Qualcuno volò sul nido del cuculo (storie di droni e di archeologi)
Strano paese l’Italia. Strano davvero.
Ricco, ricchissimo di storia, arte e cultura.
Sin dal 1939, o anche prima a ben vedere, patria di una legislazione per la tutela dei Beni Culturali severa e all’avanguardia.
Nazione in cui nel 2004 si scrive un Codice dei Beni Culturali in cui non figurano figure fondamentali, e non proprio nuove, come l’archeologo, che a tutt’oggi, Maggio 2014, non sono ancora debitamente riconosciute.
Paese di gente sveglia e creativa, che, tra i primi in Europa, ha reso obbligatorio un patentino e un’assicurazione per chi voglia far volare un drone.
Siete avvisati, da domani potrebbe accadere che un qualsiasi archeologo competente, titolato e con esperienza possa essere multato, magari anche da un semplice vigile, perché in aperta campagna, o in città, starà usando un drone per fare foto zenitali del proprio o altrui scavo.
Ma, e qui casca l’asino e pure il “mini-velivolo”, se un qualsiasi cittadino privo di requisiti, starà esercitando la professione di archeologo nessuno lo sanzionerà.
Sto esagerando lo so, ma questo è un paese strano.
E per ricordarcelo a volte bisogna esagerare.
Paola Romi (@OpusPaulicium)
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