Commenti

4 commenti
  1. Marco De Donno
    Marco De Donno dice:

    Già.
    Forse il passaggio successivo sarebbe chiederci perché dopo la grande stagione degli anni Sessanta, Settanta ed Ottanta -nella quale insegnanti, fornai e studenti di Medicina si appassionavano a studiare le classificazioni della ceramica romana e i metodi dello scavo stratigrafico (pensiamo anche solo verso quali categorie di persone svolgeva la propria attività una organizzazione come l’Istituto di Studi Liguri, tanto per fare un esempio), oggi -e temo che sia vero- non si possa in un articolo giornalistico scrivere “la forma Hayes 50 ha datato l’US 378”.
    Forse il veleno della “divulgazione” banalizzante ha tarpato le volontà individuali a conoscere, a volerci guardare dentro con attenzione, ad assumere un atteggiamento partecipativo? Peccato, perché se c’era un ambito della conoscenza che aveva le carte in regola per superare il disimpegno e la superficialità cognitiva dei nostri tempi era proprio l’Archeologia.
    Si può fare ancora qualcosa?

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    • Antonia
      Antonia dice:

      Sai Marco credo che la divulgazione non sia mai una brutta parola e anzi debba essere incentivata quanto più possibile affinchè una buona parte della popolazione riesca ad accedere ai contenuti culturali (tanto più che i beni culturali sono patrimonio della collettività).
      Quello che bisogna fuggire è la banalizzazione che spesso conduce ahinoi anche alla mistificazione.
      Grazie per il tuo commento!

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  2. Marco De Donno
    Marco De Donno dice:

    Permettimi, certo che le brutte parole sono ben altre.

    Però io veramente sto cominciando a pensare che la divulgazione ci abbia avvelenati (e seppure con le migliori intenzioni del mondo quel veleno abbiamo contribuito a spargerlo noi stessi).
    L’Archeologia è una faccenda così semplice -in fondo- che le sue risultanze potrebbero essere potenzialmente comprensibili da qualunque Cittadino, senza bisogno di una mediazione semplificativa, ma direttamente dal dato grezzo. Non sto dicendo a livello decisionale o gestionale, ma quanto a lettura finale del dato tal quale lo raccogliamo noi. Senza edulcorazioni. Senza mediazioni culturali.
    Insomma, sto (ri)cominciando a pensare che quello che ci vorrebbe sarebbe una bella “riforma luterana”: tornare agli ideali delle origini (quelli ai quali accennavo dei decenni passati), smettere di tentare di avvicinare l’Archeologia ai Cittadini spiegandola dal pulpito, cominciare ad avvicinare i Cittadini all’Archeologia per come noi stessi la pratichiamo, pari pari. La forma Hayes 50 corrisponde ad un certo disegno che chi vuole può andare a vedere cosa sia e come si dati e perché. Nemmeno tutti gli Archeologi la ricordano a memoria, ma Archeologi e laici possono sapere che è facile andare a controllarla e dove.
    Sono molto eretico, lo so.

    Complimenti per il tuo impegno.

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