Licodia Eubea: storia, archeologia e comunicazione dal V millennio a.C. al 2018
“La montagna carenata sul cui fianco si stende la moderna Licodia è chiusa alle due estremità nord-est e sud-ovest da due elevazioni arrotondate e forti, il Castello a mezzodì, il Calvario a settentrione; quello copre coi suoi ruderi uno più antico normanno e come posizione per natura munitissima deve esser stata l’acropoli dell’abitato che si stendeva davanti ai suoi piedi” (Paolo Orsi)
Licodia Eubea è un piccolo centro disteso placidamente tra i Monti Iblei in provincia di Catania e con i suoi tremila abitanti è in grado di raccontare molto del sud, di quello atavico ma anche di quello contemporaneo, che ha voglia di cambiare.
Sono arrivata in questo angolo di Sicilia un venerdì per partecipare alla Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica e ad accogliermi è stata una sensazione di familiarità: topografica, affettiva, archeologica.
La topografia di Licodia (il cui attributo Eubea è stato aggiunto nel 1872 con decreto reale dietro la spinta dello storico locale La Ciura che aveva erroneamente identificato il centro fortificato con la Euboia citata dalle fonti storiche) è quella tipica delle città meridionali: il corso con i suoi bar, gli anziani che popolano le panchine e il silenzio della controra. E con i ruderi del castello Santapau che sovrastano l’intrico di vicoli e passaggi ad arco tipici della cittadina.
L’affettività siciliana è quella di rapporti di amicizia prima che di lavoro, che mi hanno fatto volare qui da Roma per partecipare ad una scommessa nella quale credere fortissimamente: portare film, documentari e comunicazione archeologica fuori dai circuiti tradizionali grazie alla determinazione di chi crede nel potere di fare sistema attraverso la qualità dell’offerta culturale.
L’archeologia è ovunque, si respira nei quattro giorni della Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica giunta alla sua ottava edizione; nella sede dell’Archeoclub e tra i libri conservati lungo le sue pareti; nel Museo Civico Antonino Di Vita con le testimonianze della storia dell’abitato dall’età preistorica fino allo sviluppo del centro indigeno ellenizzato.
Dunque Licodia Eubea è tutto questo: memoria, scommessa e futuro.
Se della Rassegna del Documentario e della Comunicazione archeologica vi ho parlato in questo post dell’anno scorso, oggi invece voglio raccontarvi la storia di Licodia Eubea in sei tappe, fissando come data di inizio di questo percorso le prime testimonianze di occupazione dell’area.
V millennio a.C.
Si datano alla seconda metà del V millennio a.C. le prime tracce di frequentazione del territorio di Licodia Eubea da parte di gruppi umani, grazie al rinvenimento di materiali attribuibili alle fasi più antiche dell’età neolitica. Il Museo Civico Antonino Di Vita conserva proprio nelle vetrine della prima sala numerosi reperti ceramici che arrivano fino all’Età del Bronzo. Lo stesso Paolo Orsi, arrivato a Siracusa nel 1888 come Soprintendente per le Antichità della Sicilia Orientale, porterà alla luce sulla sommità della collina di Licodia frammenti ceramici che gli faranno collocare in questo luogo sopraelevato il sito di un piccolo villaggio indigeno siculo.
Inizia così la storia di un importantissimo insediamento indigeno, la cui posizione cruciale e strategica farà gola a molti nel corso dei secoli.
Età arcaica
Arriviamo quindi alla fase storica che ci ha lasciato più testimonianze materiali, quella che coincide con l’ellenizzazione del piccolo centro indigeno, processo iniziato già nella prima metà del VI secolo a.C. Su cosa sia l’ellenizzazione, su come debba declinarsi nei diversi centri indigeni del sud Italia, su come sia diversamente sfaccettato questo fenomeno sono stati scritti fiumi di bibliografia e tanti altri contributi certamente verranno da qui ai prossimi decenni. A noi basta sottolineare come questo processo qui a Licodia abbia assunto forme del tutto peculiari: nei corredi funebri delle necropoli, conservati proprio nel Museo Antonino di Vita, è possibile apprezzare la compresenza di prodotti di importazione greca o di imitazione accanto a forme ceramiche locali. A “sovrintendere” questo processo di acculturazione e integrazione ci furono certamente le elites locali nel loro ruolo di mediazione tra i Greci e le comunità autoctone.
Le recenti attività di scavo scientifico, dopo le spoliazioni, le distruzioni e le attività di recupero clandestino che ebbero luogo nell’Ottocento, hanno permesso di indagare le necropoli, il centro abitato e i quartieri produttivi, intensificando quindi l’opera di conoscenza del territorio e della storia più antica di Licodia Eubea.
1269
Questa è la data spartiacque tra la Non Licodia e la Licodia: il nome della cittadina appare infatti per la prima volta nei registri della cancelleria angioina del 1269, quando il castrum è censito nello Statum castronum Sicilianae come “castrum Licodiae”. In questa fase l’assetto topografico di Licodia Eubea è segnato dalla presenza del castello, i cui ruderi sono visibili e visitabili ancora oggi sulla parte più alta del pianoro. Risale infatti al XIII secolo d.C. la realizzazione del castello come parte del sistema difensivo del territorio conquistato dagli Aragonesi: un sistema costituito da mura e torrioni circolari, la cui proprietà presto passerà di mano.
1393
Nella storia di Licodia Eubea entra prepotentemente il nome di una nobile famiglia di origine catalana: i Santapau, la cui memoria si conserva nella toponomastica del centro storico.
Nel 1393 il re aragonese Martino assegna le terre e il castello di Licodia Eubea alla famiglia Santapau: da allora i ruderi che sovrastano la città prenderanno il nome di Castello Santapau anche se dal 1618 la proprietà passerà alla famiglia dei Ruffo.
Come tutti i castelli, anche questo di Licodia Eubea, non sfugge a leggende di fantasmi e ammazzamenti, come quella che racconta del barone don Raimondo Santapau al quale in una torrida giornata agostana fu comunicato che l’adorata figlia Aldonza era stata strangolata come vendetta per una colpa del marito Antonio Barresi, barone di Militello. Scoppiò così una sanguinosa faida tra Santapau e Barresi.
1693
In questa nostra storia non poteva mancare un terremoto e, come sempre nelle storie ricostruite da noi archeologi, i terremoti rappresentano tristemente dei capisaldi storici per datare fatti ed eventi.
Il 1693 è la data amaramente nota dell’evento sismico che rase quasi del tutto al suolo la Val di Noto, uno degli eventi più catastrofici di sempre in terra siciliana. Furono distrutti 45 centri abitati con un numero di vittime che si aggira intorno alle 60mila.
Al sisma non sfuggirono ovviamente il centro abitato di Licodia Eubea e il suo castello: furono distrutte le chiese del centro storico e vennero giù come birilli le torri del castello, sbriciolandosi nella scivolata lungo il pendio. Negli anni successivi al terremoto molti dei materiali diruti del castello furono poi utilizzati come materiale da costruzione per sostenere i muri pericolanti delle abitazioni licodiane.
L’area del Castello ha restituito proprio negli ultimi anni una testimonianza vivida di quel tragico evento: dagli scavi archeologici a ridosso della rocca è emersa una fossa comune contenente decine di morti, vittime del terremoto del 1693.
2018
Alle storie di distruzione seguono sempre e inevitabilmente storie di ricostruzione. E così è stato anche per Licodia Eubea, rinata a nuova vita nel corso dei secoli. Un processo lungo che ha fatto sbocciare il barocco siciliano, costruire nuove chiese e che arriva fino ad oggi, passando per il 2010, data della prima edizione della Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica.
Sono ormai otto anni che Alessandra Cilio e Lorenzo Daniele, direttori artistici della Rassegna, scommettono su un modo diverso e avanguardistico di fare cultura: trasformando cioè un piccolo centro siciliano in un luogo frequentato da attori, registi e documentaristi, che per quattro giorni all’anno diventa luogo d’incontro per gli appassionati di cinema e archeologia.
Ogni anno un tema, ogni anno tanti film, ogni anno incontri,ogni anno valorizzazione dei luoghi.
Per questa edizione 2018 si è puntato tutto sul tema della memoria: memoria dell’antico, memoria di fatti, memoria di tradizioni, un sapiente mix di archeologia ed etnoantropologia.
Ad arricchire lo scenario la presenza dello storico documentarista Lucio Rosa e dei suoi film girati ai quattro angoli del mondo per raccontare popolazioni sconosciute, gli incontri con l’archeologa Serena Raffiotta e il giornalista Fabio Isman per conversare sul patrimonio culturale venduto, tradito o recuperato e il seminario su archeologia e comunicazione social e tradizionale tenuto dalla scrivente e dal giornalista Graziano Tavan.
Sono stati giorni intensi, fatti di incontri, sorrisi, buio in sala, storie dal mondo, ma sempre circondati da lei, Licodia Eubea:
“In elevata e scoscesa rupe è Licodia paese di nome saraceno, dove sono meravigliose ruine di antichità sebbene prostrate e sepolte in gran parte, vestigia di antica giacente Città” (Abate Fazello)
Un grazie speciale all’organizzazione, all’associazione culturale ArcheoVisiva e all’Archeoclub di Licodia Eubea.
Antonia Falcone
(@antoniafalcone)
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