Tempo di vacanze: cosa mettono in valigia gli archeologi?
È tempo di vacanze per (quasi) tutti: finalmente è arrivato il momento di dismettere gli scarponi, il caschetto, la palina e il famigerato giubbotto catarifrangente che, sotto il sole cocente, aumenta la temperatura corporea a millemila gradi e di prendersi qualche giorno di pausa… all’insegna dell’archeologia, chiaramente!
Pronti a partire! Ma per dove? E soprattutto con cosa?
Grazie a Paola che nel suo blog Pasta Pizza Scones ci ha menzionati nel post I miei cinque oggetti indispensabili in valigia oggi scopriamo cosa non può assolutamente mancare nel bagaglio di un archeologo!
Noi archeologi si sa siamo esseri strani, un po’ mitologici e un po’ umanoidi, mai sazi di luoghi da visitare, abituati a vivere in un mondo tutto nostro fatto per lo più di aree archeologiche, siti, musei, cocci e disposti ad emozionarci con poco, basta una decorazione architettonica, per dire.
Andiamo a scoprire le 5 cose che un vero archeologo afflitto dalla patologia “Visitare tutto quello che è visitabile nel raggio di km dal luogo dove mi trovo” deve mettere in valigia prima di partire per un viaggio, breve o lungo che sia!
-
Crema solare protettiva
Nella meticolosa preparazione del beauty case di un archeologo, ordinato secondo criteri rigidamente crono-tipologici (da una parte le creme da giorno, dall’altra quelle da notte, poi seriazione del make up in base al codice Munsel di terre, ciprie, fondotinta, ombretti e rossetti), uno dei must have in cima alla lista delle cose da portare, compilata scrupolosamente in cantiere durante i momenti morti, è la crema solare, protezione alta.
Scordatevi però le creme waterproof, anti sabbia o cose così, perché all’archeologo la crema mica serve per andare in spiaggia, giammai!
La crema serve per cospargersi abbondantemente le parti del corpo rimaste di color bianco latte (escludendo quindi viso, braccia, girocollo. Abbronzatura da muratore vi dice niente?), prima di intraprendere una delle numerose e masochistiche escursioni alla scoperta di luoghi sconosciuti ai più e spesso caratterizzati dai cosiddetti “quattro sassi in croce”. Si tratta perlopiù di siti assolati, senza neanche un albero nel raggio di chilometri, assolutamente privi di bar, fontanelle o qualsiasi traccia di civiltà che possa dare sollievo al nostro prode archeologo.
La definizione di area archeologica per gli archeologi implica la non facile raggiungibilità della stessa, il camminare sotto 40 gradi accompagnati solo dal frinire delle cicale e soprattutto la possibilità di socializzare con altri impavidi archeologi (in genere se ne incontrano un paio di esemplari) con conversazioni del tipo “ma dai, anche tu hai scavato a… (aggiungere luogo a caso)?” oppure “eh peccato che qui non viene nessuno, ma purtroppo non tutti capiscono il valore di queste fondazioni pseudo isodome in blocchi di roccia sedimentaria clastica, delle quali rimangono conservati addirittura 50 cm” e altre amenità del genere, sulle quali di fondda la riconoscibilità del nostro gruppo sociale.
Camminare dicevamo, spesso per chilometri pur di raggiungere il luogo dei nostri sogni. Passiamo quindi al secondo oggetto indispensabile da mettere in valigia.
-
Scarpe da trekking
Non paghi di indossare gli scarponi sul cantiere, che gelano i piedi in inverno e li infiammano in estate, noi archeologi in vacanza ci armiamo di scarpe da trekking ben consci delle scarpinate che ci aspettano.
Una semplice passeggiata in montagna o in una città d’arte si trasforma presto nella ricerca spasmodica del sito archeologico da esplorare: che siano una basilica paleocristiana, i ruderi di un castello o i resti di una villa l’imperativo categorico è arrivarci, a qualunque costo, spesso facendosi largo con il machete tra rovi e piante tropicali, sentendoci dei novelli Indiana Jones alla scoperta del tempio maledetto.
I più coraggiosi poi affrontano dei veri e propri cammini sulle tracce della Via Francigena o lungo la Via degli Dei (nomen omen!), incuranti delle temperature desertiche o della possibilità di sembrare dei pazzi con stampato in viso un sorriso compiaciuto alla vista di un tracciato antico.
L’importante è andare avanti e arricchire la propria personale lista di “posti irraggiungibili che però io ho visto!”.
Ma come fa un archeologo a sapere esattamente che in quella landa desolata c’è un sito archeologico? Con le sue personali guide turistiche, chiaramente.
-
Guide archeologiche
Poveri ingenui voi che girate con Routard, Lonely Planet o Rough. Come potete trovare luoghi introvabili che a malapena sono conosciuti dalle comunità locali, figuriamoci dai redattori delle guide turistiche?
L’indefesso archeologo prima di partire sfodera i suoi super poteri da topografo e da topo da biblioteca: cartine storiche, gis, ricerche bibliografiche, siti web. Lasciate perdere travel blogger o influencer Instagram: l’archeologo va direttamente alle fonti, se antiche meglio ancora, e si costruisce il suo itinerario PER – FET – TO.
Dalle ricerche di superficie pubblicate sul Bullettino De’ Luoghi Rarissimi Che Manco i Romani Conoscevano è emerso che lì, in mezzo alle frasche, c’era un mausoleo? Bene, bisogna andare a verificare per amore della scienza.
E così armati di fotocopie, scansioni, libercoli ottocenteschi, i nostri prodi custodi della conoscenza dei luoghi costruiscono la propria personale periegesi, da spacciare segretamente tra amici e colleghi, ricordando poi, al ritorno dalle vacanze e davanti ad una birra, le peripezie compiute per raggiungere posti così inospitali che Marte al confronto sembra un luxury resort.
Ma ogni archeologo che si rispetti ha un’altra fissa: la documentazione. Passiamo al quarto oggetto indispensabile per un viaggio da archeologi.
-
Reflex
Sorvoliamo temporaneamente sul corredo di matite e block notes dove appuntare ulteriori notazioni che in bibliografia non erano segnalate (ahi ahi) e che possono tonare utili per una revisione critica degli studi da pubblicare l’oradelmai in una rivista di Classe A e concentriamoci sull’apparato iconografico.
Partire per un viaggio archeologico comporta la spasmodica necessità di documentare tutto, ma proprio tutto quello che vediamo. Attenzione, non parliamo di foto panoramiche o di selfie a ricordo del nostro viaggio. No, no, qui approdiamo nel mare magnum del disturbo ossessivo-compulsivo di foto archeologiche, il che in poche parole vuol dire scattare centinaia di fotografie i cui soggetti preferiti saranno nell’ordine: pietre varie, particolari di decorazioni, singole scanalature di colonne, venature di foglie d’acanto, distese di stratigrafie verticali di mattoni e tufelli, riccioli di barbe e scriminature di capelli.
Mai concedere poi spazio all’estro artistico con immagini suggestive: no, qui è la scienza che richiede terabyte di memoria, il tramonto sui templi lasciamolo ai turisti, tzè.
Motivo per il quale su Instagram posteremo solo le foto più brutte, quelle fatte con il cellulare controluce. Le più belle, fatte con la Reflex, così perfette da far invidia a stuoli di fotografi che a suon di bot si accapigliano sui social per avere migliaia di followers, saranno gelosamente custodite e ordinate in cartelle sul pc, chè possono sempre servire per quel confronto che cerchiamo da mesi.
E se c’è cattivo tempo? Niente paura, l’ardimentoso archeologo ha pensato anche a questo quando ha preparato la valigia.
-
K-Way
Non sarà certo un temporale estivo a scoraggiare il nostro archeologo dalla visita culturale durante le vacanze. E così l’ultimo necessario oggetto da mettere in valigia prima di partire è il k-way, l’impermeabile con il quale affrontare imperterriti scrosci di pioggia e folate di vento.
Naturalmente parliamo di un capo d’abbigliamento che qualsiasi archeologo ha già con sé, custodito nell’armadio o nel portabagagli dell’auto, ausilio durante le giornate di pioggia in cantiere e che basta solo tirar fuori e riciclare anche durante le ferie.
Perché l’archeologo in vacanza non è né turista, né viaggiatore. Rimane archeologo e basta.
Antonia Falcone
(@antoniafalcone)
E siccome questo è un gioco da blogger, di seguito le mie nomination per I cinque oggetti da portare in viaggio.
Ogni blogger potrà declinare il tema secondo le caratteristiche del proprio spazio online:
- Marina Lo Blundo di Maraina In Viaggio
- Erika Costa di Eryka In Viaggio
- Mariano Cervone di Internettuale
- Rita Fortunato di Parole Ombra
- Stefania Berutti di Memorie dal Mediterraneo
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!