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Riposseduta, o delle molteplici anime dei nuovi vertici MIBAC (e non solo) ~ di Paola Romi

Un fantasma si aggira per l’Europa… No, quella era un’altra storia, anche se di questi tempi sarebbe comunque molto pertinente.

 

Torniamo in Italia. Selezioniamo l’area metropolitana di Roma. Infine facciamo uno zoom sulla sede del MIBAC. Stop, ci siamo.

 

Sono passati alcuni mesi dall’inizio della legislatura e, strano a dirsi, i nuovi vertici del Ministero negli ultimi anni tra i più programmaticamente latitanti hanno insperatamente parlato abbastanza e fatto discutere ancor di più.

 

Due personaggi di primo piano in questo spettacolo tutto italiano:

 

Lui, il Ministro Massimo Bray, protagonista legittimo. Lei, Ilaria Borletti Buitoni, Sottosegretario nonché coprotagonista suo malgrado. Entrambi accompagnati, come di consueto, dalle chiose del Coro composto perlopiù dai Professionisti della cultura, ma anche da volenterosi cittadini dediti ad altre attività (N.d.a.  Al secondo personaggio, per ovvi motivi di semplificazione onomastica, d’ora in avanti si farà riferimento con l’appellativo BB).

 

Ma veniamo alla trama: dopo un primo breve momento di incredulità generale (Bray? Chi è costui?) e forse di spaesamento personale, il neoMinistro ingrana la quarta. Inizia con una visita a sorpresa a Pompei e, come il turista medio, rimane vittima dei mezzi pubblici italiani guadagnando così la simpatia di molti. Poi rilancia e presenta un dettagliato documento programmatico sulle future attività del MIBAC. Qualche ombra c’è, come il controverso riferimento a privatizzazioni e volontari, ma il Coro apprezza molto che si sia esposto. L’aspetto caratterizzante delle sue proposte sembra subito essere la promozione della cultura mediante i Social media e, coerentemente con questa proposta, Bray continua a cinguettare dal suo vecchio account Twitter. Non pago dei pareri che chiede in questo modo, apre una pagina su Facebook in cui, oltre a documentare le sue attività, raccoglie anche critiche ed opinioni. Bray insomma sembra aver sposato le cause dell’innovazione, della condivisione e della trasparenza.

 

Negli stessi mesi BB, già in passato fortemente impegnata nel FAI, punta nelle sue dichiarazioni su due temi diversi: concessione della gestione dei BBCC ai privati nonché impiego necessario e massiccio dei volontari. È granitica in questo. Nonostante sin dalla difesa della richiesta di volontari per La Notte dei Musei abbia sollevato, prima sul web e poi sui media tradizionali, una levata di scudi inconsuetamente trasversale, lei, anche in queste settimane, persevera nel “suggerire” l’utilizzo di personale non retribuito. Sulla gestione ai privati la questione è più complessa, il dissenso si fonda soprattutto sui modi e sui tempi, non sulla questione tout-court.

 

Ad onor del vero Bray, del resto, le amate tematiche di BB, nel documento programmatico le aveva inserite.

 

Quale è dunque l’anima vera di questa nuova gestione MIBAC? Quella MediaFriendly, low profile e collaborativa del volenteroso Ministro 2.0 o quella più elitaria e decisionista, che strizza l’occhio ad una gestione privatistica del Patrimonio Culturale, senza tenere conto delle possibili ricadute delle proprie idee su categorie di professionisti già tanto vessati?

 

Negli stessi mesi peraltro, con l’avanzare dell’iter del disegno di legge che introduce finalmente archeologi (e non solo), nel Codice dei Beni Culturali, con l’audizione dei rappresentanti delle Associazioni professionali alla Camera, anche il potere legislativo sembrava adeguarsi alla ventata di rinnovamento che si intuiva dietro le iniziative del Ministro Social.

 

Il Coro si era quindi convinto che il l’idea di un Patrimonio Culturale aperto e produttivo, senza penalizzare i suoi professionisti, nonché una gestione MIBAC 2.0 fossero possibili, addirittura vicini. Ma, immediato, a far di nuovo sorgere il dubbio su quali e quante siano le anime che permeano attualmente chi, a vario titolo, è chiamato a decidere del futuro dei BBCC (e anche del nostro), è giunto l’articolo di Luca Corsato.

 

Dopo il gran lavoro fatto, quando la necessità della condivisione e della pubblicità dei dati sembrava una cosa assodata, un colpo di spugna ha cancellato la questione OpenData dalle proposte di emendamento al Codice dei Beni Culturali.

 

A questo punto noi, come probabilmente il resto del Coro, ci chiediamo, rivolgendoci alla politica oltre che ai vertici MIBAC, non quale sia la vera anima del nuovo Ministero, ma, di tutto quello che è stato detto e fatto negli ultimi mesi, cosa sia facciata e cosa sia sostanza. E non di sostanza dei sogni parliamo, ma di interventi concreti.

 

Risposte?

 

Paola Romi (@opuspaulicium)

 

Immagine: disegno e colori (Davide Arnesano); soggetto (Antonia Falcone)