichi romani nel privilegiare luoghi ameni e adatti al riposo di mente e corpo. Oggi Trevignano è sede di un importante Festival Cinematografico, il Trevignano Film Fest che vede arrivare da tutta Italia registi, documentaristi e giornalisti per seguire la rassegna fiore all’occhiello del borgo, e proprio per questa occasione amministrazione, museo e organizzazione del Festival hanno attivato una collaborazione per valorizzare insieme le risorse del posto.

In compagnia di Tommaso Santi, il regista premiato il primo giorno del Festival per il suo documentario sulla strage nelle miniere di Ribolla, e insieme al Presidente del Trevignano FilmFest Corrado Giustiniani, ai giornalisti Rai e Sky Pio d’Emilia ed Errico Cattaneo e al “nostromo” Andrea Balestri, subacqueo professionista e conoscitore dei fondali del lago, la giornata è iniziata sul lungolago dove ad attenderci c’era il Pontoon Boat, piccola imbarcazione messa a disposizione gratuitamente dal Comune di Trevignano per offrire l’opportunità ai visitatori di scivolare tra le acque placide del bacino lacustre ammirando il paesaggio circostante e i resti archeologici protetti dalle acque del Lacus Sabatinus.

Nel corso dell’escursione, accompagnati dai racconti di Elisa, abbiamo costeggiato la riva, scoprendo ciò che rimane di una villa romana impiantata nel I secolo a.C. (la villa in loc. Vigna Orsini, oggetto di studi da parte di Giuseppe Cordiano per l’Università di Siena, oggi in attesa di adeguata valorizzazione), alzando spesso gli occhi dallo specchio d’acqua per ammirare un casale impiantato direttamente sulle fondazioni della Villa di Domiziano, nonché ciò che rimane della rocca degli Orsini, distrutta violentemente tra il 1496 e il 1503 dai Borgia, ansiosi di espandere i propri domini. E così tra foto e piacevoli chiacchierate, è giunto il momento dell’attracco, accolti dai cigni dal lungo collo che si sollazzano nelle acque del lago.

Nel piccolo centro non poteva mancare un museo, di quelli che punteggiano città e paesi della Penisola: il Museo Civico Etrusco Romano che raccoglie materiali provenienti dalla Tomba Annesi-Piacentini e dalla celeberrima Tomba dei Flabelli. L’allestimento attuale nasce nel 2000 ad opera di Gregorio Bianchini e oggi il Museo si propone come mission quella del riallestimento delle sue sale per adeguarsi agli standard museali del XXI secolo, puntando sull’accessibilità come suo elemento caratterizzante.

E visto che siamo nell’epoca del melting pot e della contaminazione, perché non provare ad integrare arte antica e arte contemporanea? Nasce così l’idea di “Hitnes. La collezione sommersa. Miti e frammenti di un altro tempo”. Mostra fortemente voluta dalla Direttrice del Museo e sostenuta dal Consiglio Regionale del Lazio, l’esposizione si compone di 19 lavori in ceramica dipinti da Hitnes, street artist cosmopolita, le cui opere sono sparse tra Europa, America, Cina, Australia. Filo conduttore della produzione di Hitnes è spesso il rapporto tra umanità e mondo naturale che nella mostra di Trevignano trova la sua ragion d’essere.

Tutti noi archeologi conosciamo bene l’immaginario dei ceramografi etruschi, greci, italici che spesso decoravano il vasellame con un universo di animali fantastici, mitologici nel quali trovare vizi e virtù dell’uomo, aneddoti, storie più o meno verosimili. Un mondo borderline che spiegava l’origine del cosmo o dava corpo a paure e speranze ancestrali. La sfida che Hitnes ha colto è andata proprio in questa direzione: ri-arrangiare sentimenti e istinti primigeni alla luce della sensibilità di un artista contemporaneo. Ed ecco quindi emergere dalla superficie di aryballoi, piatti, coppe e anfore leoni, ratti, anatre, serpenti e tutto un ecosistema faunistico e lacustre allegoria di fertilità, estasi dionisiaca, hybris. Temi che siamo abituati e vedere rappresentati con il tratto tipico dei pittori del VII-V secolo a.C., ma che nelle mani di Hitnes disegnano campiture sovraccariche di mostri metà uomo-metà animali, dettagli a reticolo, incrociarsi di arti e di spire, riempitivi di onde e palmette. Ogni vaso è accompagnato dalla sua didascalia, che riprende lessico e struttura del tutto simili a quelle che leggiamo accanto all’anfora del pittore di Berlino o alle kylikes a occhioni conservate nel musei di tutto il mondo.

Le opere di Hitnes sono distribuite nelle sale del museo senza soluzione di continuità rispetto ai vasi “veri”, quelli ritrovati nelle tombe etrusche e custoditi nelle teche. Se in un primo momento la sensazione che coglie il visitatore è quella di straniamento rispetto alla capacità di distinguere con un colpo d’occhio il vero dal falso, basta uno sguardo ai pannelli illustrativi per comprendere in pieno il gioco surreale e prospettico dell’esposizione, lasciandosi trasportare nel racconto di questi “frammenti ricomposti”.

“Ricordo bene l’inizio di questa scoperta: era il giugno del 2006, mi era stata appena comunicata la sospensione di un cantiere di scavo che avrei dovuto dirigere. Rimasi senza lavoro”: inizia così il racconto di finzione della collezione sommersa. Un nome di fantasia, Ernesto Ciufoli, per un ritrovamento che si perde tra le pieghe dell’immaginazione.

“Un pomeriggio trovai il diario di scavo originale, e una nota, datata all’aprile del 1966: cassette consegnate nella sacrestia di San Berardino” e da queste cassette emerge il sogno di Hitnes ed Elisa Cella: i 19 pezzi “scomparsi” e poi “riapparsi” tra le sale del museo in un rimando continuo tra verità e verosimiglianza. Falsi credibili che arricchiscono la narrazione dei veri reperti etruschi.

Ed è da questo fortuito e immaginifico rinvenimento di falsi contemporanei che si snoda e prende avvio la comunicazione tra antico e moderno, tra archeologia e street art, quando meno te lo aspetti.

PS: un ringraziamento doveroso va al Sindaco di Trevignano Romano, Claudia Maciucchi, per l’accoglienza, e al team di Hydra Ricerche per la compagnia e il pranzo alla base.

@antoniafalcone

Per saperne di più: