Dal non lavoro al volontariato: cronache di una schiavitù
Il post su facebook, corredato di foto, dice più o meno così: Organizzazioni di volontariato per la Notte dei Musei 2013. Per maggiori dettagli potete chiamare al numero di tel. 06 67232197/2277.
I commenti al post sono di tutt’altro tenore. Arrabbiati più che stupiti.
Perchè quello che è rimasto a noi operatori dei beni culturali è rabbia, frustrazione. Lo stupore non ci riguarda più. Abbiamo visto passare troppa acqua sotto i ponti, tagli indefessi al settore della cultura, crolli a Pompei, disoccupazione cronica e lavoro (?) sottopagato.
Ecco perchè la meraviglia non ci appartiene.
Archeologi, storici dell’arte, museologi: professionalità formate in anni di università, di scuole di specializzazione, di master e di esperienza sul campo. Molti di noi sono costretti al abbandonare il sogno di dare un contributo al risveglio culturale del Paese, altri restano a casa in attesa della telefonata che ti farà lavorare per 15 giorni, 1 mese, in condizioni più che precarie e altri, i più “fortunati” magari lavorano in qualche istituzione museale come custodi con contratti rinnovabili ogni 3 mesi.
Di fronte ad un panorama così sconfortante, ad una generazione buttata via senza troppe storie, l’annuncio del Mibac suona come una sfida lanciata alla nostra capacità di sopportare tutto.
Non basta essere sfruttati o disoccupati, no. La nostra professionalità può essere barattata anche con il volontariato. Non sto qui a ricordare l’importanza sociale dei volontari nella vita della collettività, l’hanno fatto già in tanti e sembrerebbe una precisazione superflua, atta solo ad addolcire una pillola che sta diventando sempre più difficile ingoiare.
No, il problema è un altro. Siamo stanchi di veder svilire la nostra professionalità e dignità.
E poi il mezzo utilizzato: facebook. Perchè? Perchè trasformare uno strumento di condivisione e socialità in un mezzo per acuire la nostra disperazione. Perchè la trasparenza delle gare di appalto, degli incarichi o delle retribuzioni della pubblica amministrazione non sono (quasi) mai facilmente accessibili, e invece la ricerca di volontari si fa più comodamente online?
Bisogna tenere il punto, non cadere nella trappola di chi dice: si vabbè, quante storie, è solo per una notte, si apre ai volontari e alle associazioni per l’organizzazione degli eventi, il personale del Mibac non sarebbe sufficiente. No, basta.
Si potrà aprire al volontariato solo quando la professionalità di chi opera nel settore culturale sarà riconosciuta tramite un sistema di tutele. Si è passati rapidamente negli ultimi 15 anni da: archeologi qualificati ben retribuiti ad archeologi carne da macello costretti a lavorare a tariffe da mercato cinese. Ecco, ora manca soltanto che prestiamo servizio gratuitamente e possiamo anche dire addio all’archeologia come lavoro.
La cultura dovrebbe portare valore aggiunto, anche in termini di ricaduta economica, oltre che sociale. Se si affrontasse la questione globalmente si potrebbero trovare i mezzi per dare lavoro ad un’intera generazione di storici dell’arte e archeologi.
Temo invece che la conservazione dello status quo faccia comodo, come al solito, alle istituzioni che traggono beneficio dalla subalternità di chi non vede la costruzione di un futuro possibile come valida alternativa all’adagiarsi pedissequamente ai diktat di un sistema che non funziona.
Non funziona, capito?
Per approfondire il dibattito scatenato dalla vicenda del volontariato durante la Notte dei Musei del 18 maggio, si vedano gli articoli qui e qui e la nota della Confederazione Italiana Archeologi
Edit, 10 maggio 2013: la replica di Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario MIBAC, al dibattito sui volontari alla Notte dei Musei.