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Riconoscimento: #sipuòfare

Prima o poi doveva succedere. Ed è successo.

 

I professionisti dei beni culturali hanno deciso di sottrarsi al gioco al massacro che è stato fatto sulla loro pelle per anni, hanno deciso di unire le forze per ritagliarsi un ruolo attivo nella discussione sui provvedimenti che riguardano il futuro del settore.

 

Abbiamo cominciato col dire NO ad un bando che ci trasformava da professionisti pluriformati e competenti in #500schiavi a 3,5 euro l’ora.

 

Ci siamo fatti sentire e qualcuno ci ha ascoltati. Il bando è stato limato e le perplessità sono rimaste. Perplessità che ci hanno fatto scendere in piazza l’11 gennaio.

 

Eravamo tanti, arrabbiati e propositivi, perché le due cose non per forza si devono escludere. Eravamo archeologi, storici dell’arte, archivisti, bibliotecari, categorie che di solito si ignorano reciprocamente e cordialmente.

 

Ci siamo incontrati sapendo di avere un’idea comune di futuro, un futuro che non vogliamo farci strappare di mano, che vogliamo contribuire a costruire insieme a chi ci dovrebbe rappresentare, in un dialogo costruttivo tra nuove interpretazioni politiche, nuove proposte, nuovi scenari.

 

Ecco, forse la parola d’ordine è e sarà sempre di più Nuovo. Anche se hanno tentato di imbrigliarci in vecchi schemi, la verità è che c’è un’intera generazione che non desidera altro se non un confronto serio, pacato e chiaro su alcuni temi chiave.

 

Ed è giunto di momento di darci (e di prenderci) quest’opportunità.

 

Ci piace prendere in prestito le parole di @g_gattiglia:

 

Ora è il momento delle proposte, di invertire, come suggeriva qualcuno in piazza, i cartelli e trasformare i 500no in #500on.

 

Bene, il nostro primo #500on è destinato ad un tema che sta a cuore a tutti i professionisti dei beni culturali: il #riconoscimento della nostra professione, che da ieri é più vicino.

 

In una quasi fatale concomitanza con la nostra protesta, infatti, la Camera dei Deputati ha approvato la PdL 362 (al link il testo della proposta di legge) Madia, Ghizzoni, Orfini che prevede integrazioni al Codice dei Beni Culturali atte a riconoscere i professionisti del settore.

 

Sebbene manchi ancora il via libera del Senato, il fatto è comunque epocale: sia per la velocità con cui si è passati da una mancata approvazione in Commissione Cultura ad una calendarizzazione della discussione in Aula, sia per la larga maggioranza, o meglio per la quasi unanimità (con la sola astensione del gruppo Fratelli d’Italia) con cui è stata licenziata a Montecitorio.

 

Sin qui le buone novelle. E tuttavia non è stata una passeggiata.

 

Alla prima delusione dovuta al ritiro dell’appoggio del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura, si sono sommate le critiche della stessa parte politica lunedì 13 gennaio alla Camera.

 

Molti di noi, quando hanno sentito dire che l’approvazione della #pdl362 “non era urgente” hanno temuto che l’agognato #riconoscimento si allontanasse inesorabilmente.

 

Alcune delle critiche sollevate si basano sul supposto pericolo di creazione di Albi professionali, secondo un’errata lettura del disegno di legge ed una scarsa conoscenza del diritto europeo in materia, nonché sulla mancanza della figura del manager culturale tra le figure da normare.

 

A ridosso dell’approvazione alla Camera, a queste critiche si sono aggiunti gli interventi di alcuni Docenti universitari che chiedevano un ruolo attivo delle Università nell’approntamento degli elenchi ministeriali di professionisti previsti dalla PdL 362.

 

Come è finita per adesso lo sappiamo tutti. Con qualche emendamento e qualche giorno di riflessione quasi tutti gli scettici alla Camera hanno deciso che il #riconoscimento era un atto doveroso.

 

Ringraziando i relatori della proposta di legge, Onorevoli Marianna Madia, Manuela Ghizzoni e Matteo Orfini senza i quali oggi non staremmo neanche a parlare del riconoscimento dei professionisti dei beni culturali, vogliamo aggiungere un “GRAZIE” a noi stessi, a tutti noi professionisti dei beni culturali.

 

Noi che abbiamo trovato il modo ed il tempo di protestare in modo forte, pacifico e civile contro un bando iniquo.

 

Noi che abbiamo dimostrato che tuteliamo il passato, ma sappiamo usare i mezzi di comunicazione del momento come e meglio di altri.

 

Noi che abbiamo scoperto il coraggio e l’orgoglio di riconoscerci in un folto gruppo di professionisti apparentemente eterogeneo, ma dalle richieste comuni.

 

Noi che da ieri sappiamo che le nostre istanze non cadono più nel generale disinteresse.

 

Noi che abbiamo capito che se una cosa ci interessa veramente ed è legittima #sipuòfare

 

Crediamoci.

 

@pr_archeologo

 

#500schiavi un mese dopo: #verso11G

È passato un mese dall’uscita del bando #500schiavi. Sarebbe inutile raccontare nuovamente tutte le criticità della stesura che, dopo il 7 dicembre 2013, ha generato un fronte di lotta comune, capace di riunire incredibilmente tutte le professioni dei Beni Culturali.
E tuttavia, visto l’approssimarsi della manifestazione che ne è derivata, ripercorriamo le tappe della protesta.

 

1 – Il 7 dicembre viene pubblicato il bando per il reclutamento di 500 giovani per la cultura. Subito sui Social iniziano le proteste e le critiche, non solo su requisiti e monte ore ma soprattutto sull’iniqua “retribuzione”.

 

2 – Nel weekend la contestazione “monta” su Twitter al “grido” di #500schiavi e compaiono i primi articoli in merito sui blog.

 

3 – Lunedì 9 e martedì 8 la tensione sale: noi di PA siamo stupefatti dal successo del nostro articolo, che è spia della rilevanza del problema tra i professionisti dei #BBCC.

Sono giorni mediaticamente concitati: in poche ore si passa dalla forte presa di posizione delle nostre associazioni di categoria (ANA, CIA ), al tam tam tra le diverse realtà attive in rete. I professionisti dei beni culturali fanno sentire a gran voce il proprio disappunto e il salto della protesta dalla rete alle testate giornalistiche nazionali viene da sé, trascinato da cinguettii, post, pagine/gruppi fb. (Qui trovate la rassegna stampa)

 

 
4 – Viene così indetta la manifestazione dell’ 11 gennaio, 500 no al Mibact.

 

 
5 – Il primo risultato si ottiene domenica 15 dicembre, quando il Ministro On. Massimo Bray, incalzato nel corso della trasmissione “Che tempo che fa?” sulla questione #500schiavi, prende atto dei problemi del bando e promette, tra le altre cose, di migliorarlo.

 

 
6 – Tuffo carpiato con doppio avvitamento della macchina del MIBACT: a tempo di record il 16 dicembre esce una nuova stesura del bando  con requisiti e monte ore attenuati.

Non è successo il miracolo di Natale, sono state limate tutte le caratteristiche legalmente impugnabili in modo semplice e diretto. È un buon segno, ma il problema resta.
Ma non demordiamo.

 

 

7 – Ed ecco arrivare #verso11G: il sit-in del 20 dicembre davanti alla sede del Ministero.

Sotto la pioggia battente, dopo aver visto passare sottosegretari meno affabili delle forze dell’ordine (non serve fare nomi, vero?), i delegati dei manifestanti vengono ricevuti dal Capo di Gabinetto del Ministero Lipari, dal Segretariato Generale Antonia Pasqua Recchia e dal Direttore Generale per l’organizzazione, gli affari generali, l’innovazione, il bilancio ed il personale Mario Guarany, che di fatto aprono al dialogo con i professionisti dei Beni Culturali.

 

 
E poi? E poi ci sono state le festività natalizie. Ma adesso sono finite. L’11 Gennaio è prossimo.
E ora è il momento di scendere in piazza.
Perché deve essere chiaro che non siamo choosy e neanche piagnoni e tanto meno vecchi brontoloni (come molto gentilmente siamo stati apostrofati da giovani ansiosi di guadagnare 3 euro l’ora).
Siamo professionisti, abbiamo competenze, idee innovative e siamo anche piuttosto stufi dei diktat che piovono dall’alto e ci obbligano a pensare che l’unica strada percorribile per “valorizzare” il nostro patrimonio sia quello di prostrarsi, cospargersi il capo di cenere e accettare un altro anno di “formazione” inutile.
Prima di tutto partiamo dalle spiegazioni: l’unico modo per impiegare 2,5 milioni di euro era questo? Qualcuno ha pensato a valide alternative? Oppure era molto più “comodo” ripiegare sul classico dei classici: stage retribuito senza futura possibilità di assunzione (che alla fine conviene andare a farlo in un’azienda privata dove forse poi assumono anche…) per parcheggiare altri 500 giovani che tanto dopo un anno emigreranno o cambieranno lavoro?

 

 

Tirare a campare è davvero l’unica possibilità che volete/vogliamo darci?
E sia chiara un’altra cosa: non chiediamo assistenzialismo, ma possibilità di lavoro.
Innovazione, creatività, risveglio culturale sono parole che devono andare di pari passo con l’idea di tutelare e conservare il nostro patrimonio culturale.
Rifiutiamo il bando e l’idea che sottende al bando perché ci sembra una panacea temporanea che non affronta i veri nodi del settore.
Lo sappiamo benissimo che da qualche parte bisognava iniziare, dopo anni sciagurati di tagli indiscriminati, ed è proprio per questo che ci sembra che sia stata sprecata un’occasione.
Le nostre proposte, embrionali, magari utopiche, le abbiamo discusse qui e qui.
E le richieste sottese alla manifestazione sono enucleate nella piattaforma programmatica, scritta nero su bianco.
Siamo la #generazionepro e sarà difficile fermarci, perché per la prima volta siamo uniti non solo per protestare ma per proporre un futuro diverso.

 

 

Antonia Falcone (@antoniafalcone)

Paola Romi (@opuspaulicium)

 

Credits immagine: Davide Arnesano (soggetto, disegno, colori)