The Day of Archaeology 2014 is coming!
Il momento è giunto! Il Day of Archaeology edizione 2014 si terrà venerdì 11 luglio!
Per il quarto anno consecutivo venerdì prossimo archeologi, studenti di archeologia e persone che a vario titolo operano nel settore condivideranno le proprio esperienze e mostreranno quando variegato e ricco sia in realtà il mondo dell’archeologia.
Nato quasi per caso grazie ad una conversazione via Twitter, il DoA è un’occasione per conoscere cos’è davvero l’archeologia ed imparare cosa fanno gli archeologi nel loro lavoro di tutti i giorni, in qualunque parte del mondo essi operino. Come trattano i dati che ottengono? Come si arriva dai frammenti di informazione raccolti dalle tracce materiali lasciate dalle popolazioni del passato alla ricostruzione di come quelle popolazioni vivevano? E cosa succede dopo? Come viene diffuso questo sapere e come contribuisce, ad esempio, alla vita dei musei? Cosa significa coinvolgere le comunità locali in questo processo? Ed è possibile farlo?
Queste e molte altre domande trovano interessanti risposte grazie a post, foto, video ospitati su un’apposita piattaforma, ognuno dei quali racconta una storia ed aiuta a puntare l’attenzione sul ruolo che l’archeologia ha nel conservare il passato e costruire il futuro.
Non è abbastanza, questo, per voler partecipare a questa giornata speciale?
Per saperne di più abbiamo contattato il team dietro a questo evento e Matt Law (Cardiff University/ C & N Hollinrake Ltd.) ha gentilmente accettato di rispondere alle nostre domande.
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Ciao Matt, grazie a te e a tutto lo staff per aver accettato questa intervista! La prima domanda naturalmente è: cosa è il Day of Archaeology e cosa rappresenta per voi?
Ciao, sono appunto Matt e rispondo a nome di tutto il team DoA. Innanzitutto grazie a voi per avercela chiesta questa intervista! Il Day of Archaeology è un’occasione globale per celebrare il lavoro che svolgono gli archeologi, sia che siano professionisti, volontari, ricercatori, insegnanti o studenti. Più nello specifico è un progetto di “blogging collaborativo” che invita centinaia di archeologi da tutto il mondo a contribuire con materiale che rappresenti il loro quotidiano lavoro in quel determinato giorno. A livello più personale, per me è una straordinaria esperienza di apprendimento: in questi anni passati, grazie al DoA, ho imparato sull’archeologia e su cosa significa essere un archeologo più di quanto non abbia mai fatto prima.
Quando avete avuto l’idea di organizzare un giorno globale dedicato all’archeologia e quali sono state le ragioni?
L’idea temo che l’abbiamo rubata! Ci è venuta dopo aver seguito il Day of Digital Humanities a Marzo 2011, un evento che invita le persone che si riconoscono come “umanisti digitali” a scrivere una voce wiki sulla loro giornata lavorativa. Ci è sembrata un’idea naturale per l’archeologia, disciplina che ha una comunità globale potenzialmente enorme. Lorna (Richardson N.d.R.) ed io abbiamo avuto una breve conversazione su Twitter e presto si sono aggiunti a noi colleghi che avevano le giuste competenze tecniche per realizzare il progetto, oltre che una generosa offerta di hosting da parte di Dan Pett e del Portable Antiquities Scheme che ancora oggi ospitano il progetto.
Per me l’intenzione alla base del DoA era ed è duplice: innanzitutto offrire una risorsa per chiunque sia interessato a cosa fanno gli archeologi, e poi incoraggiare il senso di comunità tra archeologi, non importa a che livello della loro carriera essi siano o in quale parte del mondo lavorino.
Parliamo delle edizioni passate. Potreste darci una stima approssimativa del numero di persone che hanno contribuito al DoA in passato? Questo numero è aumentato nel corso degli anni?
Il primo DoA è stato organizzato nel 2011 e abbiamo raccolto sul sito complessivamente 429 post (alcuni contributors hanno postato più di una volta). Il numero dei post è leggermente diminuito da allora, anche se continuiamo ad attrarre nuovi contributors.
Cosa ci dite di quest’anno, quante persone si sono iscritte per l’edizione 2014?
Fino ad oggi, Lunedì 7 luglio (data in cui è stata realizzata l’intervista n.d.r.), abbiamo 337 iscritti per il 2014. Ci auguriamo che il numero possa salire.
Il DoA è aperto agli archeologi di tutto il mondo, ma quali paesi hanno aderito con più entusiasmo finora? Avete notato un cambiamento nel corso degli anni?
La schiacciante maggioranza dei post viene da Regno Unito e USA, e questo è un dato costante per tutti i tre gli anni passati; in ogni edizione abbiamo avuto anche numerosi contributi da Italia, Irlanda, Canada e Australia e singoli post dal Sud America, Europa, Asia, Medio oriente e Africa.
Quali sono i “media” più utilizzati nelle precedenti edizioni (post, video, foto) e cosa è cambiato dal 2010? C’è un approccio diverso in base al campo di specializzazione o al paese di provenienza degli archeologi?
I post di testo e le immagini sono i media più utilizzati e in realtà il numero delle seconde è in aumento nonostante la diminuzione del numero di post. Abbiamo ricevuto anche dei video e mi piacerebbe vedere l’uso di canali diversificati. Io personalmente quest’anno sto cercando di contribuire con brevi video via Vine o Instagram.
Come ha reagito il pubblico online all’evento in passato?
Il progetto è stato accolto molto favorevolmente ed ha attratto 7561 visite nel 2011. Questo numero ha continuato ad aumentare, con 11040 visite nel 2013 e anche il numero delle visite tra un evento e l’altro è in aumento. E’ difficile sapere chi sono questi visitatori, se sono pubblico generico o archeologi, tutti noi crediamo comunque che gli archeologi predominino all’interno del cospicuo numero di visitatori.
Una scelta che abbiamo fatto, per coinvolgere persone che non sono professionisti dell’archeologia, è rendere il materiale del sito disponibile per usi didattici mediante l’impiego di licenze libere per il riuso. Alcuni corsi dell’Indiana University South Bend e dell’University of Washington, entrambe negli Stati Uniti, hanno utilizzato il Day of Arcaheology nei loro programmi. Il DoA è stato utilizzato da un corso online gratuito organizzato dalla Brown University, intitolato Archaeology’s Dirty Little Secrets, e in alcune attività dell’organizzazione britannica Schools Prehistory.
Infine, dateci una ragione o una lista di ragioni, sul perché si dovrebbe partecipare a questo “evento”. Pensi sia importante per noi, come persone che lavorano in questo campo, portare l’archeologia alla gente? Perché?
Raccomando a chiunque sia interessato o si occupi di archeologia, anche a quelli che si sentono eminenti professionisti ricchi di esperienza, di seguire i post durante il DoA, non finisce mai di sorprendermi quanto si possa imparare in un solo giorno leggendoli. Penso anche che sia grandioso farne parte, avere una piattaforma aperta dove mostrare ciò che fai e spiegare perché la “tua” archeologia è importante.
Penso che portare all’attenzione del pubblico l’archeologia e dimostrare i diversi modi in cui l’archeologia ha veramente rilevanza nella realtà quotidiana – che sia tramite la promozione di vincoli tra le comunità geografiche, la protezione del patrimonio culturale a rischio, la riscoperta di pratiche e tecniche di agricoltura sostenibile, o la maggior comprensione delle società umane, delle malattie e degli ecosistemi – sia estremamente importante. È molto più semplice erodere il sostegno istituzionale e governativo al nostro lavoro se questo, agli occhi del cittadino qualunque, risulta indefinito e incomprensibile. Penso che Sir Mortimer Wheeler, uno dei più importanti archeologi inglesi degli anni centrali del XX secolo, abbia realmente centrato la questione quando scrisse (nella sua autobiografia, Still digging, del 1955), a proposito degli “open days” e delle riprese televisive dello scavo archeologico che lui e la moglie Tessa stavano dirigendo nel sito fortificato dell’Età del Ferro Maiden Castle:
“Tutte queste iniziative erano, secondo noi, per una buona causa. I nostri amici fautori di un’archeologia più convenzionale qualche volta alzavano le sopracciglia e sospiravano con fare lamentoso davanti “a tutta la pubblicità dei Wheeler”. Ma noi non ci scoraggiavamo, ed eravamo nel giusto; nel giusto non solo perché lo stesso pubblico a cui erano dirette le nostre iniziative stava, tra l’altro, contribuendo in modo non trascurabile con donazioni al considerevole budget dello scavo, ma perché io ero e sono convinto della necessità morale ed accademica di condividere il più completamente possibile il lavoro scientifico con l’uomo della strada e dei campi.”
E su questa memorabile citazione noi vi ringraziamo per il tempo che avete dedicato alla nostra intervista. E in bocca al lupo per il Day of Archaeology!
Grazie a voi per aver trovato il tempo di permetterci di illustrarvi il progetto!
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Venerdì prossimo, dunque, tenete d’occhio il sito www.dayofarchaeology.com, mentre, se non volete perdervi un post, seguite l’account Twitter del progetto e la loro pagina Facebook.
Con questo post inauguriamo anche il Tumblr di Professione Archeologo, dove potrete trovare la versione in lingua originale dell’intervista.
Domenica Pate (@domenica_pate) & Paola Romi (@OpusPaulicium)
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