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Velia Romana, edizione 2016 - laboratori con la Legio I Italica

Un weekend con la Legio. Ricordi e suggestioni da “Velia Romana” ~ di Valentina Chirico

Oggi vi proponiamo un guest post a cura di Valentina Chirico, che il 24 e 25 settembre scorsi ha partecipato all’evento “Velia Romana”, un vero e proprio viaggio indietro nel tempo all’interno dell’affascinante cornice del Parco Archeologico di Elea-Velia.

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Settembre 2016, un’incursione pacifica giunge alle porte del Parco Archeologico di Elea-Velia e si tratta di un gradito ritorno.

Era il 2015 quando sono arrivati per la prima volta, in occasione di quello che doveva essere, così come è stato effettivamente, un evento mai visto prima nel “piccolo” sito cilentano, in provincia di Salerno: “Velia Romana”.

Vorrei scrivere al presente di quel primo incontro, perché è ancora tutto nitido. Non vorrei confondere i tempi verbali, ma in quei brevissimi weekend di fine estate il tempo ha veramente cambiato il suo corso.

La manifestazione, voluta e organizzata dal comune di Ascea, dalla Pro Loco, dal Parco Archeologico di Elea-Velia e dai giovani del gruppo archeologico locale (G.A.V.), voleva riproporre la stessa atmosfera che si poteva respirare in un accampamento militare d’epoca imperiale: far intravedere sprazzi di vita quotidiana attraverso oggetti d’uso comune, umili e scarni come una lucerna, antichi eppure incredibilmente moderni come la pinza del medicus.

Settembre 2015. Al mio arrivo al piazzale la mattina presto i preparativi fervono, ma sono già a buon punto: le tende sono tutte montate con ordine, le armi esposte, gli stand allestiti. C’è chi deve ancora indossare la tunica o la lorica e già si annunciano due giorni pieni di attività.

Mi muovo senza sosta nell’accampamento, scattando fotografie, dando una mano; il tempo vola. Passate le dieci, ecco che arrivano le scolaresche ed è un’invasione gioiosa di bambini pronti alla scoperta, che seguono con attenzione le attività e guardano con curiosità nella tenda del legatus Marcus Clodius Lætus. Tra un’esercitazione di scontro a corpo a corpo e una dimostrazione di come si muoveva una testudo il weekend con la Legio sembra volare.

I moderni legionari illustrano con minuzia il sistema della centuriazione, il calcolo del tempo, la tecnica musiva di quei mosaici che abbiamo la fortuna di ammirare ancora nei musei e nei luoghi d’arte.

Il sabato sera, poi, il Parco apre le sue porte in via straordinaria e l’esercito in miniatura fa il suo ingresso marciando con ordine, all’unisono. È facile immaginate il terrore e il fuggi fuggi generale che un esercito in marcia avrebbe provocato duemila anni fa. Oggi i presenti guardano meravigliati la Legio che avanza, riprendono tutto con i loro smartphone e attendono con trepidazione la messa in scena del rito notturno, con canti ritmati e saltelli in uniforme al lume delle torce, mentre la colonna sonora rimbomba per tutto il parco.

La mattina dopo, poi, sono le famiglie delle cittadine vicine ad invadere il parco, ed è bello vedere che, rotto l’imbarazzo, anche gli adulti sono curiosi e affamati di sapere, si aprono e fanno tante domande.

Ad un anno di distanza, osservo le foto di quei giorni e ricordo la meraviglia che ho provato davanti all’antenato del nostro “fornetto” o alla fragilità delle ampolle del medico da campo. Sono stata tentata di “scarabocchiare” di nascosto con lo stilus sulla tavoletta cerata, il diptycum, e ho indossato l’elmo, la cassis, di un soldato sconosciuto (non avete idea di quanto pesi, provare per credere). Toccando con mano sembrava tutto vero.

Per gli appassionati di storia e archeologia la Legio I Italica non ha bisogno di presentazioni, eppure si potrebbero spendere pagine parlandone, anche perché il mondo dei rievocatori storici è ancora in parte sconosciuto, persino tra gli archeologi. Io stessa mi sono avvicinata a questa realtà grazie all’appuntamento di “Velia Romana”.

Nella Legio I Italica c’è posto per tutti, appassionati e studiosi: c’è chi ha incontrato la Legio per caso nella sua città e non l’ha più abbandonata, pur non essendo un archeologo o uno studente. C’è chi, come Paulus Viriginius Taurus, ha ripreso in mano la sua attività di cuoco e adesso studia i piatti romani con dedizione e scrupolosità. E poi c’è il signor Leonardo Ingravalle, laureato in filosofia, ma si è dedicato ad altro nella vita. La sua storia mi ha colpito particolarmente, perché accomuna tanti giovani e meno giovani che hanno scelto di studiare materie umanistiche, ma poi, dopo l’università, hanno iniziato a fare tutt’altro, per necessità.

Per Leonardo, però, gli anni di studio non sono andati affatto “sprecati” e il metodo filologico, alla base di ogni studio accademico serio, permea il suo laboratorio sui commerci e la navigazione antica. Non viene meno nemmeno quando, indossata la toga e preso il nome di Maximus Gravilis Leo, racconta ciò che gli antichi scrittori ci hanno tramandato sui più antichi riti del popolo romano.

Responsabilità, scientificità e precisione sono le caratteristiche che ho ritrovato nell’operato della Legio, arricchiti dall’entusiasmo con cui i rievocatori affrontano ogni battaglia o dialogano col pubblico da dietro un banchetto.

La Legio è fatta di persone: hanno una vita e un lavoro normali, ma durante le rievocazioni prendono nomen e prenomen e diventano personaggi di un racconto, ognuno con il proprio ruolo.

Rispetto alla prima manifestazione, poi, l’edizione 2016 ha proposto nuovi laboratori con dimostrazioni di tessitura e metallurgia militare, una degustatio con lezione teorica e una diversa location per il rito serale. Ancora una volta è stato un successo di pubblico.

Non c’è da stupirsi, perché sembra ormai chiaro che l’archeologia che spiega mettendo in pratica, quella che si vede e si tocca con mano piace, e anche tanto.

La Legio I Italica, ha saputo attirare un vasto pubblico di adulti e ragazzi, facendo loro rivivere brandelli di passato, incuriosendoli e stimolandoli.

Con “Velia Romana” lo spettacolo della storia è andato in scena in un piccolo teatro ed è stato un ottimo risultato per la realtà locale che ha permesso a tutti di imparare senza bisogno di aprire un pesante volume, ma che, personalmente, mi ha lasciata con la voglia di farlo una volta tornata a casa.

Ave Legio, ci rivedremo presto per una nuova lezione!

 

Valentina Chirico* (@Valenspervoi)

 

E voi, avete assistito a rievocazioni storiche? Avete mai partecipato? Raccontatecelo nei commenti 😉

 

* Valentina Chirico è una neolaureata in Archeologia e Storia dell’Arte, uscita dall’Università di Napoli “Federico II” con una tesi triennale in Storia Greca. Ha una precedente base linguistica e ha partecipato a campagne di scavo e catalogazione di reperti nel sito di Elea-Velia; si occupa di volontariato archeologico, eventi e didattica. Circola in rete sotto lo pseudonimo di “Valens”, curando un blog femminile e collaborando con magazine italiani. È appassionata di culture e lingue straniere e del mondo variegato della creatività applicata e dell’artigianato di qualità.

[photo credit: Valentina Pica]

 

Non è affondata! (da The Indipendent dal 06/03/2013)

E mentre la nave dell’archeologia va giù, come ci ha raccontato stamattina la nostra Paola, ci sono barche che, pur costruite secondo tecnologie di migliaia di anni fa, riescono a solcare i mari senza troppi problemi.

 

Sì, parliamo di Archeologia Sperimentale, ed in attesa di avere i primi contributi su come si opera in materia qui in Italia, vi giriamo questa notizia proveniente da oltremanica.

 

 

Per la prima volta dopo quasi 3000 anni una barca per la navigazione in mare dell’Età del Bronzo è stata calata in acqua in gran Bretagna. Scivolando con grazia giù per un canale oggi a Falmouth Harbour, Cornwall, la barca, lunga 15 metri, è stata fatta poi navigare per due brevi viaggi di prova da 500 metri dal suo equipaggio composto da 18 persone.

 

L’esperimento, parte di un’indagine di archeologia sperimentale di lungo corso sulla tecnologia marina dell’Età del Bronzo, sta già fornendo dati importanti sulla navigazione di epoca preistorica.

 

 

continua