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Dies Natalis #6 – Ranuccio Bianchi Bandinelli (19 febbraio 1900 – 17 gennaio 1975)

Oggi torniamo con la rubrica di Professione Archeologo sui grandi dell’archeologia per ricordare la nascita di un gigante del settore: Ranuccio Bianchi Bandinelli.

 

 

Nato a Siena da famiglia nobile il 19 febbraio 1900, Bianchi Bandinelli scoprì l’interesse per la cultura figurativa antica al liceo e formalizzò i suoi studi presso l’università di Roma, dove conseguì la laurea in antichità italiche nel 1923. La sua carriera di docente universitario iniziò a Cagliari nel 1929, presso cui insegnò archeologia e storia dell’arte greca e romana. Dopo le docenze a Groninga e Pisa e il rifiuto della direzione della Scuola Archeologica Italiana di Atene, arrivò all’università di Firenze nel 1938.

 

 

Gli anni che seguirono furono fondamentali per l’esperienza politica, intellettuale e umana di Bianchi Bandinelli. Egli si distaccò progressivamente dei retaggi della formazione crociana, manifestando una più decisa opposizione al fascismo e avvicinandosi alle ideologie marxiste. In contrapposizione alla neonata Repubblica di Salò, aderì al Comitato Toscano di Liberazione Nazionale e si dimise dall’Università. Dopo l’arresto da parte dei fascisti nel 1944, si iscrisse al Partito Comunista Italiano, nel quale militò sino alla morte ricoprendo un ruolo di prim’ordine.

 

 

Reintegrato all’università di Firenze nel novembre 1944, Bianchi Bandinelli accettò l’incarico amministrativo di Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti nel 1945, con l’obbiettivo di ricostruire i monumenti distrutti dalla guerra e recuperare le opere d’arte trafugate. Purtroppo, trovatosi di fronte a indifferenza e ostacoli, dopo soli due anni abbandonò la direzione. Rientrato nuovamente nelle università di Cagliari, Firenze e infine Roma, lasciò anticipatamente la docenza nel novembre del 1964, in aperta polemica e a denuncia delle condizioni dell’università italiana.

 

 

Dopo il ritiro vennero pubblicate due opere che ancora oggi, giustamente, sono il punto di riferimento per tutti gli studenti di archeologia e storia dell’arte romana: “L’arte romana al centro del potere (1969)” e “La fine dell’arte antica (1970)”. In esse giungono a maturazione il sentito storicismo e la stretta lettura formale dello studioso, che spiega l’arte romana quale frutto della sinergia di poli contrapposti: “forma greca ed esigenze espressive “nazionali”… arte del centro, realizzata per la classe dominante centrale con il proprio vertice nell’imperatore, e arte della periferia, quella cioè dei subalterni dell’Italia dei municipi delle province (Torelli 2008)”.

 

 

Bianchi Bandinelli continuò a dedicarsi ad attività di studio e ricerca, impegno civile e opera di divulgazione, difesa e promozione del nostro patrimonio storico-artistico sino alla morte, sopraggiunta a Roma il 17 gennaio 1975.

 

 

Nel parlare di un grande studioso come Ranuccio Bianchi Bandinelli c’è sempre il rischio di scadere nel riduttivismo o nella retorica, in banale reazionismo o acritica ammirazione. Tuttavia, come più volte ripetuto, non abbiamo altro scopo se non quello di tratteggiare sinteticamente le vite e le opere dei padri dell’archeologia, sperando di incuriosirvi e invitandovi ad approfondire autonomamente la vita, le opere e il pensiero di questi personaggi.

 

 

Per saperne di più su Ranuccio Bianchi Bandinelli e le sue opere potete consultare i seguenti link:

 

 

Biografia e bibliografia (aggiornata al 1988) su R.B.B.:
http://www.treccani.it/enciclopedia/ranuccio-bianchi-bandinelli_(Dizionario-Biografico)/

 

Pagina dell’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli con articolo di C.G. Argan in ricordo dello studioso:
http://www.bianchibandinelli.it/associazione/ranuccio-bianchi-bandinelli/

 

R.B.B. parla della Colonna Traiana:
http://www.youtube.com/watch?v=eQKOsAd0gUM&feature=youtu.be

 

Fotogallery de L’Unità su R.B.B.:
http://archiviofoto.unita.it/index.php?f2=recordid&cod=1716&codset=BIO&pagina=304

 

 

P.S. Non ce ne vogliano gli amici e gli ammiratori di Bianchi Bandinelli se, nel nostro piccolo omaggio-ritratto, abbiamo voluto rappresentarlo come testa marmorea, a cavallo tra ritratto tardo-repubblicano e augusteo, un po’ alla Pompeo Magno di Copenhagen

Dies Natalis #5 – Lewis Roberts Binford (21 novembre 1931 – 11 aprile 2011)

Anche questo mese torna #DiesNatalis la rubrica di Professione Archeologo sulle personalità che hanno scritto le regole della nostra disciplina. Oggi vogliamo presentarvi uno degli archeologi più importanti del XX sec., che con le sue teorie ha imposto un nuovo corso nella storia degli studi: lo statunitense Lewis Roberts Binford.

 

Nato a Norfolk, US-VA, studente di biologia della fauna selvatica al Virginia Tech, Binford si appassionò all’antropologia e all’archeologia sotto le armi. Congedato, egli riprese gli studi e conseguì un PhD alla University of Michigan con una tesi sui nativi ed i primi coloni della Virginia.

Successivamente ricoprì il ruolo di associate professor presso la University of Chicago, dove insegnò Archeologia del Nuovo Mondo e metodi statistici e sviluppò un nuovo approccio alla ricerca archeologica, illustrato nel fondamentale articolo “Archaeology as Anthropology” (1962) e nella raccolta “New Perspectives in Archaeology” (1968).

 

Questo approccio fu definito “New Archaeology”, tanto dagli ironici detrattori quanto dalla schiera di sostenitori, che contribuirono in breve tempo a definire e articolare il nuovo corso. Come acutamente sintetizzato da C. Renfrew e P. Bahn nel manuale “Archaeology: Theories, Methods and Practice” (1991), la Nuova Archeologia si distinse dall’archeologia tradizionale per sette principi basilari:
1. il passato deve essere spiegato e non semplicemente ricostruito;

 

2. bisogna pensare in termini di processo culturale, cioè capire i modi in cui i avvengono i mutamenti;

 

3. si devono formulare ipotesi e costruire modelli, deducendo le conclusioni;

 

4. le ipotesi devono essere verificate;

 

5. la ricerca archeologica deve essere pianificata per fornire specifiche risposte a specifiche domande, non raccogliere dati indistintamente;

 

6. l’approccio quantitativo è preferibile ad uno qualitativo;

 

7. approccio ottimistico alla risoluzione delle problematiche archeologiche.

 

Abbandonato il dibattito teorico, si dedicò allo studio del Musteriano, dell’industria litica del Medio Paleolitico d’Europa, Nord Africa e Medio Oriente e, dal 1969, alla ricerca etnografica sui Nunamiut d’Alaska con la University of New Mexico.

 

Binford concluse la sua carriera nella Southern Methodist University e morì all’età di 79 anni, l’11 aprile 2011 a Kirksville, US-MO.