Da grande volevo fare l’archeologo
Oggi ospitiamo un guestpost “involontario”.
Ci spieghiamo meglio: il post di Professione Archeologo “#500schiavi ovvero del prezzo di essere archeologo” ha ricevuto quasi 20000 views sul sito e un numero imprecisato di like, oltre ad essere stato twittato, condiviso e commentato in rete (per esempio qui e qui).
Tra i commenti apparsi in calce al post, quello che vi presentiamo di seguito è senza dubbio il più toccante perchè amaro, commovente e soprattutto realistico.
Ed è per questo che abbiamo deciso di farne un guestpost: ringraziamo Antonio per le sue parole, nelle quali, lo sappiamo, molti di noi si rispecchieranno.
Lo condividiamo con la segreta speranza che le storie di chi investe anni, fatica, entusiasmo ed energia in una formazione decennale e poi è costretto ad abbandonare il sogno di poter vivere della propria professione, diventino una minoranza rispetto alle storie di chi invece riesce ad essere non solo un archeologo appassionato, ma un archeologo professionista.
Molto spesso, se il giovane in questione vuole imparare a scavare, parteciperà ad almeno una o due campagne all’anno e quindi la triennale diventerà di 4 o 5 anni e la magistrale di 3 o 4, anche perché lo studio del passato e il prepararsi ad una professione altamente specializzata come quella dell’archeologo, non sono imprese da poco tempo, anzi.
La preparazione di certi esami, lungi dal volerci sottomettere alle logiche da credito formativo universitario (25 ore di impegno per ogni CFU ahahahahah) è molto molto complessa, difficile, lunga. O almeno dovrebbe, e per qualcuno è. Occorre studiare testi su testi, fare confronti, per capire, per memorizzare, per conoscere, per interiorizzare. Partecipare a convegni e conferenze, e qualche volta viene chiesto di fare un po’ di segreteria in certi eventi. Altro tempo.
E se quel solito giovane scava una o due volte l’anno, gli si chiederà, e giustamente, di lavorare sui dati e sui materiali anche quando trowel e picconi saranno fermi e freddi. E le tesi? Se sono “sperimentali” è meglio, quelle sui materiali non vanno più tanto di moda, quelle sul territorio sono la scelta giusta oggi.
Tempo, tempo, tempo. Tempus fugit. Dieci anni sono spesso l’inizio.
Se continuerai vedrai: scuole di specializzazione gestite dai soliti professori, con i soliti programmi di triennale e magistrale. A caro prezzo e necessariamente propedeutiche a possibili ma in realtà improbabili dottorati con borsa, a meno di non avere rapporti personali con i caporaletti o baronetti di turno.
Vedrai: progetti di dottorato “vinti” ma trascurati perché prima bisogna portare avanti le incombenze che ti danno i tutor. Le verifiche non sono un problema, se resti indietro con la ricerca la verifica la passi lo stesso perché siamo tutti amici, e poi ci sono tre anni di tempo, a voglia scrivere! e poi c’è un quarto anno aggiuntivo, sì certo, è senza borsa, ma non è un problema, se resisti e ti barcameni il sistema ti coopta. Ci sono persone, che sono quasi personaggi, che ciclicamente prendono assegni di ricerca e ricerca non ne fanno mai: passano il tempo fra un social e una convention, a fare un sacco di cose, tutto, tranne che la ricerca per la quale sono pagati.
Questo per dire che 7-10 anni per triennale magistrale specializzazione e dottorato mi sembrano un po’ troppo svelti. Giustamente occorrono, per essere competitivi, i livelli corretti e certificati di lingua inglese, altro tempo, altri denari. Arrivato ad una certa età, che non è venerabile e rientra giusta giusta entro i termini di certi bandi vergognosi, ti rendi conto che per inseguire il sogno hai fermato tante cose.
Sulla carta d’identità c’è scritto archeologo, è vero, ma l’indirizzo è ancora quello di casa dei genitori, lo stato civile è celibe o nubile, il conto in banca è quasi vuoto e persone o istituzioni o amministrazioni ti devono denari, o ti devono favori, o ti devono dati scientifici, e che non vedrai mai niente di tutto questo.
Dopo soli dieci anni hai capito l’antifona (e sai anche da dove deriva questo modo di dire, e son soddisfazioni!): il sogno ha smesso di essere tale e tu hai smesso di inseguirlo. Il sogno è diventato un incubo e adesso è lui che insegue te. Dopo soli dieci anni ritieni di essere uno dei fortunati che non ne investirà altri dieci in una impresa così disperata.
Hai capito che c’è la fregatura e realizzare che dietro la fregatura c’è una grande ingiustizia e pensare che le cose potrebbero essere molto diverse, e migliori, non significa che cambieranno necessariamente e soprattutto non ti risolve i problemi immediati: affitti, se non vivi ancora con i tuoi, bollette, pranzi e cene, una spuntatina ai capelli ogni tanto. Hai capito che perseverare non sarebbe diabolico, ma solamente molto stupido e ingenuo, hai capito perché molti colleghi non si laureano più: hanno paura del “dopo”, hanno paura di rendersi conto di essere stati fregati, hanno paura di risvegliarsi dal sogno e allora più o meno inconsciamente continuano a dormire.
E tu cosa fai? Hai la passione per l’archeologia? Puoi studiare lo stesso, nel tempo libero, e senza assilli. Sul serio, puoi fare ricerca e in modo anche abbastanza serio, se la tua molla è la passione. Ma la passione non è la ricerca in sé. La passione è per quegli ambienti, per l’accademia, per i corridoi, per il conteggio delle pubblicazioni su Dyabola, per quella scritta sul documento, per le facce degli interlocutori quando gli dici che lavoro fai. Per darti delle arie. Per dire alla fine: ce l’ho fatta, sono con loro, sono come loro! Vedrai anche questo, ma sarebbe ingiusto dire che vedrai solo questo.
Dopo soli dieci anni capisci che il sistema-Italia ti permette di fare altri lavori, basta che non siano quelli per cui ti sei formato.
Sei un bravo archeologo, ma firmi un contratto a tempo indeterminato (un applauso) per fare l’educatore professionale, sarai a contatto con bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, con utenti diversamente abili, con sofferenti mentali, senza avere assolutamente idea di cosa fare, da dove iniziare e cercando di fare meno danni possibile. Sì certo, studi da una vita e ora cambierai libri, imparerai cose nuove.
Ma hai uno stipendio, ti pagano tutte le ore, e la benzina anche. Hai tempo libero, leggi, ti riposi, non ci sono più sogni né incubi che coinvolgano la sfera lavorativa: hai capito che cameriere o professore sei un produttore di reddito, ed è giusto, perché il lavoro costa. Fai una famiglia, ti perdi nella bellezza delle relazioni umane profonde con le persone che ami.
Sei diventato adulto.
Colgo l’occasione per portare come esmpio un percorso che mi è molto vicino, perchè si tratta di quello di mio marito. Classe 1965, da sempre appassionato di preistoria, spinto dalla famiglia ha frequentato medicina per un anno, poi è passato a lettere classiche con indirizzo archeologico. Si è laureato tardi, a 28 anni, perchè allo studio, in un dipartimento che all’epoca era eccellente ed oggi è stato smantellato, ha voluto affiancare attività di scavo e di catalogazione (retribuita). Finalmente uscito con 100/110 e lode e dignità di pubblicazione, ha espletato l’anbno di servizio civilre e poi si è iscritto alla scuola di specializzazione (PERALTRO INUTILE); essendosi classificato tra i primi tre alle selezioni ha potuto usufruire di una borsa di studio. Ha collaborato con missioni all’estero, e con progetti di ricerca in Italia, ha tentato il dottorato di ricerca per ben tre volte, prima di vincerlo (con borsa), a Roma. A quel punto aveva 35 anni e si chiedeva cosa sarebbe stato di lui alla fine di questo lungo percorso assai scarsamente remunerativo che tuttavia aveva seguito pervicacemente. Per un inaspettato colpo di fortuna, nel 2000 ha vinto la cattedra per l’insegnamento di italiano e storia alle scuole medie superiori e ha dovuto abbandonare l’archeologia quasi completamente, perchè il lavoro di insegnate, se preso seriamente, lascia pochissimo tempo al resto. Poi, nel 2004 si è iscritto ad un concorso per ricercatore in paletnologia, in cui, come al solito, il vincitore, vale a dire il candidato più debole, era già deciso; e infatti il candidato più debole è stato dichiarato vincitore. Gli altri tre concorrenti hanno fatto ricorso al Tar, poi in Consiglio di Stato e dopo OTTO ANNI e soldi spesi in avvocati, hanno vinto. Il posto è stato ribandito nel 2013, con gli stessi partecipanti del 2005 ma con una diversa commissione e lui, a 48 anni suonati, si è classificato al primo posto. Ho raccontato questa storia, perchè mi sembra emblematica di una situazione che già era critica 25 anni fa, ma ora è drammatica; perchè, se allora si poteva sbarcare il lunario prendendo contratti di catalogazione e di scavo e borse di studio o accedendo all’insegnamento, oggi niente di tutto questo è possibile. a meno di non avere santi molto importanti in paradiso, questo è ovvio. Ma, mi chiedo, che senso ha tenere aperto il corso in Conservazione dei Beni Culturali?
Il problema è che ci portiamo dietro modi di fare perpetuati senza la minima lungimiranza anche quando le cose “andavano bene”, e la mancata attenzione a dove si stava andando 20, 30, 40 anni fa, oggi è diventata sfacelo. Non è solo questione di soldi, è un intero sistema che è andato in tilt.
Grazie come al solito per la testimonianza, Caterina. Un abbraccio.
Mi sono iscritta in archeologia alla veneranda età di 37 anni, in particolare per il motivo che prima lavoravo come sommozzatore professionista e volevo occuparmi di subacquea. Il mio percorso all’università è stato velocissimo, a 41 anni avevo terminato gli studi. Durante questi quattro anni e mezzo ho seguito tantissimi scavi, terrestri e subacquei, con relativo studio di materiali e ho discusso due tesi sperimentali, ambedue riguardanti l’archeologia subacquea. In seguito, per non fare la scuola di specializzazione (preferivo dedicarmi ad un solo progetto) ho scelto di tentare il concorso di dottorato in Italia. Stranamente i posti come potete immaginare, erano già assegnati, quindi non mi sono persa d’animo e ho optato per un Master Internazionale di II livello in archeologia, pagato dalla mia Regione, che mi ha permesso di effettuare uno stage all’estero. Questo mi ha permesso di accedere al tanto ambito dottorato, con un sistema meritocratico, dove se non superi le verifiche, vieni giustamente sbattuto fuori. Mai ho rinunciato alla mia vita privata e sinceramente non mi pento di nulla, certo nella mia carta di identità c’è scritto nubile e nel mio conto in banca si contano pochi zeri, ma voglio essere propositiva, voglio viaggiare e vedere il mondo con pochi mezzi ma con tanta voglia di fare ed essere un archeologa, Scusate la mia è una dichiarazione quasi d’amore per questo se si può definire lavoro..ma dopo quasi 6 anni continuo a sognare e che nessuno mi svegli.
Brava Anna! e ti resta da dire cosa fai a su Pallosu e dintorni…
e dobbiamo sempre fare un certo lavoro di ricerca insieme…
Anna una piccola curiosità… sei la mia compagna delle scuole elementari a Cagliari, presso “Italo Stagno” con la maestra Deidda?? Se fossi tu mi piacerebbe ricevere una tua e.mail, sempre se ti ricordi di me.
Ciao
Consuelo
Certo tu sei Consuelo Conti..Mi ricordo benissimo di te..Anche se sono passati secoli..la mia mail è annaardu70@libero.it. Mi farebbe piacere sentirti…Cari saluti
Meno male Anna che ci sei tu che contagi con un po’ di entusiasmo chi ormai da troppo tempo s è spento…io non mi riconosco più….:-(
Anna, la tua testimonianza è spettacolare!
In bocca al lupo per tutto, e continua a sognare! 😉
questo pezzo avremmo potuto scriverlo in molti collegh* archeolog*
…posso usarlo per rispondere a tutti coloro che mi chiedono perchè non credo di voler provare il dottorato?! :))
A parte l’ironia, il solo consiglio che vedo possibile ora è che ciascuno di noi cerchi di capire i propri ritmi e tempi di sopportazione per evitare di ritrovarci frustrati a 40 anni o più…
non dico disincanto e disfattismo totale, ma un bilancio di prospettiva va fatto, lo dobbiamo a noi stessi e all’impegno e serietà finora profusi… almeno questo è ciò che penso oggi, a 7 anni della mia storia con l’archeologia dopo solo una parte della trafila (lauree, tirocini, stage, convegni, numerosi scavi ecc).
Ho visto troppe persone veramente brave e appassionate cercarsi un piano B dopo i 40 anni (durante i quali non hanno potuto rendersi economicamente indipendenti, farsi una famiglia, dirsi adulti appagati) per non convincermi fermamente che bisogna cominciare a crearsene uno molto tempo prima.
In questo Paese ancora una volta pesa la discriminazione nell’arrivo in base ai mezzi di partenza, quindi se sei “capace e meritevole ma privo di mezzi” (come dice la nostra dimenticata Costituzione) opterai presto o tardi per un piano B, se invece hai la fortuna(?!) di avere una famiglia che può sostenerti ben oltre la soglia dell’età adulta – ammesso che a te stia bene – allora potrai essere uno dei pochi fortunati(?!) che “da grande farà l’archeologo”.
Il mio percorso è esattamente quello descritto dall’autore quindi non ho altro da aggiungere in proposito. 30 anni, triennale e specialistica con il massimo dei voti ed un dottorato all’estero quasi finito. Ovviamente ognuno è libero di sognare – o di rischiare (come la vedo io adesso a posteriori) – oppure di decidere ad un certo punto di svegliarsi e lasciar perdere: il tutto però non dovrebbe essere lasciato in mano al destino (come accade alla maggior parte di noi) bensì fatto consapevolmente. Il problema è che in Italia non c’è informazione, non ci sono 150 open day che ti dicono che la speranza di trovare un lavoro è una su un milione, che il tuo sarà sempre un ambito di serie B perchè alla gente non gliene frega niente del passato -non salviamo vite umane, non creiamo un nuovo iphone nè un ipercentrocommerciale.- e che sarebbe meglio studiare inglese visto che quello fatto fin a quel momento è praticamente un livello zero. Nessuno dice apertamente già all’inizio “come funzionano le cose in archeologia”. Quindi chi vuole provarci ben venga ma dovrebbe essere messo nelle condizioni di sapere a che cosa va in contro, peccato che non è così. Passiamo parola che è meglio!
Per la cronaca: io non ho ancora rinunciato perchè credo nella ricerca e perchè fare ricerca è la cosa che mi riesce meglio fare. Quanto durerà? Finchè non mi sbattono fuori di casa: le strette di mano non portano soldi purtroppo.
Grazie per la spontaneita’….dello sfogo……
Anch’io mi associo…sono un’Archeologa produttrice di reddito….per fortuna amo quello che faccio ma non mi basta……me lo devo far bastare…lo so 🙂
generalmente non partecipo alle discussioni sui blog perchè le trovo sterili e ripetitive: tutti si lamentano, non c’e’ lavoro, l’università fa schifo, professori inchiodati alle cattedre, dottorati già assegnati etc etc cose insomma che erano cosi almeno dieci anni prima dell’apertura di questo blog come di tutti gli altri che trattano questi argomenti.
il mio percorso accademico e lavorativo potrei dirvelo ma sarebbe un esempio diverso in mezzo a mille esempi diversi: ognuno ha il suo, con più o meno fortuna nella vita lavorativa, preferisco quindi porre alcuni quesiti:
posto che:
1 lavorare per me significa esercitare una attività RETRIBUITA ( tutto il resto sono stages, volontariato, praticantato e chiamatelo come vi pare) quindi essere archeologo per me vuol dire venir pagati (poco e male generalmente) per quello che faccio aldilà di ogni riconoscimento professionale da parte dello stato e quant’altro.
vorrei capire perchè:
1 basta una triennale e due scavi universitari per iscriversi all’ ANA e alla CIA ( per citare le maggiori) e sentirsi quindi un’ archeologo più o meno convinto ? e come ci si aspetta che queste associazioni difendano i diritti di quelli che questo lavoro lo fanno e sono sottopagati, se a stento riescono a capire “Chi si può definire archeologo” (vedi grande sondaggio lanciato dalla CIA) ? non sarebbe meglio chiarirsi le idee prima su cosa vuol dire essere lavoratore e poi concentrarsi sull’essere archeologo ?
2 In una crisi generalizzata dove tra i settori più colpiti abbiamo infrastrutture, grandi opere e cultura, dove a stento trovano lavoro gli archeologi che da anni lavorano sul campo e dove cooperative archeologiche di tutto rispetto chiudono o subiscono forti contrazioni:
è ancora giusto che le università continuino a sfornare e “formare” futuri archeologi a migliaia ogni anno come se non ci fosse un domani quando in effetti non c’e’ neanche un “oggi” !? non sarebbe meglio piuttosto mettere numero chiuso o addirittura chiudere i corsi e riflettere su come renderli competitivi visto che ad oggi chi esce dall’università non troverà sicuro lavoro come archeologo ?
3 perchè tutti si accorgono adesso che l’università non produce lavoro ma solo e ormai di rado buoni ricercatori (1 su 1000 ci arriva) che poi a stento mantiene? perchè trovo ancora moltissimi studenti che si ostinano a perder tempo dietro a quel prof o quell’altro con tesine tesi studio materiali a gratis per poi scoprire che il dottorato è già assegnato oppure il posto da ricercatore da te tanto agognato è andato al figlio di pinco pallino?SARANNO ALMENO DIECI ANNI CHE E’ COSI o sbaglio?
4 perchè davanti ad una situazione dove ingegneri elettronici e chimici vengono assunti con contratti a progetto a ottocento euro al mese, dove gente che ha lavorato per 10 anni di fila viene licenziata in tronco con una stretta di mano e una busta del cazzo, dove le ditte che non fanno cassa integrazione turnata sono una rarità NOI continuiamo a lamentarci della mancanza di futuro e di un posto fisso e del precariato ? precari ma almeno facciamo quello che ci piace e non passiamo il tempo in una catena di montaggio con il terrore di essere sbattuto fuori. Non dovremmo piuttosto concentrarci su come rendere ancora più efficiente e competitivo il nostro lavoro cosi da aumentare le possibilità di accalappiare nuovi lavori precari o meno?
spero di essere stato chiaro e di non aver urtato la sensibilità di nessuno
Andrea
Ciao, immagino tu intuisca che il tuo modo di vedere le cose non sia necessariamente quello degli altri quindi:
1) non credo che ci si senta archeologi perché iscritti alla CIA o all’ANA (capirai!), se per te è invece così sei tu che lo devi spiegare a noi.
2) il fatto di non trovare lavoro in Italia come archeologi non dipende dalla scarsa qualità dei corsi universitari (che ti concedo, ma che non è obbligatoria: basta studiare molto più di quel poco che ti richiedono. Certo è difficile così fare triennale magistrale scavi tesi seminari), ma piuttosto dal disinteresse generale per la cultura e per i beni culturali, dalla mancanza di fondi dedicati, dall’ignoranza e qualunquismo dell’italiano medio, rappresentato degnamente da politici beceri, disonesti e soprattutto stupidi, che non hanno capito che con la cultura, volendo, i soldi si fanno.
3) purtroppo la situazione del mondo accademico italiano la conosci solo frequentandolo. Chi si iscrive al primo anno non sa, inizia a capire soltanto alla fine della Triennale… e cosa fai, non ti laurei più? E fatta la Triennale non concludi il titolo completo? E’ chiaro che una volta che entri nel meccanismo, questo poco a poco ti stritola. Tu del resto non hai affrontato gli stessi studi? O sei giustificato perché prima non si sapeva? O magari lo sapevi, però pensavi di avere qualche chances più degli altri? Visto come argomenti e scrivi, queste chances dovevano essere di natura parentale o amicale, spero.
4) “precari ma almeno facciamo quello che ci piace” …
“ancora più efficiente e competitivo il nostro lavoro cosi da aumentare le possibilità di accalappiare nuovi lavori precari o meno” …
Non è necessario commentare il tuo quarto punto, si commenta da solo. Quanto alle speranze conclusive (“spero di essere stato chiaro e di non aver urtato la sensibilità di nessuno”) ti dico che secondo me è difficile essere chiari quando si hanno le idee confuse e che puoi stare tranquillo: la sensibilità altrui è salva dagli urti, il buon senso forse meno.
Buon accalappiamento.
salve, sono capitato qui cercando una risposta alla mia domanda.
sono un ragazzo di 16 anni , la mia famiglia non è molto ricca e a fronte del rischio, nonostante i miei propositi ,ho optato per un istituto alberghiero.
da sempre la storia mi affascina , in tutti i modi ho sempre cercato nuove conoscenze e ultimamente deluso mi faccio imprestare libri di amici che fanno un liceo
ho provato a impostare le basi di latino e greco , ho cercato in biblioteca sempre speranzoso ( ora posso affermare in maniera stupida e ingenua) di riuscire a fondare un piano su cui appoggiarmi nel momento del grande salto, sempre con dubbi e paure, ma con la minima speranza un giorno di riuscirci
dopo aver letto tutti i vostri commenti/sfoghi/confessioni effettivamente mi sono tremate le gambe
….qui a tremare è la terra sotto i nostri piedi….