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Da #no18maggio a #FreeArchaeology (dal blog di Alessandro D’Amore)

Vi presentiamo con piacere l’ultimo post di Alessandro D’Amore sul suo blog “Le parole in archeologia“, interessante intervista che parla di precariato, lavoro culturale, crisi e comunicazione. E stavolta @Alex_OLove ci porta in Gran Bretagna, incontrando Sam Hardy di (Un)Free Archaeology.

 

Qui il link al post e di seguito un assaggio dell’intervista:

 

Ciao Sam e grazie mille per aver accettato di fare questa chiacchierata. Sono molto contento di questa opportunità.

Ciao Alessandro, grazie a te per quest’intervista. Noi attivisti (anti)#freearchaeology siamo d’accordo con voi attivisti di #no18maggio sulla necessità di costruire una consapevolezza ed una solidarietà internazionale per portare avanti le nostre battaglie, perciò quest’occasione è ottima per tutti noi.

 

 

Sono passati quasi sette mesi da #no18maggio e sebbene in Italia la questione non sia stata più trattata dal Mibact, oltremanica la nostra protesta/proposta ha attirato l’attenzione.

 

Ci siamo tutti resi conto, in modo forse traumatico, che le grandi problematiche della nostra professione sono ben lungi da essere solo italiane, o solo British. La crisi è ovunque e di conseguenza (di conseguenza?) il settore culturale soffre. Ecco questa frase forse è più consona alla patria di Sam perché da noi soffriva anche prima. Eccome.

 

L’intervista di Alessandro ci offre lo spunto per riflettere nuovamente sul lavoro culturale: quali sono i reali problemi di chi lavora per e nella cultura? Si possono ricondurre alla più generale precarizzazione del lavoro? Una volta che la nostra professione sarà finalmente definita ed inserita nel quadro normativo, quali problemi persisteranno?

 

 

Domande in un certo senso inquietanti, ma siamo convinte che solo provando ad immaginare una risposta sarà possibile affrontare i nodi ancora irrisolti della nostra professione.

 

Voi come la pensate?