Articoli

Archeologia, accesso ai dati e democrazia (da steko.iosa.it)

Come possiamo pretendere che uno studente partecipi ad uno scavo se non gli vengono forniti gli strumenti per capire cosa sta facendo? In che modo un professionista dovrebbe lavorare sul campo se non ha accesso alla documentazione delle ricerche pregresse in una determinata area?

Una riflessione su archeologia e libero accesso ai dati (qui)

EA: Emergenza d’Archeologia (Episodio terzo) ~ di Paola Romi

1.03 – Vanilla Sky

 

“Ma non vivrò in una realtà parallela?”.

 

Questo è l’interrogativo che mi gira e rigira nella scatola cranica e spesso, davvero, mi attanaglia il dubbio di abitare una vita artefatta, fondata sull’errore. Non mi riferisco al fatto di aver sbagliato professione, quello, se si pensa alle difficoltà, è un dato di fatto.

 

Situazione tipo. Stai seguendo le operazioni di allargamento di una strada. Dopo la rimozione di un muretto di contenimento del terreno che sovrasta la sede stradale, in sezione, si palesano le tegole della copertura a cappuccina di un’antica inumazione. Di più, se per caso il sole o il gelo ti avessero talmente obnubilato dal farti dubitare dell’unica interpretazione possibile di quello che hai davanti agli occhi, eccole là, due tibie, che spuntano, composte e bianchicce, sopra alle sconquassate ossa dei piedi. La natura di quello che vedi ti sembra talmente evidente che non ti perdi in chiacchiere, tiri fuori i pennelli e, cercando di non complicare la vita all’amico antropologo, ripulisci il contesto.

 

Ed ecco, in questo momento di concentrazione, sommessa gioia e relativa tranquillità, arriva qualcuno, un qualcuno che credevi dotato di raziocinio, giunto a ripeterti, per cinque o sei volte, che quella che stai scavando è la recentissima sepoltura di un cane. Con inaspettata ironia lo zittisci, con inaudita crudeltà lo inviti a mostrare le ossa della sua caviglia per fare un confronto. Annientato, lo sfortunato geometra, batte in ritirata fra l’ilarità generale.

 

Dopo scene come questa, legate anche a evidenze meno inequivocabilmente interpretabili, dopo commenti e valutazioni, non sempre simpatiche e generose, dei rinvenimenti, ma soprattutto a margine di discussioni con persone dotate di un alto profilo professionale e culturale, che fanno altri mestieri, mi domando sempre: “Perché?”.

 

Perché non capiscono l’importanza di quello che facciamo, delle cose che analizziamo e di quelle che tuteliamo? Forse viviamo in una dimensione onirica che gli altri non comprendono.

 

Ed in preda a questa invisibile alienazione qualcosa mi dice: “Apri gli occhi!”. Non siamo noi a non esistere, è la comunicazione del nostro lavoro ad essere inconsistente. Manca la narrazione del passato fuori dagli stereotipi di Voyager, manca la divulgazione vera. Se non troviamo il modo di trasmettere il senso, la bontà ed i risultati anche del più piccolo scavo di emergenza siamo destinati ad una perenne scissione dal resto della popolazione.

 

Ci condanniamo da soli a popolare, con i soli nostri simili, un’eterna Life extension, gratuita, problematica e sterile.

 

.

 

Paola Romi, l’autrice di questo post è su Twitter: @OpusPaulicium

Museum Analytics, una risorsa per i musei di tutto il mondo

Museum Analytics è una piattaforma gratuita sviluppata dall’olandese INTK che misura la presenza on line dei musei di tutto il mondo, attraverso la creazione di report statistici che si basano principalmente sull’attività su Facebook e Twitter, ma anche sul numero di visitatori annuali, sia on line che in situ.

 

Il sito internet, che raccoglie al momento circa 3000 istituzioni museali di cui solo 38 italiane, è pensato per gli operatori del settore, e si pone come obbiettivo quello di offrire uno strumento volto a migliorare le proprie strategie comunicative, e monitorare e capire i propri progressi in merito.

 

Be connected, be free

Professione Archeologo è on line da poche settimane ed oltre a ringraziarvi per l’accoglienza che ci avete riservato (siamo a 1000 visite sul sito!), vogliamo lanciarvi una sfida, che è poi anche una dichiarazione di intenti.

 

Il sito nasce come aggregatore di notizie, opinioni, casi di cronaca “archeologica” più o meno famosa, ma quello che vuole diventare, il suo fine ultimo, è tutto nella tagline che campeggia accanto al nome: un punto di riferimento, un centro di confronto, scambio e condivisione di chi per un verso o per un altro lavora e lavorerà in questo campo. L’obiettivo è ambizioso, ma per come la vediamo qui a Professione Archeologo o si punta in alto o non si punta affatto. Ed è questa la sfida che vogliamo lanciare a tutti voi, colleghi vicini e lontani, che scavate, studiate, catalogate e chissà cos’altro da tutte le parti d’Italia.

 

Scriveteci, raccontandoci le vostre esperienze, quell’episodio significativo che vi è capitato tanto tempo fa oppure ieri, quel pensiero che torna sera dopo sera a farvi compagnia dopo una lunga giornata di lavoro. Realizzate brevi articoli, o racconti a puntate, che spieghino il vostro punto di vista su questo o quel problema, che offrano spunti di riflessione sul nostro lavoro. Che siate esperti lupi di mare, o mozzi alle prime armi, che siate ironici e un po’ disincantati, o entusiasti, oppure smaccatamente realisti, la vostra esperienza è preziosa, le vostre idee altrettanto.

 

Questi sono i nostri contatti, per chiedere, proporre, condividere:

 

Siamo anche su Facebook, Twitter e Google+.

 

Mettiamoci in rete, mettiamoci in gioco.  Saremo le prime a farlo.

Scavi di Sibari, studenti al lavoro

Gli studenti di Archeologia dell’Università della Calabria sono al lavoro per il recupero dell’area archeologica di Sibari. Per gli aggiornamenti segnaliamo il servizio del TG1 andato in onda lunedì scorso (inizia al minuto 31.57), e per ulteriori dettagli l’intervista ad uno dei docenti promotori dell’iniziativa, realizzata dal TGR Calabria dell’edizione delle 14.00 di ieri (inizia al minuto 13.52).

Cosa ho imparato su “I Social Media per la Cultura” a Firenze (da generazione di archeologi)

Mercoledì 27 febbraio 2013 ho assistito al workshop “I Social Media per la cultura. Una risorsa per la crescita” tenutosi a Palazzo Strozzi a Firenze. […]

Da blogger attiva sui social network – in prima persona su twitter – non posso non essere interessata ad approfondire il tema dei social media per la cultura: è da quando scrivo sui blog di archeologia che sono assolutamente convinta dell’importanza di seguire l’evoluzione della comunicazione online, che va molto più veloce di quanto possiamo immaginare. Da autodidatta quale sono, quello che finora ho imparato sui social media, sulla comunicazione online, sulla reputazione online mi è stato senza dubbio prezioso, ma non è sufficiente.

Così, dato che sono un’archeologa che avrebbe la pretesa di parlare di comunicazione archeologica, ma che non ha una formazione in materie di comunicazione, posso solo aggiornarmi con ciò che la rete mi propone. La mia attuale esperienza col museo archeologico di Venezia mi ha dato lo stimolo ulteriore per approfondire l’argomento. Il workshop mi ha invece fatto notare quanta strada devo ancora fare per potermi definire un’esperta di social media per la cultura.

 

continua

Archeologia e cementificazione edilizia (da Repubblica del 28/02/2013)

Un’inchiesta di Repubblica (qui) sul rapporto tra patrimonio archeologico e cementificazione delle città, che prende le mosse dall’ormai celebre ritrovamento delle sculture dei Niobidi nella villa di Marco Valerio Messalla Corvino a Ciampino, avvenuta nell’estate del 2012.

L”intervista a Filippo Coarelli  dal titolo “Niente soldi, solo salvataggi. Gli archeologi si sentono impotenti”(qui).

 

EA: Emergenza d’Archeologia (Episodio secondo) ~ di Paola Romi

1.02 – STAR WARS II – L’attacco dei cloni

 

L’università è finita, o quasi, ormai la famiglia ci ha trasmesso una di quelle malattie che si chiamano etica e/o necessità del lavoro, purtroppo la vita accademica non ci entusiasma. Oppure, confessiamolo, nell’Accademia non c’è posto per noi. Ed eccoci qua, con un sorriso Durbans degno del migliore spot, alle prese col nostro primo lavoro. Finalmente non più semplici numeri ma persone, professionisti.

 

Svegliamoci, svegliatevi.

 

O è un sogno, o siete finiti nella versione radicalchic di The Truman Show. Perché se c’è una regola che vige in tante realtà dell’archeologia di emergenza è l’assoluta ininfluenza di CHI lavora. Nella maggioranza dei casi non conta chi sei, non serve sapere quali sono le tue attitudini e, soprattutto, bisogna accontentarsi. Un esercito di figurine da spostare sul tabellone del territorio. Così se Pikachu è da 20 giorni a Osteria del Suburbio perché farlo lavorare tranquillo? Spostiamolo di 45 km, non verso casa sua, bensì in una terza direzione, e mandiamolo sulla via Disperatina così Bulbasaur lo posizioniamo a vicolo degli Altrui Privilegi, che lui sai, è amico della mia … .

 

Va bene, ci piacciono tanto i giochi di ruolo, dobbiamo fare la gavetta, ma non vorremmo da soli alzare il PIL dell’Arabia Saudita e friggerci perennemente il cervello per scambiare dati al telefono col collega che “c’era prima”. Anche perché non c’è niente di più indisponente del sentire qualcuno che ribadisce, con la simpatia di Gollum, che Ermengarda però, non si comportava come te. Ma IL Problema dell’essere numeri non è solo ed essenzialmente questo. Perché brave cooperative e società esistono, pare: tuttavia per cercare di perdurare in questa condizione ontologica, l’esistenza appunto, devono confrontarsi col mercato. E quindi il giovane Holden, no scusate, il giovane Archeologo, oltre che mobile, qual piuma al vento, deve anche essere economico. Non che esista una reale contrattazione, questo è, se lo vuoi bene, altrimenti ce ne sono tanti fuori. Tutti uguali, tutti affamati, anche senza conoscere Steve Jobs.E se non sono il top, meglio. Se ti possono criticare tenerti sotto controllo è più semplice.

 

La forza di questi sistemi tuttavia è la nostra disperazione e la nostra relativa disattenzione. Quindi, se ci riflettiamo, scardinarli dovrebbe essere semplice.

 

Se l’ “esercito” è fatto di cloni, senza cloni l’ “esercito” non esiste.

 

Voi vi sentite ancora cloni, per caso?

 

.

 

P.S. Per una riflessione meno ironica sull’annosa questione dell’equa retribuzione e dell’inquadramento professionale in campo archeologico si vedano le posizioni ed i siti delle associazioni di categoria ormai fortunatamente esistenti.

 

Paola Romi, l’autrice di questo post è su Twitter: @OpusPaulicium

ORBIS: uomini e merci nell’impero romano a portata di click

Sviluppato dalla Stanford University e frutto del lavoro di un’equipe multidisciplinare, ORBIS è un modello open source, interattivo, in continuo aggiornamento ed aperto ai contributi esterni che permette di esplorare e meglio comprendere il peso economico del viaggio nell’antica Roma.

Attraverso l’aggregazione dei dati relativi a centinaia di siti urbani, stationes, approdi, rotte viarie, marittime e fluviali, e tenendo conto delle diverse modalità di trasporto esistenti, del periodo dell’anno, e del costo medio per lo spostamento delle merci, è infatti possibile simulare qualsiasi viaggio da una parte all’altra dell’impero, e misurarne non solo la durata, ma anche il costo (in denarii).

 

Esteso su un nono della circonferenza terrestre e attraverso tre continenti, l’impero romano controllava un quarto dell’umanità attraverso una complessa reta di potere politico, dominazione militare e scambi economici. Tali connessioni erano sostenute da sistemi di trasporto pre-moderni e da tecnologie di comunicazione che si basavano sull’energia generata da uomini e animali, dai venti, dalle correnti. […]
La mappe convenzionli che rappresentano questo mondo come appare dallo spazio non riescono a rendere le severe restrizioni ambientali che governavano i flussi di persone, beni ed informazioni. Il costo, piuttosto che la distanza, è il principale fattore che determina l’interconnessione.

 

Questo il sito internet, dove è disponibile anche tutta la bibliografia relativa al progetto.

Macro diseconomia dei Beni Culturali (da uominiecoseavignale.it del 01/03/2013)

Con una comunicazione ufficiale arrivata stamattina, la Direzione Generale per i Beni Archeologici ha respinto la richiesta di concessione per lo scavo di Vignale, di fatto decretandone quindi la chiusura, a meno che una più meditata riflessione non porti a un ripensamento. La motivazione tecnica, legalmente ineccepibile, è che non vengono rilasciate concessioni per scavi su terreni di privati, perché questi ultimi potrebbero richiedere il premio previsto dalla legge in caso di rinvenimenti di particolare valore.

Va da sé che questo non è il caso di Vignale: il sito è quello che è (cinquanta anni fa lo stesso Ministero lo aveva dichiarato formalmente distrutto dalle arature) e l’azienda proprietaria dei terreni ha, come sempre, generosamente messo a disposizione il campo a titolo del tutto gratuito e ha rinunciato preliminarmente a ogni eventuale richiesta di premio di rinvenimento. Nulla di tutto questo è stato ritenuto utile a fronte allo spettro di un possibile – e temutissimo da tutti i funzionari pubblici – “danno erariale”.

Dunque, dove non sono riusciti la crisi economica, le fatiche umane, i problemi personali anche gravissimi delle persone coinvolte in questa avventura, gli incendi, le zanzare e anche i vandali, sembra essere riuscito, almeno per il momento, il Ministero che per legge deve tutelare e valorizzare i Beni Culturali del nostro paese.

continua