EA: Emergenza d’Archeologia (Episodio primo) ~ di Paola Romi
1.01 – Il senso di Smilla per la neve.
Alzi la mano chi, dopo mesi o anni di assistenze in corso d’opera e sondaggi preliminari, non capisce quando qualcuno lo vuole, opportunamente, distrarre o allontanare.
O vi siete tutti irrimediabilmente infortunati, o ho ragione di credere di non essere la sola che si irrigidisce come uno stoccafisso del Baltico davanti a frasi del tipo: ” Ma perché non andiamo al bar a prenderci un BEL caffè?”. Non fraintendete, amo la caffeina più di me stessa, ed apprezzo committenti, geometri, ingegneri, capisquadra, passanti, curiosi finanche pensionati gentili e galanti però, se mi offrite un caffè alle 13.10 o alle 16.15, un dubbio mi viene. Non solo che mi vogliate uccidere propinandomi un’overdose di eccitanti, non d’amore purtroppo, ma peggio che abbiate visto, intuito, subodorato qualcosa di antico lì, davanti a me, a pochi metri dal mio naso non proprio all’insù.
Scherzi a parte, suona al limite dell’autocelebrazione o della cialtroneria spiccia, ma, col passare del tempo e delle esperienze, ho realizzato che noi archeologi sviluppiamo una sorta di empatia col sottosuolo, nonché una certa diffidenza verso gli atteggiamenti delle simpatiche canaglie. Non so spiegare, ma da come si muove la terra, da quell’infimo frammento ceramico visto insieme alla bottiglia di birra degli anni ’50, dall’osservazione di cavi preesistenti che fanno curve che nemmeno per salire ad Erice ci sono, da non sapete nemmeno voi cosa insomma, intuite che di lì a breve potrebbe palesarsi una struttura muraria antica, una sepoltura… qualcosa di interessante, finalmente! E 30 secondi dopo, mentre state assumendo la posizione del cobra prima del morso letale, l’escavatorista inizia a giocare con la benna e la terra più giulivo di un bimbo sulla sabbia. Vano tentativo di distrarvi, sta solo aumentando la concentrazione del vostro veleno. E nello stesso preciso attimo, quello che a malapena vi dice ” Buongiorno!” o che si è tracannato un cappuccino doppio 5 minuti prima con voi, si avvicina con fare suadente: “Dottoressa, ci andiamo a….”.
Ecco appunto, non so se sia esperienza, non so se sia istinto, dubito a volte che sia semplicemente pura dabbenaggine altrui, ma a volte, un attimo prima di fermare lo scavo, mi viene proprio da ridere. La quiete prima della tempesta, oserei dire.
Non sottovaluterei il bieco tentativo di offrire insistentemente all’archeologa\o un bicchierino di vino a pranzo o un caffè “corretto” post pranzo perchè “dottoressa fuori fa freddo…così si scalda un pò” ….un’offerta che cela la speranza…neanche troppo velata…che l’alcool ottenebri le nostre menti e soprattutto i nostri occhi …è un pò come “prevenire è meglio che curare”! 🙂
Ovvio. Grazie per il feedback 😉
Molto bella l’idea di trattare con una buone dose di ironia il mestiere di archeologo. Credo che in questo post ci siano molti suggerimenti per capire i problemi quotidiani degli archeologi professionisti e più di una traccia per la loro possibile soluzione. Continuate così (aspetto i prossimi episodi …)
PS: Conoscete i “dialoghi su piccoli sistemi di Passato&Futuro”?
http://www.passatoefuturo.com/search/label/dialoghi%20su%20piccoli%20sistemi
Ciao Giuliano, e grazie per il feedback! Non conosciamo ancora il blog che ci hai segnalato, ma lo terremo sicuramente d’occhio da adesso in poi 😉