Il nostro Day of Archaeology è partito da questa semplice domanda, rivolta agli studenti dell’Università Roma Tre e dell’American University of Rome che scavano nel Foro della Pace, a Roma.
— ProfessionArcheologo (@pr_archeologo) July 24, 2015
Quest’anno, infatti, per la prima volta uno scavo archeologico su Via dei Fori Imperiali ha aperto le porte al pubblico.
Così, mentre alcuni dei ragazzi interagivano lungo la strada con turisti e passanti spiegando loro cosa fa un archeologo sotto il solleone estivo, giornalisti e blogger, armati rispettivamente di telecamera e taccuini e di smartphone e caricabatterie, hanno avuto il privilegio di gironzolare liberamente nell’area del cantiere e di confrontarsi con gli studenti e i responsabili dello scavo.
Abbiamo puntato sulla divulgazione ed abbiamo chiesto ai ragazzi di raccontarci le diverse fasi di uno scavo e quali sono le varie attività che gli archeologi svolgono sul campo. Abbiamo trasmesso le loro risposte in diretta su Twitter e su Periscope, su Instagram e con brevi post su Facebook, usando l’hashtag #ForumPacis.
E’ così che un cantiere di scavo, per una mattinata, è diventato social.
Ma abbiamo anche voluto guardare al futuro: il DoA è un’occasione per confrontarsi sul presente dell’archeologia attraverso la condivisione di tutto quello che si muove tra una trowel e un giornale di scavo, ma è anche un momento in cui riappropriarsi della nostra identità di archeologi, provando a pensare quali ulteriori passi in avanti potrebbe fare la disciplina.
E così abbiamo chiesto a loro, alle nuove leve, agli archeologi del futuro, cosa vorrebbero dall’archeologia, cosa manca e quale dovrebbe essere la strada da percorrere.
Un Day of Archaeology all’insegna della voglia di guardare avanti.
Qua sotto trovate le loro facce e i loro sorrisi, la convinzione che l’archeologia guarda al passato per costruire il futuro.
Post di Antonia Falcone (@antoniafalcone) e Paola Romi (@OpusPaulicium)
Grafiche di Antonia Falcone
https://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/11801979_10207251971126286_1326408951_n.jpg960960Domenicahttp://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/logopervideo-300x74-1-300x74.jpgDomenica2015-07-29 10:05:022017-10-29 18:33:13Day of Archaeology al Foro della Pace di Roma
Per il secondo anno di fila uno degli innumerevoli incontri sarà dedicato all’archeologia ed al suo racconto sul web.
Con il titolo SOCIAL MEDIA & ARCHAEOLOGICAL HERITAGE. ARCHEOBLOG: RACCONTARE L’ARCHEOLOGIA NEL WEB, venerdì 31 Ottobre alle ore 15 gli archeoblogger italiani faranno il punto sulla questione, lanceranno idee e stimoli di riflessione futura. Dopotutto, i tempi del web maturano rapidamente e tante cose sono cambiate da quando nacquero i primi pioneristici blog di archeologiche parlavano diarcheologia.
Ma chi è l’archeoblogger, se una tale figura (mitologica?) esiste? O meglio da cosa sono accomunati gli archeoblogger italiani? E perché è importante che si incontrino?
Abbiamo raggiunto Cinzia Dal Maso, archeologa, giornalista, blogger, che da anni si occupa di archeologia sulle più importanti testate nazionali, promotrice dell’incontro.
*
Ciao Cinzia e benvenuta sulle pagine virtuali di Professione Archeologo! Iniziamo con una domanda difficile. O forse no. Chi sono secondo te gli archeoblogger italiani?
Domanda facilissima, visto che il termine l’ho inventato io pensando a tutti quelli che credono nell’importanza di raccontare l’archeologia, e in generale la nostra storia, nel web. Ho usato il termine “blogger” perché suona bene, ma vuole comprendere anche chi non ha propriamente un blog ma usa i canali social o altro. Anche se, a parer mio, il blog ha una funzione insostituibile in un piano di comunicazione via web: è la vera cabina di regia. Ultimamente è, per così dire, “scaduto di tono” perché pochi giovani scelgono di usarlo. Forse anche perché è un impegno importante. Credo però che non tramonterà mai perché senza una regia non si va da nessuna parte. Comunque a Paestum sentiremo cosa ne pensano gli altri archeoblogger: sarà uno dei temi del nostro dibattito.
Come è nata l’idea di avere un incontro di archeoblogger all’interno di una rassegna così importante come la BMTA? E quale è stata la risposta iniziale da parte degli archeologi presenti in rete?
I blogger di altri settori si sono coordinati da tempo, e così si sono fatti conoscere e sono ora delle star. Certo, noi non possiamo competere con chi si occupa di moda, cibo o turismo, però possiamo anche noi ampliare di molto il nostro pubblico e far sentire la nostra voce. Però dobbiamo essere uniti e gridare forte tutti assieme. Per questo ho voluto riunire gli archeoblogger: per creare una squadra.
L’ho fatto alla Borsa di Paestum perché a tutt’oggi è l’occasione d’incontro più importante per l’archeologia, e molti di noi la frequentano già da tempo. E perché l’ideatore della Borsa, Ugo Picarelli, è persona molto sensibile a quanto di innovativo accade nel nostro settore, e ci ha subito dato fiducia ospitandoci. Noi, d’altro canto, siamo riusciti a dare grande visibilità alla Borsa sul web: molti suoi incontri sono finiti tra i Trending Topics di twitter proprio grazie a noi. Perché sì, tutti i blogger invitati hanno risposto con entusiasmo. L’anno scorso ci siamo visti in faccia, ci siamo conosciuti e c’è stato poco tempo per altro, ma credo che sia nata subito in tutti la consapevolezza di essere un gruppo. E ora il gruppo si sta cementando e allargando sempre più: voi stesse di Professione Archeologo siete giunte dopo il primo incontro, e state contribuendo alla grande!
Dacci qualche anticipazione. Quali saranno i temi affrontati quest’anno, oltre al ruolo del blogger? C’è stato un arricchimento del panorama rispetto allo scorso anno?
All’ultima domanda ho già risposto: Professione Archeologo è la prova dell’allargamento del gruppo. Come anche Giovanna Baldasarre di Archeokids o Alessandro D’Amore di Le parole in archeologia. Siamo un gruppo informale, nessuno deve iscriversi, però siamo apertissimi a chiunque voglia unirsi e portare idee e lavoro. Sul web nascono (e muoiono) di continuo iniziative nuove: esortiamo assolutamente gli archeoblogger che non conosciamo a farsi vivi con noi.
A Paestum parleremo di due temi caldissimi: faremo anzitutto un bilancio della presenza di musei e istituzioni culturali italiani sui social network, anche grazie ad Alessandro D’Amore che tiene monitorata la situazione dall’osservatorio privilegiato di #svegliamuseo. Quest’anno c’è stato un vero boom della presenza della cultura italiana in rete, non solo di privati e musei locali ma anche di istituzioni statali. Tutti partiti un po’ all’arrembaggio, a parte le utili indicazioni fornite da #svegliamuseo. Gli archeoblogger vantano due pionieri come Marina Lo Blundo per la Soprintendenza archeologica della Toscana, e Stefano Rossi per la Soprintendenza ligure: con loro vorremmo evidenziare con forza la necessità di un coordinamento tra comunicatori social del Ministero, e in seconda battuta anche con privati. Per creare un’immagine forte e unitaria della cultura italiana sul web che ancora non c’è.
Racconteremo poi come ci siamo organizzati per partecipare in massa al Day of Archaeology, e come quella bella esperienza, che ha dato molta forza al gruppo, sia proseguita poi nel libro Archeostorie: a Paestum annunceremo la sua uscita nel marzo 2015. Nel libro raccontiamo, in modo informale ma rigoroso, le nostre storie di archeologi che raramente usano la cazzuola e, quando la usano, il clima di scavo non è proprio quello idillico sperimentato all’università. Raccontiamo insomma cosa fanno gli archeologi nel mondo reale, e le mille possibilità di lavoro che un archeologo può avere, con un po’ di fantasia. Speriamo che ci leggano tutti gli studenti dell’università dove si insegna lo scavo paludato e poco più, ma anche quelli del liceo che non vogliono più studiare archeologia perché non dà lavoro: non è vero, i lavori sono tanti e disparati, dalla gestione museale alla comunicazione, dalla tutela allo sviluppo di comunità e territori, dal marketing al crowdfunding. Sono mestieri che esistono da tempo anche se il nostro paese non li riconosce ufficialmente, ma dovrà farlo presto perché serviranno sempre più. Archeostorie vuole “svegliare” tutti, anche chi ci governa, su questa importante verità.
Per definizione il blogger occupa gli spazi della comunicazione on line, ma come tutto in rete, la comunicazione culturale ha poi un fine molto tangibile, che è quello della promozione culturale ad ampio raggio, anche (e forse soprattutto) sul territorio. Quale potrebbe essere il contributo degli archeoblogger alla comunicazione culturale nel settore archeologico?
Sappiamo bene che la comunicazione si fa tanto online che offline. L’archeologia in particolare, che agisce sempre in un territorio preciso, deve insistere su quel territorio prima ancora di farsi conoscere al mondo. Il web è uno strumento fantastico per cooptare il mondo, e imprescindibile oggidì, ma dalla signora Pina che abita nella casetta in fondo alla via, è bene che l’archeologo continui ad andare a farsi offrire il caffè. Proprio questa peculiarità dell’archeologia che la lega volente o nolente al territorio, è forse il suo grande vantaggio e ciò che la porterà forse a insegnare ad altri l’aurea regola dell’equilibrio tra reale e virtuale. E per gli archeoblogger la regola ferrea è: mai lanciare alcunché sul web senza averlo visto o sperimentato di persona. Mai farsi prendere dal chiacchiericcio tipico di molto web e postare solo contenuti seri e verificati: solo così si trasmettono vere conoscenze, si fa comunicazione culturale vera, e un servizio serio al mondo e al web.
Tu ti occupi di comunicazione da anni. Non esistono formule per il successo, ma c’è secondo te qualcosa che non deve assolutamente mancare agli archeoblogger nostrani per essere veramente influenti nel panorama culturale, quantomeno nel settore archeologico?
Della serietà e della competenza, ho già parlato ma lo ribadisco perché è importante, ed è la ragione prima per cui certi argomenti devono essere affrontati da gente preparata e non da altri. Chi è serio e costante, prima o poi diventa anche influente. Oggi però, come in tutti i settori, servono anche idee nuove e tantissima intraprendenza. Noi siamo ancora troppo timidi: dobbiamo osare e imporci molto di più.
Grazie mille della disponibilità, Cinzia, e arrivederci a Paestum!
Grazie a voi! E a tutti: ci vediamo a Paestum!
L’appuntamento è quindi per vernedì 31 ottobre alle ore 15. Per ulteriori anticipazioni e informazioni, tenete d’occhio l’evento Facebook dell’incontro, dove stiamo in questi giorni presentando uno ad uno gli archeoblogger che interverranno (per Professione Archeologo parlerà la nostra Antonia Falcone, mentre altri membri dello staff si aggireranno più o meno furtivi tra gli archeoblogger!), e dove potete proporre le vostre domande, curiosità e osservazioni sui temi trattati.
Su Twitter gli hashtag da seguire sono #archeoblogger e #BMTA2014 che saranno utilizzato anche durante il live tweeting dell’evento.
Qui sotto trovate il programma dell’incontro e il video di presentazione degli archeoblogger realizzato da Francesco Ripanti.
Vi attendiamo numerosi!!
https://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/10527662_10204952761727488_8576992584088182520_n1.jpg463960Domenicahttp://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/logopervideo-300x74-1-300x74.jpgDomenica2014-10-28 12:04:492016-06-13 14:31:47Il ritorno degli #archeoblogger: Professione Archeologo incontra Cinzia Dal Maso
Continuano le ArcheoWeb Reviews di Professione Archeologo, con la segnalazione questa settimana del sito internet dedicato agli scavi ceretani a cura dell’Istituto di Studi sulle Civiltà Italiche e del Mediterraneo Antico (ISCAM) del CNR.
Concentrato sulle finalità e le scelte alla base del progetto, il sito risulta molto semplice ed immediato dal punto di vista della struttura, nonostante la grafica non sempre si riveli al passo coi tempi. Il principale valore aggiunto è comunque la profonda multidisplinarietà con cui è stata concepita questa finestra virtuale su una delle più celebri città dell’Etruria Meridionale, i cui contenuti risultano un buon compromesso tra un’eccessiva semplificazione divulgativa ed un’accurata pubblicazione scientifica.
Oltre ad una sezione dedicata al GIS del progetto, per esempio, è stata anche prevista la digitalizzazione dei vecchi giornali di scavo, con la possibilità di accesso ad una porzione dell’archivio anche da parte dell’utente non registrato.
Virtuosa a prescindere da qualsiasi personale valutazione ci sembra la volontà di ampliare la visibilità e la fruibilità di progetti e scavi poco noti. Per una volta il dato pubblico viene restituito al pubblico.
https://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/Herakles_Kerberos_Eurystheus_Louvre_E701.jpg17682328Paolahttp://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/logopervideo-300x74-1-300x74.jpgPaola2013-04-04 16:30:002013-04-04 16:28:07ArcheoWeb Review: Il Progetto Caere
L’articolo de La Stampa di ieri ha suscitato una grande attenzione, almeno a giudicare dai contatti (quasi 4.500) e dalle condivisioni (quasi 100) registrati dal post su FB che ne dava notizia.
Mi pare una buona cosa, perché è dal dibattito e dal confronto delle opinioni anche profondamente differenti che nascono le idee. E credo che in questo momento abbiamo bisogno, più che di ricette facili da applicare indiscriminatamente, proprio di buone idee da perseguire nel tempo.
Vorrei quindi provare a sviluppare il mio ragionamento, a partire da una domanda: che cosa significa, in termini economici, bloccare – o quantomeno bloccare in larga misura – la ricerca in archeologia?
https://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/file0001025667991.jpg17042272Domenicahttp://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/logopervideo-300x74-1-300x74.jpgDomenica2013-03-12 17:57:372016-06-13 14:42:11Perché penso che sia un pessimo affare economico bloccare la ricerca in archeologia (da uominiecoseavignale)
Questo è l’interrogativo che mi gira e rigira nella scatola cranica e spesso, davvero, mi attanaglia il dubbio di abitare una vita artefatta, fondata sull’errore. Non mi riferisco al fatto di aver sbagliato professione, quello, se si pensa alle difficoltà, è un dato di fatto.
Situazione tipo. Stai seguendo le operazioni di allargamento di una strada. Dopo la rimozione di un muretto di contenimento del terreno che sovrasta la sede stradale, in sezione, si palesano le tegole della copertura a cappuccina di un’antica inumazione. Di più, se per caso il sole o il gelo ti avessero talmente obnubilato dal farti dubitare dell’unica interpretazione possibile di quello che hai davanti agli occhi, eccole là, due tibie, che spuntano, composte e bianchicce, sopra alle sconquassate ossa dei piedi. La natura di quello che vedi ti sembra talmente evidente che non ti perdi in chiacchiere, tiri fuori i pennelli e, cercando di non complicare la vita all’amico antropologo, ripulisci il contesto.
Ed ecco, in questo momento di concentrazione, sommessa gioia e relativa tranquillità, arriva qualcuno, un qualcuno che credevi dotato di raziocinio, giunto a ripeterti, per cinque o sei volte, che quella che stai scavando è la recentissima sepoltura di un cane. Con inaspettata ironia lo zittisci, con inaudita crudeltà lo inviti a mostrare le ossa della sua caviglia per fare un confronto. Annientato, lo sfortunato geometra, batte in ritirata fra l’ilarità generale.
Dopo scene come questa, legate anche a evidenze meno inequivocabilmente interpretabili, dopo commenti e valutazioni, non sempre simpatiche e generose, dei rinvenimenti, ma soprattutto a margine di discussioni con persone dotate di un alto profilo professionale e culturale, che fanno altri mestieri, mi domando sempre: “Perché?”.
Perché non capiscono l’importanza di quello che facciamo, delle cose che analizziamo e di quelle che tuteliamo? Forse viviamo in una dimensione onirica che gli altri non comprendono.
Ed in preda a questa invisibile alienazione qualcosa mi dice: “Apri gli occhi!”. Non siamo noi a non esistere, è la comunicazione del nostro lavoro ad essere inconsistente. Manca la narrazione del passato fuori dagli stereotipi di Voyager, manca la divulgazione vera. Se non troviamo il modo di trasmettere il senso, la bontà ed i risultati anche del più piccolo scavo di emergenza siamo destinati ad una perenne scissione dal resto della popolazione.
Ci condanniamo da soli a popolare, con i soli nostri simili, un’eterna Life extension, gratuita, problematica e sterile.
.
Paola Romi, l’autrice di questo post è su Twitter: @OpusPaulicium
Ogni indagine archeologica sul campo lascia in eredità la sfida di ricostruire e capire. Ma anche di narrare, perché è difficile, per non dire impossibile, capire qualcosa se non si prova a spiegarla e a raccontarla.
Spesso invece accade che, quando si riesce a pubblicare i risultati di una ricerca, lo si fa prioritariamente (per non dire esclusivamente) per la comunità scientifica: per quelli che con un’espressione che sembra mutuata acriticamente dal lessico di gestione di una centrale termonucleare si definiscono “gli addetti ai lavori”.
Poi, se va bene, “se avanza tempo” e “se ci sono le risorse”, si potrà pensare a “comunicare” o “divulgare” all’interno di una operazione dai tratti spesso sfumati che perlopiù viene frettolosamente demandata alla vaga promessa della “valorizzazione”…
https://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/file000117441966.jpg620415Domenicahttp://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/logopervideo-300x74-1-300x74.jpgDomenica2013-03-01 13:15:132016-06-13 14:43:33Non aprite quella porta (dal blog passato e futuro)
L’occasione era troppo ghiotta per farsela sfuggire! Alberto Angela è intervenuto il 24 febbraio 2013 al IX Incontro Nazionale di Archeologia Viva. L’evento, che si tiene ogni 2 anni a Firenze, organizzato dalla redazione della rivista Archeologia Viva, ha il merito in ogni occasione di riunire 2000 persone, tra lettori, appassionati, addetti ai lavori, presentando temi di archeologia che brillano per l’attualità degli argomenti (grande spazio è stato dedicato quest’anno alla lotta al traffico illecito di reperti archeologici), per il taglio altamente comunicativo e per il ricorrere a personaggi noti al grande pubblico, autori e studiosi come Luciano Canfora e Andrea Carandini, personaggi noti anche al pubblico televisivo come Valerio Massimo Manfredi e, notizia dell’ultimo minuto, proprio Alberto Angela.
https://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/alberto-angela.jpeg197296Domenicahttp://www.professionearcheologo.it/wp-content/uploads/logopervideo-300x74-1-300x74.jpgDomenica2013-02-27 18:00:542013-02-28 13:21:09Una domanda ad Alberto Angela (dal blog generazionediarcheologi, 26/02/2013)
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.