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Pompei, SOS dell'Unesco

SOS Pompei

E’ notizia di pochi giorni fa l’inserimento di 12 ville e due giardini medicei nella lista dei monumenti dichiarati patrimonio mondiale dell’umanità dal comitato di valutazione Unesco. Ma purtroppo, dalla Cambogia, dove sono riuniti i 21 membri Unesco, non arrivano solo buone notizie per l’Italia.

 

Eh già, perchè, se da un lato il patrimonio rinascimentale mediceo viene riconosciuto come esempio di “un innovativo sistema di costruzione rurale in armonia con la natura” configuratosi nel tempo come “modello per la costruzione di residenze principesche in Italia e in Europa”, dall’altro ci sono brutte avvisaglie per un altro sito Unesco, cioè Pompei.

 

Ricordiamo che gli ispettori Unesco, tra dicembre 2012 e febbraio 2013, hanno visitato l’area archeologica e il rapporto successivo all’ispezione è quanto mai deprimente: di 73 domus visitate, 50 sono chiuse al pubblico; molte di queste risultano in pessimo stato di conservazione, sotto l’attacco di umidità e incuria.
Le osservazioni degli ispettori sono confluite quindi in un rapporto in cui si esprime profonda preoccupazione per i crolli che hanno avuto luogo nella città vesuviana, sottolineando il timore che altri cedimenti possano compromettere le case pompeiane e spiegando che “la mancanza di addetti al sito, soprattutto di tecnici, è diventata allarmante per la manutenzione quotidiana”.

 

Un altro punto critico risiede nella rilevata mancanza di un “management plan”, il piano di gestione relativo alle aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Oplontis, indispensabile per il permanere nella lista dei “siti patrimonio dell’umanità”.

 

Nonostante queste problematiche il comitato Unesco ha deciso di rimandare di due anni un’eventuale iscrizione del sito archeologico di Pompei nell’elenco dei “siti in pericolo”, continuando nel frattempo l’attività di monitoraggio delle attività di manutenzione e conservazione dell’area.

 

Rimane una sensazione di profonda amarezza e rammarico, oltre che una tacita rabbia, di fronte alla eclatante ammissione di incapacità del nostro Paese di tutelare, conservare e valorizzare il sito che tutto il mondo ci invidia.

 

O forse dovremmo dire ci invidiava?

 

Per approfondire:

 

Rapporto Unesco (disponibile anche per il download)

 

Pompei, attenti alla black list Unesco

 

Crolli e degrado: il sopralluogo Unesco a Pompei (e il baratro del turismo in Campania)

 

Gli ultimi giorni di Pompei. Il sito nel mirino dell’Unesco

 

Dossier choc: domus a pezzi

 

 

OpenPompei: archeologia, trasparenza e legalità

Il preambolo

 

Con il crollo della Schola Armaturarum il 6 novembre del 2010 Pompei divenne l’emblema di un Paese allo sfascio e di una regione, la Campania, strangolata dalla Camorra.

Lo stato d’emergenza in cui versava e tuttora versa il sito archeologico, lo shock al seguito dei continui crolli e tutte le polemiche che ad essi si sono susseguite, hanno favorito la genesi del Grande Progetto Pompei, frutto della collaborazione tra Governo Italiano e Commissione Europea, presentato il 5 aprile 2012 e da subito operativo.

 

 

Il Progetto, finalizzato alla riqualificazione del sito archeologico di Pompei entro il 31 dicembre 2015, prevede una serie di interventi di restauro e potenziamento dei servizi, sotto la garanzia di un Protocollo di legalità.

 

 

Un momento importante del progetto è quello legato ai temi della trasparenza e della partecipazione, per garantire ai cittadini il controllo degli interventi e il rapido loro conseguimento:

– informare costantemente i cittadini sulla ratio della policy, sui processi amministrativi, sulla filiera delle imprese appaltatrici, sullo stato di avanzamento degli interventi e sui flussi finanziari relativi.

– recepire le segnalazioni e le proposte dei cittadini che vogliano dare così il loro contributo per lo sviluppo dell’area.

 

 

Open Pompei

 

È per concretizzare questi principi che nasce OpenPompei, progetto ideato da Studiare Sviluppo (società in-house del Ministero dell’Economia) e che vede Alberto Cottica come direttore operativo.

 

 

I suoi obiettivi principali sono chiari:

1. Promuovere la cultura della trasparenza delle amministrazioni pubbliche
2. Conoscere e capire il territorio campano
3. Valorizzare i nuovi protagonisti dello sviluppo in Campania

 

 

Open Pompei vuole essere un hackerspace, luogo in cui discutere ed elaborare strategie audaci e innovative, coinvolgendo, ad un tempo, Stato Italiano e innovatori sociali, attivisti, hackers, startuppers.

La sinergia degli attori digitali e dei cittadini deve servire a facilitare il monitoraggio dei dati, favorire il dibattito e suggerire miglioramenti, in un’ottica di partecipazione collettiva.

 

 

Imprescindibile diventa quindi l’uso degli Open Data, attraverso i quali rendere pubblici i dati su politiche amministrative, gare, appalti, servizi, forniture, flussi di denaro e stato dei lavori, cominciando da quelli della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei e del Grande Progetto Pompei.

 

 

Quale futuro

 

“Il sogno dietro OpenPompei è di costruire un’alleanza tra civic hackers, impresa sana e Stato, per tenere alta l’attenzione sulla spesa pubblica e combattere la corruzione… Visto che si fa spesa pubblica sulla cultura in Campania e la si protegge contro infiltrazioni criminali, vale la pena di fare un passo in più, e pubblicare i dati di spesa del Grande Progetto Pompei in formato aperto” (link al blog di Alberto Cottica)

 

Qui è disponibile un’intervista ad Alberto Cotttica sul progetto OpenPompei

 

 

Who’s who : Alberto Cottica è un economista esperto di politiche pubbliche collaborative e partecipazione online. Si impegna per rendere l’azione di governo più aperta e intelligente, utilizzando Internet per attingere all’intelligenza collettiva dei cittadini. Appassionato di matematica delle reti per imparare a progettare dinamiche sociali emergenti. È stato (anche) musicista rock, membro fondatore dei Modena City Rambles e dei Fiamma Fumana.