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Buona Pasqua da Professione Archeologo

Professione Archeologo vi augura Buona Pasqua e lo fa con questa chicca d’arte che il collega Davide Arnesano ha deciso di creare per noi e di regalarci!

 

Oltre che archeologi siamo anche dei gran creativi 🙂

 

Buone feste a tutti!

#Archeohaiku

Current Archaeology ha lanciato su twitter gli #archaeohaiku. L’hashtag ha visto la massiccia partecipazione della community inglese che si è divertita a creare haiku a tema archeologico.

 

Gli haiku sono componimenti poetici formati da tre versi: il primo di 5 sillabe, il secondo di 7 sillabe e il terzo di 5 sillabe. Genralmente sono a tema naturalistico e bucolico.

 

E così è nata l’idea, lanciata da @maraina81, di partecipare alla sfida a colpi di haiku con un hashtag tutto italiano #archeohaiku.

 

Professione Archeologo, come promesso, li ha raccolti in questo post.

 

 

Un coccio datante
In uno strato
La nostra felicità

 

 

@maraina81

Kneeling at the trench
I brush away all the years
To find the story

 

 

@OpusPaolicium

Semper scavare
polvere e caldo
chi me lo fa fare?

 

@antoniafalcone

Disegno cocci,
ascolto Mozart, io.
Così è lieto!

 

Donata Zirone @ FB

 

Poso la trowel
arrivato l’inverno:
sento la Vita!

 

Davide Arnesano @FB

 

Splende il sole
Suono di cazzuola
La terra chiama

 

@sanfello

 

Muri e cocci.
Anima strapiena, si.
Ma tasche vuote.

 

@opuspaolicium

 

Rovine, macerie
Il senso del tempo?
Ritratto di scavo

 

@maraina81

 

La ruspa scava
E io sto a guardare
Che verrà fuori

 

@antoniafalcone

 

Campi nel nulla
Un airone posato
Spunta il passato

 

@sanfello

 

Anche per oggi
lo scavo è finito:
birra per tutti!

 

Davide Arnesano @ FB

 

Lo scavo fatto
se non è pubblicato
a cosa serve?

 

@antoniafalcone

 

Il sole tramonta
Scende la sera
Ultimo colpo di trowel

 

@maraina81

 

L’ernia al disco
mi tiene compagnìa
mentre scariolo

 

Davide Arnesano @ FB

 

La terra cotta
Un’impronta d’uomo
Voci lontane

 

@sanfello

 

Vedo un osso
quella è una tomba.
Trowel e si fa sera

 

@antoniafalcone

 

Terra nasconde
Solo nei segni
Cerca risposta

 

@sanfello

 

Terra, mio elemento
in te cerco risposte a
domande sempre nuove

 

@maraina81

 

 

Extra bonus, l’haiku stornello a botta e risposta.

 

 

Lasciate ad altri
monete e statue
mi basta una Dressel 2/4

 

@maraina81

Personalmente,
cara, una monetina,
non rifiuterei.

 

@domenica_pate

 

Più che moneta
allora tesoretto!
ahimè evento raro…

 

@maraina81

 

Se preferisci, sì,
tesoretto sia.
Oro? Argento?

 

@domenica_pate

 

Anche di bronzo
e possibilmente
di Gordiano III (così…)

 

@maraina81

RomArché 2013 – IV Salone dell’Editoria Archeologica

L’edizione 2013 del Salone dell’Editoria Archeologica, giunto alla sua IV edizione, si terrà dal 20 al 26 maggio presso il Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma. Il tema di quest’anno sarà “Politica Economia Società”.

 

Le inziative all’interno di RomArché 2013 sono:

 

Biblioarché – Salone dell’editoria archeologica

Convegno “Ploutos & Polis.

Aspetti del rapporto tra economia e politica nel mondo greco

”Gli Etruschi senza mistero. Origini, Politica, Economia Società

Vite Parallele

Laboratori didattici

Archeologia sperimentale

Rassegna cinematografica

 

RomArché è un progetto ideato e realizzato dalla Fondazione Dià Cultura.

 

Per maggiori info potete visitare il sito qui

Emergenza d’Archeologia (episodio quarto) ~ di Paola Romi

1.04 – Titanic

 

Era grande e scintillante, maestoso ed imponente. A molti faceva paura, pavidi stavano a guardarlo, rinunciando al pericoloso viaggio, gravido di speranze e promesse. L’oceano del Tempo scatenava atavici terrori, meglio avere poche facili certezze che tanti enormi interrogativi. Pure il nome era difficile, con quel sapore greco, che sapeva di snobismo; ma faceva parte di una grande flotta, bisognava dirlo.

 

E così cominciarono ad imbarcarsi.

 

In prima classe i professori universitari e i loro pargoli, in prima classe bis, che la seconda non c’era,  i dirigenti, i funzionari, i quadri e qualche parvenu proprietario di società. In terza classe poi, loro, i disperati, i lavoratori della strada, i fidi scrutatori  con le unghie sporche di terra, i polmoni rosi dallo smog e la testa piena di sogni.

 

Fu con questo carico che la nave salpò.

 

E a terra il sindaco, il questore, il prefetto, il politico, il conte, i giornali, la radio, le comari: tutti a dire quanto era bello ed importante il transatlantico, tutti a sottolineare come opere del genere potessero salvare l’economia dello scoglio che si trovavano ad abitare.

 

A bordo poi, era tutta una festa, qualcuno in prima classe festeggiava con lo champagne, altri, sempre in prima classe, scolavano il fondo delle bottiglie e si nutrivano di sole briciole. In seconda bis invece no, pasteggiavano con costosissimi vini biodinamici e si nutrivano, a volte, di delizie a km 0, altre di caviale di cui non volevano sapere l’origine. E la terza classe stava a guardare, a tratti schernendoli di mala grazia, a tratti progettando di fondare uno Stato in cui gli alcolici e le prime classi fossero proibite.

 

E così navigando nell’oceano del Tempo tutti imparavano, tutti si interrogavano, tutti credevano che la prospettiva delle loro cabine e cuccette fosse l’unica a restituire la giusta prospettiva delle cose.

 

Ma una notte la festa finì.

 

Dai finestrini videro tutti la stessa immagine: era bianco, grande, abbacinante. Pensarono che il fastoso transatlantico avrebbe retto all’impatto. Ma così non fu. E allora corsero alle scialuppe.  Ma le scialuppe non c’erano perché l’armatore trovava che fossero troppo belle e sontuose per essere tali. Non potendosele permettere le aveva vendute al laghetto del parco di divertimenti, quello profondo un metro.

 

La leggenda narra che forse qualcuno, di terza classe, si salvò. Abituato alla disperazione, agli espedienti,  si sarebbe attaccato a un pezzo di ghiaccio e adesso vivrebbe cacciando foche con un arpione degno del neolitico preceramico.

 

Così si chiude la storia del transatlantico ARCHEOLOGIA naufragato contro l’iceberg della SPENDING REVIEW.

 

Ultim’ora: si attendono ansiosamente notizie circa la navigazione della nave gemella PATRIMONIO ARTISTICO, sembra che anche lei navighi in pessime acque.

 

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Paola Romi, l’autrice di questo post è su Twitter: @OpusPaulicium

 

 

Un sogno realizzabile: Riccardo III ci salverà (da leparoleinarcheologia.it)

Di Riccardo III sì è parlato e si continua a parlare. Merito della grande rilevanza della scoperta, ma non solo:

 

 

Non avrei voluto partecipare alle operazioni di scavo archeologico avvenute (o forse sì?) e non avrei voluto essere parte del team di ricerca (o forse sì?). Avrei voluto ideare, progettare e realizzare l’aspetto comunicativo del progetto.

 

La folgorazione l’ho avuta quando davanti ai miei occhi è apparso il piano comunicativo dell’ULAS (University of Leicester Archaeological Services) diventato realtà. Inoltre la suddetta folgorazione è stata, per così dire, ‘progressiva’: ad ogni click e ad ogni scroll mi toccava trattenere un “wow!”.

 

Il sito dedicato (http://www.le.ac.uk/richardiii/) è comune nell’aspetto (layout, se vogliamo usare tecnicismi) ma straordinario nei contenuti.

 

continua.

 

 

Perché penso che sia un pessimo affare economico bloccare la ricerca in archeologia (da uominiecoseavignale)

L’articolo de La Stampa di ieri ha suscitato una grande attenzione, almeno a giudicare dai contatti (quasi 4.500) e dalle condivisioni (quasi 100) registrati dal post su FB che ne dava notizia.

 

Mi pare una buona cosa, perché è dal dibattito e dal confronto delle opinioni anche profondamente differenti che nascono le idee. E credo che in questo momento abbiamo bisogno, più che di ricette facili da applicare indiscriminatamente, proprio di buone idee da perseguire nel tempo.

 

Vorrei quindi provare a sviluppare il mio ragionamento, a partire da una domanda: che cosa significa, in termini economici, bloccare – o quantomeno bloccare in larga misura – la ricerca in archeologia?

 

continua

Archeologia, accesso ai dati e democrazia (da steko.iosa.it)

Come possiamo pretendere che uno studente partecipi ad uno scavo se non gli vengono forniti gli strumenti per capire cosa sta facendo? In che modo un professionista dovrebbe lavorare sul campo se non ha accesso alla documentazione delle ricerche pregresse in una determinata area?

Una riflessione su archeologia e libero accesso ai dati (qui)

EA: Emergenza d’Archeologia (Episodio terzo) ~ di Paola Romi

1.03 – Vanilla Sky

 

“Ma non vivrò in una realtà parallela?”.

 

Questo è l’interrogativo che mi gira e rigira nella scatola cranica e spesso, davvero, mi attanaglia il dubbio di abitare una vita artefatta, fondata sull’errore. Non mi riferisco al fatto di aver sbagliato professione, quello, se si pensa alle difficoltà, è un dato di fatto.

 

Situazione tipo. Stai seguendo le operazioni di allargamento di una strada. Dopo la rimozione di un muretto di contenimento del terreno che sovrasta la sede stradale, in sezione, si palesano le tegole della copertura a cappuccina di un’antica inumazione. Di più, se per caso il sole o il gelo ti avessero talmente obnubilato dal farti dubitare dell’unica interpretazione possibile di quello che hai davanti agli occhi, eccole là, due tibie, che spuntano, composte e bianchicce, sopra alle sconquassate ossa dei piedi. La natura di quello che vedi ti sembra talmente evidente che non ti perdi in chiacchiere, tiri fuori i pennelli e, cercando di non complicare la vita all’amico antropologo, ripulisci il contesto.

 

Ed ecco, in questo momento di concentrazione, sommessa gioia e relativa tranquillità, arriva qualcuno, un qualcuno che credevi dotato di raziocinio, giunto a ripeterti, per cinque o sei volte, che quella che stai scavando è la recentissima sepoltura di un cane. Con inaspettata ironia lo zittisci, con inaudita crudeltà lo inviti a mostrare le ossa della sua caviglia per fare un confronto. Annientato, lo sfortunato geometra, batte in ritirata fra l’ilarità generale.

 

Dopo scene come questa, legate anche a evidenze meno inequivocabilmente interpretabili, dopo commenti e valutazioni, non sempre simpatiche e generose, dei rinvenimenti, ma soprattutto a margine di discussioni con persone dotate di un alto profilo professionale e culturale, che fanno altri mestieri, mi domando sempre: “Perché?”.

 

Perché non capiscono l’importanza di quello che facciamo, delle cose che analizziamo e di quelle che tuteliamo? Forse viviamo in una dimensione onirica che gli altri non comprendono.

 

Ed in preda a questa invisibile alienazione qualcosa mi dice: “Apri gli occhi!”. Non siamo noi a non esistere, è la comunicazione del nostro lavoro ad essere inconsistente. Manca la narrazione del passato fuori dagli stereotipi di Voyager, manca la divulgazione vera. Se non troviamo il modo di trasmettere il senso, la bontà ed i risultati anche del più piccolo scavo di emergenza siamo destinati ad una perenne scissione dal resto della popolazione.

 

Ci condanniamo da soli a popolare, con i soli nostri simili, un’eterna Life extension, gratuita, problematica e sterile.

 

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Paola Romi, l’autrice di questo post è su Twitter: @OpusPaulicium

La rivolta degli archeologi (da goleminformazione.it, 13/01/2013)

“L’unica cosa che mi hai insegnato, papà, è che io ero meno importante di popoli morti cinquecento anni prima in un altro paese”. Questo diceva nel 1989 Indiana Jones, padre spirituale di tante generazioni di archeologi. “Se vuoi continuare ad occuparti del passato garantisciti il futuro”, “Il lavoro degli archeologi non è una merce”, “Diritti di maternità per le archeologhe italiane”, “Non chiediamo risorse, le risorse siamo noi”. Questo lamentano oggi gli archeologi italiani, tanto da aver organizzato di recente una manifestazione a Roma per rivendicare uno spazio negato da tempo.

continua.