Diario dall’Iraq. Quando non si va in cantiere
E anche questa notte ha piovuto, con annessa tempesta di sabbia che ha fatto sbattere finestre, creato mulinelli nel deserto e fatto volare tutto.
Dunque cancellate quello che vi ho scritto ieri: oggi niente cantiere. Ma qui in Iraq è così, non sai cosa farai da un giorno all’altro.
Proprio per questo motivo ho deciso di scrivere il diario che state leggendo, per farvi vivere con me non solo lo stupore di ogni momento, ma anche l’incertezza quotidiana di chi viene da un’altra latitudine e si trova a fare i conti con problemi inaspettati.
Per esempio oggi, dopo il temporale di questa notte, l’elettricità è saltata spesso e abbiamo dovuto razionare l’energia del generatore per evitare di trovarci al buio dopo che sarà calato il sole. La connessione internet in queste condizioni diventa un miraggio, come un’oasi nel deserto, per rimanere in tema.
La programmazione delle attività di scavo sono quindi subordinate a tanti fattori, tra cui le condizioni meteo.
Ma qui non ci si perde mai d’animo, stiamo scherzando?
Siamo in Iraq per fare ricerca e che ricerca sia!
Mai sfidare un archeologo sul terreno della cocciutaggine, vincerà sempre.
La giornata quindi è presto organizzata con attività collaterali allo scavo che coinvolgono tutto il team di lavoro.
E io cosa ho fatto? Ho gironzolato tra le varie postazioni di lavoro, facendo domande e fotografando tutti nel pieno delle loro attività.
La didattica
Si inizia con la didattica: Licia e il Prof. D’Agostino, dopo aver chiamato a raccolta nella casa missione tutti gli operai iracheni che lavoreranno sul tell di Abu Tbeirah, sfoderano proiettore, power point e telo bianco e iniziano a fare lezione. Ebbene sì, a pochi metri dalla ziggurat di Ur, un gruppetto di 13 operai ha seguito in un silenzio assoluto, una sorta di conferenza universitaria sullo stato della ricerca ad Abu Tbeirah finora.
- Cosa è stato messo in luce l’anno scorso?
- Dove saranno aperte le aree di scavo quest’anno?
- Cosa ci si aspetta di trovare?
- Come procederanno i lavori?
- Come si imposta un matrix?
Ospiti d’onore della conferenza anche i funzionari archeologi del Ministero iracheno, perchè qui si fa lavoro di squadra sempre, ognuno con il proprio ruolo e le proprie competenze.
E così oggi ho conosciuto Ngamesh, Haider, Allawi 1 e Allawi 2, Ahmed, Karrar, Nabil, Wusal, Wasa, Rafeet and Jaafar.
Tantissime le domande al termine della lezione, a dimostrare il grande interesse che l’archeologia riveste da queste parti, pur tra le mille difficoltà di un paese che sta cercando di risollevarsi pian piano e con orgoglio da anni difficili.
Il restauro
Una missione archeologica non è composta solo da archeologi, ma da figure diverse che a avario titolo concorrono alle attività di studio e ricerca. Non possono quindi mancare i restauratori.
Qui ad Abu Tbeirah abbiamo Emanuela Peverati che si occupa del restauro della ceramica man mano che emerge dallo scavo.
Pulizia, attacco dei cocci, integrazione dei frammenti: è lei il punto di riferimento della missione. Le sue mani corrono veloci ma con perizia sui frammenti da unire.
In baracca, circondata da solventi, bisturi, stecchini, scotch Emanuela lavora pazientemente, mettendo insieme pezzi che arrivano direttamente dal III millennio. Attorno, il silenzio del deserto e la luce del caldo sole iracheno.
La ceramica
In ogni missione che si rispetti non può mancare “il cocciarolo” (ceramologo), colui cioè che ha un superpotere invidiato da molti: la pazienza. Qui questa dote è incarnata dall’archeologa Marta Zingale, che gestisce il laboratorio ceramico.
E cosa fa “il cocciarolo”? Tira fuori i materiali, li guarda a lungo, poi li disegna, li studia e infine li data. Senza l’associazione dei materiali ceramici con gli strati non sarebbe possibile in molti casi arrivare alla cronologia assoluta, quella cosa cioè che fa dire a un archeologo: questa azione è stata compiuta in un determinato anno, secolo o millennio.
Anche lo studioso di ceramica è abituato a lavorare in solitudine, circondato da matite, fogli lucidi, profilografo e sommerso da bibliografia.
I carotaggi
Gli archeologi scavano terra. E la terra la studiano anche i geologi. Quindi la collaborazione tra archeologi e geologi è frequente.
Qui ad Abu Tbeirah il geologo della missione è il giovane Luca Forti, allievo del Prof. Salvatore Milli. Il suo compito è fare e interrogare i carotaggi,prelevare campioni da analizzare e desumere dati utili alla ricerca, lavorando a stretto contatto con la direzione del cantiere.
Un piccolo segreto: Luca è anche un bravissimo fotografo (@lucafuertes su Instagram) e noi archeologhe lo stiamo sfruttando per farci fare foto indimenticabili con la ziggurat sullo sfondo.
Tra un’attività e l’altra anche la giornata di oggi sta finendo. La ziggurat al tramonto è stata illuminata da un sole enorme e rosso e confidiamo tutti che questa notte la pioggia ci dia tregua perchè non stiamo più nella pelle: vogliamo inforcare la trowel e andare a scavare!
(…continua)
Antonia Falcone
(@antoniafalcone)
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