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Locandina Rassegna

Cinema e Archeologia: un binomio che torna a Licodia Eubea

Finita una Rassegna ne inizia un’altra: da nord a sud la penisola è punteggiata di eventi legati al cinema archeologico, ed ecco quindi che a poche settimane dalla Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto  ci ritroviamo ad essere media partner della giovane Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica che si svolgerà quest’anno dal 28 al 30 ottobre a Licodia Eubea, in provincia di Catania.

Già nel titolo le premesse sono chiare: non solo film nel senso cinematografico del termine, ma anche e soprattutto comunicazione, con incontri, interviste e laboratori, perché la ricerca va raccontata e condivisa, con le sue nuove scoperte, le affascinanti ipotesi interpretative, le esperienze inedite dell’antico, insomma tutto quello che ci avvicina al passato.

Giunta alla sua VI edizione, la Rassegna riesce ad attirare nel piccolo paese catanese appassionati, addetti ai lavori e spettatori, trasformando per qualche giorno Licodia Eubea, un po’ come accade a Melpignano in occasione della Notte della Taranta, in un luogo di incontro e di scambio culturale. Ad ospitare l’evento sarà la suggestiva location dell’ex chiesa di San Benedetto e Santa Chiara nel cuore del borgo licodiano.

Quanto al programma, i film selezionati, promettono gli organizzatori, “offrono al pubblico una panoramica di luoghi affascinanti sparsi nel mondo, in cui la mano dell’uomo e quella della natura si stringono in rapporti unici e irripetibili”, facendolo viaggiare virtualmente dall’Africa, con Cirene e Bilad Chinquit, al Pakistan con il sito di Mohenjo-daro, fino all’Etruria con Vetulonia, per finire con la stessa Sicilia, con documentari dedicati a Ispica, Lipari, Selinunte e Catania. Spazio anche all’animazione e all’archeologia sperimentale per grandi e piccini.

E dulcis in fundo, visto che quando si parla di Sicilia, si parla anche di buon cibo, tra un film e un’escursione sarà anche possibile deliziarsi con aperitivi da gustare all’interno del Museo civico “Antonino Di Vita”, con visita guidata annessa.

Nata come una scommessa, grazie all’energia e all’intraprendenza dell’Archeoclub di Licodia Eubea e della Fine Art Produzioni srl che riunisce video maker, archeologi e tecnici video, La Rassegna si avvale della collaborazione della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università degli studi di Catania, con il sostegno della Direzione Generale Cinema del Mibact e del Comune di Licodia Eubea e il patrocinio della Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto.

Insomma, un insieme di realtà, piccole e grandi, che concorrono tutte alla promozione del documentario archeologico in una terra che di archeologia è ricchissima.

Con queste premesse non potevamo non aderire con entusiasmo all’invito di diventare media partner della Rassegna, insieme ad Archeopop.

Se siete in zona, fate un salto a Licodia e raccontateci sui social la vostra esperienza! E se volete inviarci un report da pubblicare sul blog scriveteci a info@professionearcheologo.it.

Trovate la Rassegna su Facebook e Twitter, mentre qui potete vedere il trailer.

I nostri account, invece, li conoscete già 😉

@antoniafalcone

@domenica_pate

Smart 4 Culture

Strategie, conoscenza e creatività: le parole chiave del nostro #TFA2016

Quando abbiamo lanciato Professione Archeologo nel lontano 2013, uno dei nostri obbiettivi era quello di contribuire alla costruzione di un racconto diverso dell’archeologia, meno cattedratico e accademico e, se vogliamo, più  inclusivo e coinvolgente. I social media, eravamo convinte, avevano grandi potenzialità in tal senso.

Sono trascorsi tre anni e mezzo da allora e quella convinzione si è solo rafforzata, ha acquistato senso con le tante esperienze sul campo e con lo studio. Per noi, oggi, i social media non sono solo una potenzialità, il futuro della comunicazione dell’archeologia, sono il presente, un presente che, per giunta, è in continua evoluzione.

È con questa convinzione che abbiamo preso parte al Forum TECHNOLOGYforALL, che si è tenuto dal 4 al 6 ottobre scorsi a Roma. Organizzato da mediaGEO, società editrice della rivista Archeomatica, e giunto ormai alla sua terza edizione, TECHNOLOGYforALL ha portato in scena le ultime novità nel campo della tecnologia applicata ai beni culturali, ma ha dato anche spazio alle più recenti pratiche della comunicazione per la cultura e ai più aggiornati strumenti di analisi al servizio dei beni culturali e del turismo. Un importante momento formativo, oltre che un’occasione di incontro e scambio, alla quale anche noi di Professione Archeologo abbiamo partecipato volentieri, con un workshop organizzato insieme ad Archeopop.

Smart 4 Culture: esperimenti di valorizzazione e marketing dei territori e del patrimonio culturale attraverso app e social media ha rappresentato anche la possibilità per ragionare su quello che con i social si può raccontare e soprattutto sul come farlo, perché alla fine la differenza sta tutta qui, nel modo in cui gli strumenti a nostra disposizione vengono utilizzati. Come è nostra abitudine, abbiamo cercato di dare spunti quanto più possibile pratici ed è stato bello vedere il grande coinvolgimento del pubblico (attentissimo!) in sala.

Sono passati alcuni giorni dal workshop, e abbiamo pensato che fosse il momento di fare un riassunto di quello che è stato detto e di condividerlo con voi. Le slide degli interventi sono disponibili sul nostro profilo di Slideshare, mentre le registrazioni video del workshop dovrebbero essere online a breve. Vi terremo aggiornati.

Di seguito, invece, molto brevemente, quello che di cui abbiamo parlato, raccontato per parole chiave.

La prima parola chiave è, naturalmente, “Strategie”.

Una strategia non può prescindere da tre elementi chiave: protagonisti, strumenti e obiettivi. E quando si parla di community building, cioè della capacità di costruire comunità, diventa ancora più essenziale il momento della pianificazione. Come riassume egregiamente Nina Simon, Executive  Director del Santa Cruz Museum of Art & History, “la comunità non è un’astrazione, ma piuttosto è un gruppo di persone connesse da qualcosa che condividono”. E se questo qualcosa è il nostro patrimonio culturale o le eccellenze territoriali, ecco che essere in grado di costruire e gestire community può diventare un tassello per la definizione di identità e per la valorizzazione dei luoghi. Abbiamo quindi esaminato, nell’intervento di Antonia Falcone dal titolo “Strategie di community building per la promozione del patrimonio culturale: protagonisti, strumenti e obiettivi” come sfruttare la naturale propensione del web nel creare relazioni per strutturarle e finalizzarle nel passaggio dal virtuale al reale. Esempi virtuosi ce ne sono: basti pensare a Invasioni Digitali, agli Instagramers o ai Blogger, collettori di esperienze e di comunità che fanno dell’incontro dal vivo il momento ultimo del dialogo online.

Se mettere in campo strategie di crescita e darsi degli obbiettivi è importante per impostare una presenza social coerente e coinvolgente, è anche vero che è necessario conoscere bene gli strumenti che andiamo ad utilizzare.

La nostra seconda parola chiave quindi è “Conoscenza”.

Sapere è potere, diceva quello e l’intervento di Astrid D’Eredità di Archeopop, ha dimostrato come questo sia vero anche per i social network. “Da Instagram a Snapchat: soluzioni per la valorizzazione del patrimonio per turisti, visitatori e cittadini” è stata una vera e propria lezione pratica su come usare quelle che sono forse le due app del momento. Quali sono le loro caratteristiche? Ci sono punti comuni? Quali le differenze più significative? Queste e altre le domande a cui ha dato risposta questo secondo intervento, che ha messo in luce, tra l’altro, i risvolti più interessanti, dal punto di vista della promozione culturale, di alcune delle features delle due app. Da un lato, per esempio, c’è la grande capacità di Instagram di rendere facilmente rintracciabili i contenuti attraverso gli hashtag, cosa che favorisce il formarsi di comunità intorno ad interessi specifici. Basta pensare alle tante iniziative organizzate dalle diverse community di Igers in tutt’Italia per rendersi conto quanto questi “interessi specifici” possano diventare, nel concreto, luoghi e territori da valorizzare. Dall’altro lato, invece, c’è la naturale propensione di Snapchat per lo storytelling, anche quello dal tono più scanzonato e divertente, grazie ai filtri sempre diversi, così come le grandi potenzialità offerte dai geofiltri in termini di branding dei territori, entrambi più che rilevanti in ambito culturale e turistico.

Obbiettivi, strategie e conoscenza non bastano però se non si presta attenzione al racconto, se non si lavora alla costruzione di una presenza social che sia più di una carrellata di foto dell’ultima Domenica al Museo.

Ecco quindi che la nostra terza parola chiave è “Creatività”.

“Dal Digital Storytelling ai fumetti passando per i Pokémon: come cambia la promozione della cultura al tempo dei Social Media”, a cura di Domenica Pate, che si è concentrato proprio sulla necessità di costruire un racconto complesso del nostro patrimonio culturale. Ogni singola opera nei nostri musei, ogni reperto rinvenuto nei nostri scavi, ogni paesaggio, ogni palazzo delle nostre città, infatti, porta con sé una storia, un’eredità di eventi ed esistenze del passato, di ambizioni, di necessità, di conoscenze. Raccontare queste storie è di vitale importanza per restituire a quegli oggetti e luoghi, alle vite del passato, la loro dignità. È anche un modo che per creare un legame con chi li osserva nel presente, che lo faccia dal vivo o da dietro lo schermo di un pc. Non bisogna sottovalutare, quindi, l’importanza di fornire un contesto, di spendere alcune righe per spiegare il come e il perché, di dare dettagli, anche apparentemente insignificanti, ma che contribuiscano, nell’insieme, a tracciare le linee di un racconto che le persone possano leggere e vedere, sul quale possano interrogarsi e che li spinga, magari, a varcare le porte del museo, prendere lo smartphone e scattare un selfie. Come a dire “faccio parte di questa storia anch’io”.

 

@domenica_pate

@antoniafalcone

Venere Medici alla Galleria degli Uffizi #uffiziarcheologia

#UffiziArcheologia. Diventare trending topic con la cultura si può

Andare agli Uffizi come archeoblogger per scoprire la collezione di antichità della più importante galleria d’arte rinascimentale del nostro Paese si può fare.

 

Anzi l’abbiamo fatto.

 

Il 21 settembre.

 

E visto che siamo nel 2015, cioè nel futuro se diamo retta a Doc e Marty (e chi siamo noi per smentirli?), gli archeoblogger agli Uffizi sono entrati armati di smartphone e fotocamere.

 

Gli altri colleghi archeoblogger hanno già dedicato diversi post alla giornata del 21 settembre, vi invitiamo quindi a dare un’occhiata ai loro blog per avere una panoramica di quello che abbiamo visto e della storia che si cela dietro le opere scultoree della Galleria (Generazione di Archeologi, Archeokids, Memorie dal Mediterraneo). In questo post invece vorrei soffermarmi sulle ragioni che ci sono dietro un archeoblogtour, ed è importante farlo in questa occasione dal momento che #uffiziarcheologia è diventato trending topic in Italia (arrivate alla fine del post per sapere cosa significa, se già non lo sapete :D)

 

Capita spesso che ci chiedano qual è la finalità di un archeoblogtour e di un update continuo sui social del percorso di visita dei blogger.

 

A cosa serve fare un livetwitting, caricare foto su Facebook o Instagram e creare bacheche di immagini su Pinterest?

 

Parafrasando: perché lo fate?

 

E qui voglio elencarvi almeno tre obiettivi che ci prefiggiamo di raggiungere ogni volta che ci parte un tweet dal cellulare.

 

Primo obiettivo: far partecipe la community che ci segue online.

 

Raccontare cioè luoghi che magari sono meno noti e che ci piace scoprire insieme. Nel caso degli Uffizi non tutti sanno infatti che la collezione d’arte antica è stata la prima ad essere ospitata nella Galleria e che quindi si deve alla passione antiquaria dei Medici se oggi Firenze possiede uno dei musei più visitati in Italia. Condividere notizie, informazioni, fotografie online aiuta ad avvicinarsi senza timore reverenziale ad argomenti impegnativi come il collezionismo o la storia dei restauri rinascimentali.

 

 

Secondo obiettivo: interagire con la community. Stimolare la curiosità di chi magari scorre in quel momento la timeline di Twitter e ha da sempre avuto voglia di fare proprio quella domanda. Ecco, noi rispondiamo in tempo reale, oppure vi facciamo quiz facili facili.

 

 

Terzo obiettivo: far parlare di cultura anche i social e provare a portare tra i Trending Topic temi culturali.

 

Un trending topic è un argomento di tendenza su Twitter. Generalmente contrassegnato da un cancelletto (hashtag), si tratta di una parola che viene utilizzata dalla community per parlare di un determinato argomento e che ad un certo punto risulta tra le più usate, diventando trending topic, appunto, argomento “di tendenza”.
Il 21 settembre #uffiziarcheologia è diventato trending topic, in altre parole su Twitter quella mattina, tra gli argomenti di cui si parlava di più, c’è stato anche il blogtour organizzato nella Galleria.

 

 

Il risultato raggiunto non sarebbe stato possibile senza la sinergia di tanti soggetti che hanno creduto fermamente e portato avanti questo progetto: in primis Fabrizio Paolucci e Cristiana Barandoni di Gold Unveiled, Dipartimento di Antichità Classiche della Galleria degli Uffizi di Firenze; poi il gruppo di blogger che ha visitato la Galleria (Astrid D’Eredità per Archeopop; Francesco Ripanti per Archeokids, Stefania Berutti per Memorie dal Mediterraneo, Marina Lo Blundo per Generazione di Archeologi) e infine tutti gli amici che ci seguono con curiosità e costanza sui canali social: cercate #uffiziarcheologia su Twitter e troverete i nomi di chi con un retweet e una stellina ha reso la cultura di tendenza durante quel meraviglioso 21 settembre.

 

@antoniafalcone

 

 

 

 

Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto

Tra archeologia e contemporaneità: la XXVI Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto

Si è conclusa lo scorso sabato 10 ottobre la XXVI Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto che quest’anno ha visto protagonisti, tra gli altri, un gruppo di intrepidi archeoblogger, chiamati ad assegnare una menzione speciale ad uno dei film in concorso per la XII edizione del premio Paolo Orsi.

 

Le blogger di Professione Archeologo hanno avuto l’onore di far parte di questa giuria e la nostra Antonia Falcone ha viaggiato alla volta di Rovereto per essere presente alla premiazione finale ed assegnare personalmente la menzione speciale (e sì, ha proprio detto “And the winner is…”).

 

La scelta di includere una giuria fatta di archeologi che più o meno quotidianamente si occupano di comunicazione ci è piaciuta fin da subito e ci è sembrato un segno importante.

 

“Una manifestazione di ampio respiro come la Rassegna non può non comprendere che in questi ultimi anni è cambiato il modo di comunicare e di vivere l’archeologia,” ci ha confermato Valentina Poli, della Fondazione Museo Civico di Rovereto, che in queste settimane ha seguito i lavori della giuria degli archeoblogger. “In questi anni il mondo dei blog e dei social media si è affiancato al modello tradizionale della comunicazione culturale riuscendo a coinvolgere, in maniera entusiasmante e meno formale, un pubblico vasto ed appassionato. Quest’anno ci è sembrato il momento opportuno per contattarvi e proporvi di partecipare per assegnare una menzione speciale al film che maggiormente si presta alla fruizione e alla divulgazione. E non possiamo che essere soddisfatti visto l’entusiasmo con cui avete accettato il compito di giurati!”

 

E non poteva essere altrimenti, visto che, per dirla con le parole di Marina Lo Blundo, il dovere di giurati ci ha permesso di fare il giro del mondo direttamente dal divano di casa, alla scoperta di angoli di mondo vicini e lontani.

 

La Rassegna è ormai finita e sabato sera sono stati annunciati i vincitori, ma l’edizione di quest’anno è stata anche segnata dalla forte rivendicazione, da parte degli organizzatori, dell’unicità dell’evento di Rovereto, un festival di riconosciuto prestigio internazionale, che però non ha sempre avuto il supporto che si merita , nonostante quest’anno siano anche arrivati gli auguri del Presidente della Repubblica Mattarella a pochi giorni dall’inizio.

 

“Esistono nel mondo, in Europa e Stati Uniti, altri 8 o 9 festival di cinema dedicato all’archeologia o al patrimonio culturale,” ci ha detto Dario di Blasi, Conservatore Onorario del Museo Civico di Rovereto e Direttore della Rassegna, che ha gentilmente risposto ad alcune nostre domande. “Alcuni sono ai limiti della sopravvivenza, altri hanno limitato la raccolta e selezione di film alle versioni linguistiche del territorio, inglese o francese per ridurre i costi delle traduzioni e doppiaggi. Questo è avvenuto sicuramente per effetto della crisi economica e sociale, ma anche e soprattutto perché la classe politica e dirigente, sia pure con atteggiamenti diversi, ritiene che l’investimento in cultura sia residuale rispetto all’economia ed anche purtroppo alla guerra.”

 

Il tema degli investimenti seri nel campo culturale ritorna quindi prepotentemente anche nel caso di un evento così importante come la Rassegna di Rovereto. Quando gli chiediamo come immagina il futuro della manifestazione, il Direttore Di Blasi risponde:

 

Crediamo che la cultura sia una virtù che permette agli uomini di sopravvivere perché si relazionano tra di loro e con il territorio attraverso le proprie qualità più alte, come l’ingegno, la solidarietà, la fame di conoscenza, così come permette loro di mettersi in relazione con le divinità attraverso il culto.
Come festival cercheremo di resistere e ampliare la nostra caratteristica più importante e cioè rappresentare la ricerca archeologica e storica di tutto il mondo attraverso le varie lingue e linguaggi della cinematografia per mettere in relazione il Mondo Antico con il pubblico più vasto possibile e far sì che acquisti chiara coscienza del proprio passato e contribuisca a costruire un avvenire migliore.

 

Alla luce delle recenti distruzioni del patrimonio archeologico in Siria e della morte dell’archeologo Khaled-al Assad, ucciso dall’ISIS lo scorso agosto e al quale la Rassegna ha deciso di rendere omaggio, ci sembra che questa dichiarazione di intenti sia decisamente importante e degna di nota.

 

@domenica_pate

[Credit immagine: Astrid D’Eredità]

 

*

 

Ps.

 

A chi abbiamo assegnato la menzione speciale? Al film che ci è sembrato meglio incarnasse la divulgazione e la comunicazione del patrimonio culturale come lo intendiamo noi: Tà gynaikeia. Cose di donne, regia di Lorenzo Daniele, con la consulenza scientifica di Alessandra Cilio, Fine Art Produzioni Srl.
Questa la nostra motivazione:

 

Dal passato prossimo al passato remoto. Un viaggio al contrario che guarda a tutto tondo al mondo femminile. Per noi questo è Cose di Donne. Ci è piaciuto il suo sguardo innovativo sul passato, che percepisce la storia come patrimonio condiviso. I ricordi personali delle protagoniste rischiarano di una luce contemporanea, forte e capace di suscitare grande empatia, le testimonianze dei resti archeologici che si scrollano di dosso la loro polvere secolare e divengono vivi e attuali, comprensibili, segni tangibili di vite reali. Il documentario diventa così una storia corale, di ricerca e sacrificio, una continua domanda di senso, una riflessione aperta sulla donna di ieri e di oggi. Lo abbiamo molto amato: come archeologi e comunicatori crediamo che Cose di Donne rappresenti bene il senso di fare ricerca archeologica oggi ed incarni perfettamente le ragioni per cui la conservazione e la tutela del nostro patrimonio culturale sono di fondamentale importanza per la definizione stessa della nostra identità di cittadini e di società.

 

 

 

 

 

Palazzo Massimo alle Terme, Rome

Una giornata al museo: #archeoblogger alla scoperta delle nuove sale di Palazzo Massimo alle Terme di Roma

Una cosa di cui spesso rimproveriamo i nostri musei, o almeno quelli italiani, è che raramente si rinnovano e che in molti casi presentano criteri espositivi di sapore ancora ottocentesco, fatto che ha certamente un suo fascino intrinseco, ma finisce con il non valorizzare appieno i tesori che fanno parte delle loro collezioni. Cio è tanto più vero per i musei archeologici, che spesso ricordano Wunderkammer di passata memoria, piccole o grandi “stanze delle meraviglie” concepite come piccoli universi in sé chiusi, poco inclini alle sperimentazioni.

 

Fortunatamente, non è sempre così.

 

Palazzo Massimo alle Terme è una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano, diretto dalla dottoressa Rita Paris. È stato inaugurato nel 1995, il che permette di annoverarlo tra i musei “giovani” della capitale, ma già dal 2005 gli allestimenti della sale sono oggetto costante di progressivo rinnovamento per aggiornarle agli standard espositivi più moderni.

 

La scorsa settimana le sale 2, 3 e 4 del primo piano, dedicate alla scultura di epoca Traianea e Antonina (inizio-prima metà II secolo d.C.) sono state riaperte al pubblico e noi siamo state invitate a vederle in anteprima e a confrontarci con alcuni dei curatori dei nuovi spazi espositivi.

 

 

Naturalmente, abbiamo accettato entusiaste e così ci siamo ritrovate a girovagare nelle stanze appena inaugurate tra le opere immortali della ritrattistica imperiale.

 

Siamo rimaste abbagliate, tra l’altro, dalla bellezza di capolavori come i rilievi con le personificazioni delle province dell’impero romano che un tempo decoravano l’Hadrianeum o Tempio di Adriano, che sorge non molto lontano dal museo, e abbiamo potuto osservare in ogni suo dettaglio il rilievo del monumento funerario di Apthonetus, qui esposto per la prima volta, con il lungo epitaffio che la figlia Quadratilla dedica al compianto padre.

 

 

 

 

Abbiamo potuto ammirare le superfici levigate dei volti, i dettagli dell’abbigliamento e delle armature e siamo state piacevolmente stupite dal bel contrasto tra il candore dei marmi e il colore scuro dei supporti.

 

Come al solito ci siamo armate di smartphone e abbiamo provato a fissare in tweet e scatti fotografici l’eterno fascino che ancora oggi l’antico esercita su di noi.

 

 

 

Abbiamo poi avuto il piacere di incontrare l’architetto Carolina De Camillis, consulente esterna del museo e responsabile dell’illuminazione delle sale.

 

Proprio l’illuminazione è una componente essenziale del nuovo allestimento: le lampade alogene fino a pochi anni fa comunemente usate nei musei, infatti, tendono a dare una sorta di “patina” uniformante alle opere, appiattendole e facendo sparire le difformità delle superfici. Il nuovo apparato di illuminazione, ottenuto con specifiche luci a led, permette invece di apprezzare pienamente le tracce di lavorazione lasciate dagli antichi artigiani, le molteplici venature colorate dei marmi e addirittura i singoli macrocristalli del materiale impiegato.

 

Sembra evidente, insomma, che l’allestimento di nuove sale in un museo comporta la sinergia di diversi professionisti dei beni culturali, archeologi, architetti, lightening designer, operai specializzati, tutto impegnati a lavorare dietro le quinte per offrire ai visitatori l’emozione dell’antico.

 

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Una versione di questo post, in inglese, è stata pubblicata in occasione del #DayOfArchaeologyA day at the museum: #archaeobloggers explore the new rooms of Palazzo Massimo alle Terme, in Rome.

 

 

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Antonia Falcone (@antoniafalcone)
Paola Romi (@OpusPaulicium)
Domenica Pate (@domenica_pate)

[credit immagine @ Paola Romi]

La finestra di fronte ~ di Camilla Bertini

La ricerca archeologica può essere divulgata al grande pubblico in Italia? Che ruolo hanno internet e i social networks in tutto questo?

 

La questione è stata discussa all’interno della Borsa Mediterranea del turismo Archeologico di Paestum. I professionisti del settore dei Beni Culturali (e non solo) lamentano la mancanza di piattaforme adeguate alla diffusione della cultura sul web in Italia. Se si prende ad esempio l’estero, l’Italia perde su tutta la linea: per rendersene conto basta accedere ai siti internet dedicati alle collezioni dei più famosi musei  (dal British Museum, al Louvre o al bellissimo Corning Museum of Glass) o, per esempio, alle piattaforme gestite dalle stesse università straniere che raccolgono blog, account Twitter, Facebook e persino canali YouTube.

 

Incontri come quello degli archeoblogger a Paestum sottolineano la necessità di aprire un dialogo fra il professionista archeologo ed il suo pubblico: l’archeologia può e ormai deve diventare interattiva. L’esplosione dell’hashtag #archeoblog su Twitter, trending topic tra i primi dieci in Italia nello scorso giovedì, dimostra come in rete ci siano professionisti e appassionati che sanno come usare gli strumenti web messi a loro disposizione per diffondere cultura e che se ne interessano, ne parlano e vogliono confrontarsi usando tali strumenti. Allora perché in Italia si fatica a far decollare l’informazione digitale?

 

Da un lato si percepisce poca voglia di scommettere sul grande pubblico da parte delle istituzioni: si pensa che la cultura non porti né ascolti né guadagno, e se pensiamo nei termini dell’espressione tristemente comune della cultura come “petrolio d’Italia” forse è davvero così, ma equiparare la divulgazione su vasta scala ad un impegno inutile è in sé un parodosso: come si può incuriosire un potenziale “fruitore” di cultura senza fornigli le informazioni necessarie?

 

Internet ed i mezzi offerti dalla tecnologia non potrebbero invece diventare pubblicità gratuita, oltre che un prezioso alleato nel formare una rete capillare fra il professionista ed il pubblico? Si parla sempre più spesso di engagement anche nel mondo culturale: non è tempo di pianificare stategie a lungo termine, di rendere la cultura non solo accessibile, ma facile da trovare, alla portata di tutti, persino quotidiana?

 

In Italia i segnali sono incoraggianti, ma c’è ancora molto lavoro da fare. L’ideale?

 

Ve lo racconto in un aneddoto.

 

Martedì mattina ricevo una email dal mio professore in cui si scusa, ma deve cancellare il nostro appuntamento per quel giorno. Motivo? Ha un appuntamento in radio per un’intervista.

 

Parlare di vetro antico sulla BBC radio Nottingham?

 

Avevo proprio capito bene.

 

Provenienza e il riciclo delle materie prime, la differenza fra siti di produzione primaria e secondaria, usi e nascita del vetro antico possono sembrare, nel belpaese, argomenti azzardati e magari anche un po’ barbosi da trattare alle tre del pomeriggio in una radio locale, e invece, con la giusta dose di chiarezza è possibile introdurre la materia per tutte le fasce di ascoltatori. Non solo, l’intervista mette anche in luce quanto il lavoro dell’archeologo comprenda diverse fasi di lavoro, non soltanto il vero e proprio scavo archeologico che è forse quello che più fa parte della nostra professione nell’immaginario collettivo (indiana Jones a parte), ma anche tutta la successiva analisi dei dati che andranno a creare l’informazione finale, quella che poi viene effettivamente veicolata al grande pubblico.

 

Non sarebbe bello, auspicabile, cool, se si raggiungesse lo stesso grado di ‘naturalezza’ anche in Italia, magari proprio investendo sulle nuove possibilità date dalla rete.

 

Bè, io me lo auguro. Io sono pronta per una vera e propria rivoluzione digitale.

 

P.s. Chi lo volesse ascoltare l’intervista, a questo link si può trovare la trasmissione integrale della puntata (per l’intervista andare a 3h 24’): la registrazione è disponibile ancora per qualche giorno.

 

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Camilla Bertini, l’autrice di questo post è su Twitter @Cami82

Festival of Archaeology - archeologia

Festival of Archaeology 2013, centinaia di eventi per appassionarsi e far appassionare all’archeologia

Il mondo dell’archeologia Britannica è spesso all’avanguardia per quanto concerne la promozione della disciplina archeologica fra grandi e “piccoli” appassionati. L’iniziativa che vi presentiamo oggi non fa certo eccezione.
Il “Festival of Archaeology 2013” (13 – 28 luglio 2013), giunto ormai alla sua ventitreesima edizione, si è conquistato negli anni del titolo di più grande e seguito festival dedicato all’archeologia del mondo: più di 200 mila persone l’anno prendono parte alle iniziative organizzate da più di 400 enti, fra i quali l’English Heritage, il Museum of London Archaeology, il British Museum ed il Manchester Museum, e solo per citarne alcuni.
Lo spirito dell’iniziativa è quello di avvicinare il più possibile al mondo dell’archeologia non solo chi di norma è interessato a questa disciplina, ma anche chi è del tutto estraneo a questo ambiente.

 

Il fatto che sia lo stesso archeologo a spiegare il proprio mestiere, poi, rende più facile e coinvolgente l’avvicinamento, senza andare a discapito della correttezza scientifica. Le attività sono tra le più varie e permettono a tutti, sia ai più giovani che, perché no, anche agli adulti, di cimentarsi in tutto ciò che abbiano voglia di sperimentare. Non è mai troppo tardi per appassionarsi all’archeologia sembra essere il tema, ed i quasi mille eventi sponsorizzati dal festival ne sono la testimonianza.

 

Ed i canali di informazione sono molteplici. Pur essendo un festival di vecchia data, infatti, non si può proprio dire che non si tenga al passo dei tempi: sul sito del festival si può risalire sia alla pagina Facebook, al profilo Twitter e persino al Pinterest ufficiale dell’evento, aggiornati tutti in tempo reale con news, eventi e foto dalle numerose manifestazioni in atto. Personalmente apprezzo molto quest’attenzione all’interattività con l’utente: mi piace poter avere un assaggio di quello che succede, che io possa parteciparvi o meno. E leggere il feedback di coloro che hanno già partecipato agli eventi è un buon modo per aiutarmi a valutare se l’attività potrebbe essere di mio gradimento.
Non solo. Tramite un comodo motore di ricerca è possibile cercare l’evento che più ci interessa, selezionando sia la regione che il tipo di attività alla quale vogliamo partecipare. Si va dai tour guidati, alle visite di veri e propri scavi, dalle attività dedicate ai più piccoli, a seminari e dibattiti su argomenti archeologici specifici. E per i più temerari c’è persino la “Knit Archaeology Competition”, ossia una gare per la realizzazione del miglior lavoro a maglia a tema archeologico. Ecco qualcosa al quale io di certo non potrò partecipare 🙂
C’è l’imbarazzo della scelta: solo nell’area dove io mi trovo in questo momento (East Midlands) ho contato ben 105 eventi, e la sponsorizzazione del Council of British Archaeology, ente di beneficienza privato che si occupa della tutela dell’incredibile patrimonio archeologico britannico e ne promuove la salvaguardia per le future generazioni, attesta la qualità dell’iniziativa.

 

Se non fossi inchiodata a casa (causa tesi in consegna a breve), farei sicuramente un salto. E perché no, magari un giorno avrò anch’ io l’occasione di organizzare qualcosa!

 

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Camilla Bertini (@Cami82)

 

ArcheoWeb Review: Il Progetto Caere

Continuano le ArcheoWeb Reviews di Professione Archeologo, con la segnalazione questa settimana del sito internet dedicato agli scavi ceretani a cura dell’Istituto di Studi sulle Civiltà Italiche e del Mediterraneo Antico (ISCAM) del CNR.

 

Concentrato sulle finalità e le scelte alla base del progetto, il sito risulta molto semplice ed immediato dal punto di vista della struttura, nonostante la grafica non sempre si riveli al passo coi tempi. Il principale valore aggiunto è comunque la profonda multidisplinarietà con cui è stata concepita questa finestra virtuale su una delle più celebri città dell’Etruria Meridionale, i cui  contenuti risultano un buon compromesso tra un’eccessiva semplificazione divulgativa ed un’accurata pubblicazione scientifica.

 

Oltre ad una sezione dedicata al GIS del progetto, per esempio, è stata anche prevista la digitalizzazione dei vecchi giornali di scavo, con la possibilità di accesso ad una porzione dell’archivio anche da parte dell’utente non registrato.

 

Virtuosa a prescindere da qualsiasi personale valutazione ci sembra la volontà di ampliare la visibilità e la fruibilità di progetti e scavi poco noti.  Per una volta il dato pubblico viene restituito al pubblico.

 

Buona navigazione sul sito!

 

 

Archaeology TV – AIA (da youtube)

Dopo avervi presentato il progetto Archaeology’s Interactive Dig, vogliamo completare il quadro sul binomio archeologia/divulgazione a cura dell’Archaeological Institute of America proponendovi il loro canale youtube, Archaeology TV,  una raccolta di video a tema archeologico, quali filmati girati durante le campagne di scavo,  interviste con archeologi, ricostruzioni 3d e molto altro.

 

Link al canale youtube

 

Tra i diversi video segnaliamo un tributo ad un personaggio di fantasia, Indiana Jones, che nel bene e nel male ha appassionato, interessato e coinvolto milioni di persone, avvicinando per la prima volta il grande pubblico all’archeologia. E’ per questo motivo che Harrison Ford è stato insignito di uno speciale riconoscimento dalla stessa AIA, alcuni anni fa, perchè sarà anche vero che l’archeologia dei film di Indy è molto lontana dalla nostra realtà, però rimane il fatto che molti di noi non avrebbero deciso di seguire questa impervia strada senza le avventure di Indiana Jones. Perdonateci dunque questa nota di folklore.