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Oh my Gods, il post che diventò virale su Facebook

Sono le 15 di sabato 26 gennaio e mentre scrivo questo post il mio cellulare continua ad illuminarsi ad intermittenza. Sono le notifiche del  Gestore delle Pagine Facebook che ormai da giorni non mi danno tregua.

 

Gli dei greci sono diventati virali sull’internet.

 

Circa 24.000 (ventiquattromila) persone nel mondo – valori tuttora in crescita –  stanno infatti condividendo sul social network per eccellenza un post che ho messo online a dicembre 2018, precisamente l’11 dicembre.

 

È passato un mese e ancora sono stordita dal tasso di viralità che la mitologia greca, rivista e corretta, come potrete arguire facilmente dal contenuto visuale del post, ha generato.

 

 

Ma andiamo con ordine e da bravi archeologi ricostruiamo la storia di questo evento eccezionale partendo dai dati cronologici e dalle tracce che ha lasciato nel world wide web.

 

  • Fase I

 

Una giornata come tante in cantiere, tempi morti tra una ruspata e l’altra, il cellulare sempre in mano e una scrollata al mio account Tumblr.

 

Se non sapete cosa è Tumblr ancora non sei dei ninja social senza speranza di redenzione come la sottoscritta, e quindi dovete allenarvi un po’ nell’arte dell’iscrivervi a tutti i social media disponibili per un internauta.

Tumblr è una piattaforma di microblogging basata sul concetto di tumblelog, cioè una variante del blog in cui ai contenuti testuali si affiancano contenuti multimediali (gif, immagini, video, citazioni, link) e offre la possibilità quindi a ciascun utente di creare il proprio blog ospitato sulla piattaforma.

Poco utilizzato in Italia, è invece un social network molto frequentato dai cibernauti di lingua anglosassone e ha una caratteristica che lo distingue dagli altri social: è una miniera inesauribile di contenuti originali e di qualità.

Per capirci: niente bufale e niente buongiornissimi fastidiosi, ma tanti gattini, molte Gif e soprattutto tantissime opere di grafica. Oltre chiaramente ai contenuti di natura sessuale abbastanza spinti, tanto che “la piattaforma ha comunicato di essere intenzionata a eliminare tutti i contenuti ritenuti per adulti, a partire dal 17 dicembre 2018”, sacrificando però in questo modo anche opere di valore artistico, uno dei punti di forza del social.

Su Tumblr sono presenti molti account a tema archeologico, dedicati tanto alle ultime scoperte quanto alle collezioni museali o alle foto storiche e tra gli altri si distinguono i blog di archeologi o studenti di archeologia inglesi e americani che tengono dei diari giornalieri o parlano di archeologia con ironia e perplessità (ve ne segnalo un paio qui  e qui)

 

Dunque, dicevamo che stavo navigando nel mio account Tumblr alla ricerca di contenuti da condividere sulla pagina Facebook di Professione Archeologo per organizzare la content strategy delle settimane pre natalizie quando mi sono imbattuta in questo blog. E mi si sono illuminati gli occhi.

 

Non avevo mai visto niente di simile, di così dirompente a livello grafico e concettuale.

 

https://doodbog.tumblr.com/post/178740409374/greek-gods-pinup-style-follow-up-to-the-norse

 

https://doodbog.tumblr.com/post/153223885109/norse-goddesses

 

Cos’è una content strategy? È la strategia che definisce i contenuti che vogliamo postare sui nostri social network su base settimanale, mensile, bimestrale, etc. per dare una chiara identità ai nostri account.

Per esempio quando organizzo la content strategy di Professione Archeologo su Facebook decido quali sono i post che voglio condividere: foto, link, video e cerco quindi online i contenuti che mi sembrano più adatti al mio target di riferimento (gli archeologi) oppure ne creo di nuovi ad hoc. Si tratta quindi di una “strategia di comunicazione che abbia nella creazione di contenuti indirizzati a un target definito di destinatari il cardine dell’attività di acquisizione di nuovi clienti/seguaci” (definizione Studio Samo)

 

  • Fase 2

 

Decido senza pensarci su che queste immagini DEVONO uscire dall’ambito ristretto (per gli italiani) di Tumblr e diventare invece di dominio pubblico, almeno tra noi archeologi.

 

Come si fa a non ridere a crepapelle davanti alle immagini di Efesto o di Nettuno immortalati come divinità pin up in atteggiamenti volutamente ambigui con riferimenti alle lap dancer dei night club? Non si può rimanere impassibili.

 

E quindi mi assumo il rischio, conoscendo bene il magico mondo dell’archeologia, che si divide tra gli assolutisti del politically correct e gli assolutisti de “l’importante è ridere, che già facciamo una vita deprimente”. Io chiaramente appartengo a quest’ultima categoria e quindi gli dei di Oh My Gods a dicembre vanno online sulla pagina Facebook di Professione Archeologo che contava 17 mila like. Inserisco subito il credit al blog Tumblr dopo aver fatto una accurata ricerca online sull’autrice delle opere.

 

Mi raccomando, quando postate le immagini sui social mettete sempre l’attribuzione all’autore, è una forma di rispetto verso chi ha pensato, creato e diffuso il materiale online. Spesso non ci si fa caso per la falsa convinzione che sul web tutto è permesso, invece sarebbe buona norma creditare sempre tutto.

 

  • Fase 3

 

Il post va online e arrivano i primi like alla spicciolata, le prime reactions di faccine che ridono ma anche i primi commenti non proprio lusinghieri che trovano le immagini poco rispettose della mitologia greca o che semplicemente non apprezzano lo stile grafico dell’autrice.

 

Ma si sa, quando si gestisce una pagina con migliaia di seguaci e si osa con contenuti un po’ esagerati è normale avere commenti di detrattori, vuol dire che la pagina è viva, che i followers sono attenti e vigili.

 

Quindi poco male, il post rimane sulla pagina. Nel frattempo arriva Natale, passa Capodanno, posto altri contenuti con reach variabile tra alti e bassi e arriviamo a gennaio.

 

  • Fase 4

 

Prendere coscienza del fenomeno.

 

L’aumento improvviso delle notifiche (indizio) mi fa aprire in data 22 gennaio (cronologia) il Gestore delle Pagine (strumento).

 

Da qualche giorno infatti sul cellulare continuavano ad apparirmi numeri strani sull’app che serve a gestire le pagine Facebook. In un primo momento ho pensato fosse uno dei soliti bug ai quali ci ha abituato l’app e quindi ho lasciato correre. Poi ho aperto Facebook dal pc.

 

Potete immaginare facilmente la mia faccia quando ho visto in basso a destra il numero delle condivisioni del post: erano arrivate a 2000 senza che me ne accorgessi!

 

E da lì è stata una progressione senza limiti, che continua ancora oggi mentre scrivo questo post.

 

 

 

 

Ma cosa è successo esattamente?

 

Proviamo a ricostruire le dinamiche di questo fenomeno sui social, con gli indizi che ho potuto raccogliere negli ultimi giorni.

 

Dopo che il post ha girato un po’ sulle bacheche di archeologi, storici dell’arte e appassionati italiani, deve essere finito nel newsfeed di qualche admin di gruppi e pagine di lingua inglese che a sua volta ha condiviso il post. Da un’indagine preliminare sono riuscita a risalire a un gruppo di 60mila iscritti e a una pagina di 40mila followers.

 

È stato in quel preciso momento che il post è diventato davvero virale.

 

Si trattava infatti di gruppi e pagine perfettamente in target, frequentati da utenti appassionati della storia antica formato “humor” e di conseguenza il post ha iniziato ad essere condiviso di minuto in minuto. Infatti sotto il post originario di Professione Archeologo sono apparsi in modo esponenziale tag su tag a utenti che arrivavano sul post e a loro volta lo condividevano con la propria audience.

 

Di share in share gli dei greci sono arrivati su altre pagine e su altri gruppi fino a raggiungere ad oggi le 24mila condivisioni in tutto il mondo: ci sono post in lingua giapponese, francese, spagnola, birmana, ebraica, russa nei quali appare Professione Archeologo.

 

Insomma un successo planetario!

 

Il fenomeno immediatamente successivo quando un post diventa virale è chiaramente l’appropriazione indebita del merito. E quindi, puntuale come le tasse, arrivano quelli che prendono le foto e non citano la fonte primaria dalla quale l’hanno attinta, come in questo caso qui sotto in cui l’autore del post indica il credit dell’artista ma non Professione Archeologo. Menzione che sarebbe dovuta perché  nessuno prima della sottoscritta aveva messo su Facebook le opere di Natasha Sweitzer. Ma tant’è, ce ne faremo una ragione.

 

Dopo che i numeri del post sono diventati davvero sopra le aspettative mi sono quindi premurata di scrivere all’artista facendole sapere che le sue opere erano diventate virali e lei molto carinamente mi ha comunicato che effettivamente aveva avuto un picco nella vendita dei calendari con gli dei greci!

 

Cosa abbiamo imparato da questa storia?

 

  • Che l’antichità può diventare virale
  • Che l’humor vince a mani basse sui social
  • Che la ricerca di contenuti originali premia sempre
  • Che è necessario SEMPRE inserire i credits
  • Che internet è incontrollabile
  • Che quello che conta davvero è avere un pubblico in target

 

E infine che forse questa sarà l’unica volta in cui gli insights mi daranno cifre del genere

 

Insights datati 26 gennaio 2019

 

Antonia Falcone

(@antoniafalcone)