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Giano bifronte: #verybello e la comunicazione culturale made in Italy

Comunicazione culturale, comunicazione museale, comunicazione turistica, comunicazione istituzionale.

 

Lo abbiamo detto tante volte. La cultura va comunicata e va fatto seriamente e consapevolmente.

 

Eppure, non tutti l’hanno capito.

 

È sabato pomeriggio e STUMP! Arriva una sorpresa: www.verybello.it. Un nome, una garanzia.

 

Uno schiaffo in faccia a tutti quelli, e sono tanti, che da tempo sottolineano l’importanza di una strategia di comunicazione dei beni culturali (per esempio, ne abbiamo parlato diffusamente a Paestum durante la Borsa Internazionale del Turismo Archeologico: qui i video dell’incontro degli archeoblogger che parlano di comunicazione in archeologia).

 

Le porte del tempio di Giano si sono spalancate di nuovo.

 

La nuova faccia della bellicosa divinità bifronte, dall’alto di #Expo2015, ci ricorda quanta strada ci sia ancora da fare nel nostro Paese.

 

O meglio, in alcune realtà del nostro Paese: perché in molte altre la comunicazione museale e culturale funziona. Eccome.

 

Funziona e cresce, grazie al lavoro per lo più volontario di professionisti inquadrati nell’organico con altre mansioni nei non molto reconditi meandri del MiBACT. Facciamo i nomi?

 

Sì, facciamoli.

 

I Musei Archeologici Fiorentini, le Soprintendenze per i Beni Archeologici di Liguria e Toscana, lo scavo della Terramara di Pilastri, tra molti altri.

 

Funziona e cresce nelle università, come anche grazie all’impegno e alla cura delle associazioni e o per merito di private iniziative: si vedano, ad esempio, il sito dello scavo di Vignale, l’attività dell’Associazione Piccoli Musei, #svegliamuseo.

 

La comunicazione della cultura ha già raggiunto livelli degni degli standard mondiali più alti in alcuni casi, pensiamo ai musei torinesi ed in particolare al museo Egizio. Descrivere la qualità, la diversificazione e la fantasia delle attività di una struttura, che tra l’altro è in corso di ristrutturazione, risulterebbe di certo riduttivo, quindi vi invitiamo a visitare il sito www.museoegizio.it e vedrete come quest’istituzione, affidata alle cure del Direttore Christian Greco, non solo comunica, ma è anche capace di raccontarsi. Hanno persino promosso la campagna #egizio2015 che lancia la riapertura dopo un corposo “restyling” e riesce in pieno negli obbiettivi di incuriosire ed attrarre.

 

Insomma, quando vogliamo, in piccolo o in grande, quasi “aggratis” o con ampi finanziamenti, produciamo ottime campagne di comunicazione.

 

Ma certe volte…

 

Certe volte escono cose come Very Bello, che sembrerebbe una battuta di un vecchio film di Verdone o l’inglese arrancante e un po’ comico di Fantozzi, e invece è il titolo di un portale del MiBACT che ben due ministri hanno presentato sabato in pompa magna a tutta la stampa: “VeryBello! Tutta la ricchezza dell’offerta culturale italiana da maggio a ottobre 2015.”

 

Ma, ahinoi, il nome è solo l’inizio.

 

Lo facciamo un attimo il punto su questo portale, nato come aggregatore di eventi culturali in giro per l’Italia per la durata di Expo2015?

 

•   Al lancio l’immagine di copertina comprendeva Francia meridionale e stati dell’ex Jugoslavia, ma non parte della Calabria e la Sicilia. Da ieri è cambiata e ci sono anche Calabria e Sicilia. Mmm… grazie?

•   Il sito è lento, si blocca spesso e non funziona o non funziona bene da smartphone, almeno alle sottoscritte.

•   È solo in italiano, cosa quanto meno bislacca visto che il sito dovrebbe servire a promuovere la cultura italiana in vista dell’Expo2015, evento internazionale. L’inglese, pare, is coming soon (Nel frattempo potete dare un’occhiata a questo link). Sabato leggevamo di almeno altre 7 lingue, che saranno disponibili da febbraio. Sarà vero?

 

Andiamo ai contenuti.

 

Il sito è un aggregatore, dicevamo. Come avvenga l’aggregazione dei contenuti non si capisce. C’è chi si spulcia internet e carica i contenuti di volta in volta? Su segnalazione? Ci saranno tutti gli eventi? O forse c’è un sistema di raccolta automatica? (Ok, questa forse è fantascienza).

 

•   Gli eventi sono divisi in categorie che è possibile selezionare da un menù a scaletta. Però è difficile trovare una logica a queste categorie. Per esempio, perché il jazz non sta nella categoria musica e concerti? E perché l’opera è divisa dal teatro? La categoria bambini riunisce un po’ di tutto, da contenuti effettivamente dedicati ai più piccoli, agli acquari e bioparchi, ad eventi legati al cibo.

•   Essendo una lista di “eventi” non esiste una categoria musei o aree archeologiche, il che vuol dire, quindi, che le aree archeologiche sono escluse dalla lista dell’offerta culturale italiana nell’anno dell’Expo2015 a meno che non ospitino una mostra o un festival? Se non fai un evento non fai cultura?

•   Si può effettuare una ricerca per luogo: nella barra in alto si inserisce il nome di una città (o provincia) ed ecco la lista degli eventi, ma attenzione: non esiste la possibilità di fare una ricerca per regione, cosa utile visto che magari uno straniero, già che c’è in Italia, visita più città, o si sposta sul territorio (ma tanto la lingua è l’italiano, quindi al momento il problema non si pone, no?)

•   E a proposito di ricerca per luogo, non posso farne due di seguito senza passare dal via, ovvero, se consulto gli eventi di Lecce e poi voglio vedere quelli di Taranto (perché non posso cercare quelli di tutta la Puglia, vedi sopra), devo prima tornare in homepage e poi inserire la nuova città.

•   Se usate la ricerca per luogo, state attenti: si tratta di una ricerca per parola nuda e cruda, e non, ad esempio per tag o su base geografica, per cui, ad esempio, se volete sapere che fanno in ad Asti nel corso dell’anno avrete tra i risultati anche la Mostra storica per i 70 anni dalla Liberazione al Museo del Territorio Biellese, nel Chiostro di San SebASTIano, a Biella. Vabbè, direte, in fondo sempre in Piemonte stiamo.

•   A meno che, ovviamente, la mappa di Google Maps che sta accanto ad ogni evento non rimandi al continente sbagliato, come accade appunto ad Asti, che almeno in un caso è collocato in India (rimando ad Ashti Nagar, be’ dai, era facile sbagliarsi, più o meno).

 

Cosa c’è nelle schede dei singoli eventi?

 

Poco, pochissimo.

 

Il nome dell’iniziativa, il luogo, la mappa di Google di cui dicevamo, una sagomina dell’Italia, ma grigia, che dovessimo fare che coloriamo la regione di pertinenza dell’evento. Diventa tutto troppo user-friendly.

 

Non c’è un recapito telefonico, ma solo il rinvio alle pagine web ufficiali degli eventi.

 

E i contenuti? Copincollati, ovviamente, perché non è che ci sforziamo di scrivere ex-novo (Alex D’Amore, qui, porta un esempio che fa riflettere).

 

Ci sono poi i button dei social network (Facebook e Twitter, non esageriamo) che però non rimandano agli account ufficiali degli eventi (che magari, lo concediamo, non esistono), ma ti consentono di pubblicare sui tuoi profili social il link all’evento sul sito, il che, sarà ottimo per pubblicizzare gli eventi stessi, ma è di poca utilità a chi cerca di reperire informazioni.

 

Ci sarebbe altro da dire, ma francamente, non ne abbiamo voglia. Altri, più bravi di noi, stanno trovando ulteriori problemi, dalla navigabilità, alle foto sbagliate, al server usato, al fatto che un sito che dovrebbe attirare grandi volumi di traffico non ha retto il colpo nelle prime ore dalla messa online (alcuni link di approfondimento in fondo al post).

 

Tante cose saranno pian piano sistemate e sostituite (si spera) come è stato per l’immagine iniziale, ma quello che emerge è che il sito è una versione poco più che beta, perfezionabile, non finita.

 

E allora che senso ha lanciare una cosa non finita? Perché non aspettare di controllare tutto per bene, di inserire almeno l’inglese, di evitare certi errori quanto meno imbarazzanti?

 

E chi è il genio che ha partorito questo nome allucinante? E chi è il genio che ha detto ‘ok’?

 

Ecco, allora cerchiamo di capire, che cos’è la comunicazione culturale in Italia.
Giano dicevamo, perché è così. Qui da noi ha due facce.

 

Da un lato il colorato laboratorio pieno di iniziative, alcune migliori di altre, ma sicuramente vivo, autocritico e pieno di idee. Una fucina da cui iniziano, anche in ambito archeologico, ad uscire prodotti di pregio, come succede al Museo Egizio di Torino.

 

L’altra faccia del bellicoso Giano, invece, è una polverosa Wunderkammer dove si aggirano direttori, ministri e personalità di vario genere che magnificano contenuti che non sembrano capire, anzi, contenuti che certe volte, a dirla tutta, non ci sono.

 

Capiamolo, per favore, una volta per tutta, signori politici e dirigenti e ministri di casa nostra.

 

Le politiche culturali vanno prese sul serio.

 

La valorizzazione non è un “di più”, ma un bisogno strutturale di questo Paese.

 

E ribadiamo, anche, che non è vero che le forze per cambiare marcia vanno prese solo all’estero, perché le capacità, le buone pratiche e le energie ci sono. Basta mettersi in testa che la cultura non è un passatempo per signori e signore annoiate, guardarsi intorno e confrontarsi con chi, forse, ne capisce un po’ di più.

 

 

Domenica Pate (@domenica_pate)

Paola Romi (@OpusPaulicium)

 

 [articolo finito di editare alle ore 23.00 del 25 gennaio 2015]

 

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Per saperne di più:

 

VeryBello, come trasformare una disfatta in opportunità

#VeryBello: le mie considerazioni tecniche

Ci vorrebbe il napalm

verybello.it: presto e bene non vanno insieme