FAQ ARCHAEOLOGY: come si diventa archeologi?
Che i più maliziosi leggeranno F**K e che, invece, è più semplicemente l’acronimo di Frequently Asked Questions, cioè le tante domande che periodicamente mi vengono rivolte a proposito di archeologia e archeologi.
In particolare, se molti aspiranti giovani archeologi mi contattano in DM su Instagram per chiedermi le cose più svariate attinenti la nostra professione, capita che tra i commenti di Facebook o tra i messaggi privati, le richieste di chiarimenti mi siano rivolte da semplici appassionati e curiosi.
È per questo motivo che ho pensato di inaugurare una nuova rubrica, dedicata proprio alle vostre FAQ.
COME SI DIVENTA ARCHEOLOGI?
Iniziamo da un grande classico: qual è il cursus honorum al termine del quale possiamo definirci archeologi a tutti gli effetti?
Consul, praetor, aedilis, quaestor, tribunus plebis, tribunus militum…
Ehm non questo.
Laurea triennale, laurea magistrale, specializzazione, dottorato, post dottorato.
Da un punto di vista strettamente formativo, la carriera di un archeologo comporta diversi anni di studio che possono culminare in uno (o più) assegni di ricerca, genericamente afferenti al titolo di post-doc. L’eventualità di passare svariati anni in giro per il mondo a procacciarsi borse di studio in prestigiosi enti di ricerca, attiene alla carriera di “ricercatore” che molti archeologi intraprendono.
Ma se non tutti gli archeologi sono ricercatori, tutti i ricercatori in discipline archeologiche sono sicuramente archeologi.
Sono infatti diversi gli ambiti professionali in cui può operare un archeologo e quindi diverse le carriere (ma di questo ci occuperemo in un’altra delle nostre FAQ).
In ogni caso, a rigor di legge, si può definire archeologo chi ha:
Laurea triennale in discipline archeologiche, Classe 13 ordinamento DM 509/99 o classe L1 D.M. 270/04 con indirizzo archeologico con un numero di crediti minimi nelle discipline storico-archeologiche corrispondenti a 60 CFU, più almeno 12 mesi, anche non continuativi, di documentata esperienza professionale, nell’ambito delle attività caratterizzanti il profilo.
Questa la definizione di Archeologo di Terza Fascia, secondo la normativa sancita dal Decreto Ministeriale 244/2019 in attuazione dell’articolo 9bis del D. lgs. 42/2004 (Codice del Beni Culturali) così come modificato dalla L. 110/2014.
Detta in modo semplice: gli interventi sui beni archeologici sono affidati alla responsabilità e all’attuazione di archeologi, come definiti sopra.
Senza triennale e 12 mesi di esperienza professionale non si potrebbe lavorare come archeologi.
La legge ha individuato N. 3 fasce di archeologi, con mansioni e responsabilità diverse e progressive, che potete consultare qui.
Ne consegue che più si studia maggiori sono le responsabilità così come le possibilità lavorative: per esempio soltanto gli archeologi con specializzazione o dottorato sono abilitati alla redazione del documento di valutazione archeologica nel progetto preliminare di opera pubblica (VIARCH).
A questo proposito vi segnalo che il portale http://www.archeologiapreventiva.beniculturali.it/ – dove era possibile iscriversi come operatori abilitati – è in dismissione come recita l’annuncio in homepage
“Il portale non verrà più aggiornato e sarà progressivamente dismesso.
Tutti gli archeologi interessati, anche se già iscritti, devono effettuare una nuova registrazione e l’invio della domanda di iscrizione sul portale “professionisti dei beni culturali”.
I committenti e le stazioni appaltanti interessati a verificare nominativi e qualifiche degli archeologi ai sensi della del D.Lgs. 163/2006-D.Lgs. 50/2016 art. 25/ sono pregati di fare riferimento al portale “professionisti dei beni culturali”; non verranno infatti effettuate nuove iscrizioni per la consultazione. Si ricorda che la iscrizione agli elenchi non è obbligatoria né può venire richiesta come tale; al contrario, per esercitare le attività previste dal DM. 244/2019 e da tutte le normative da esso recepite, è sufficiente il possesso dei requisiti, che possono venire autonomamente presentati al committente dal professionista”.
E quindi?
Come si diventa archeologi? Si prende una laurea e si fa esperienza (per iniziare).
Non basta dunque aver scavato nel giardino di casa della nonna per piantare un cactus né aver letto tre-libri-tre su “archeologia, misteri, alieni e cose assurde che però fanno vendere copie e fare soldi” (no, la categoria – purtroppo – non la trovate proprio scritta così sugli scaffali delle librerie) per potersi definire archeologi e tanto meno per poter intervenire sui beni archeologici.
Quello dell’archeologo è un lavoro serio, fatto di competenze molteplici e diversificate acquisite in anni di studio ed esperienza sui cantieri didattici e/o nei laboratori universitari.
E se anche a voi è capitato di dover rispondere all’obiezione del – fastidiosissimo – passante di turno “eh, ma tanto voi state in cantiere SOLO a guardare la ruspa”, sciorinategli tutta la lista degli imperatori romani (soprattutto quelli del Basso Impero) o tutte le facies della ceramica dell’età del bronzo con i dettagli morfologici delle forme ceramiche decorate a impressione o i diversi centri di produzione dell’invetriata medievale, chiedendogli cosa ne pensa del nuovo metodo di datazione della ceramica messo a punto dall’Università di Bristol che utilizza le più recenti tecnologie di spettroscopia, di risonanza magnetica nucleare ad alta risoluzione e di spettrometria di massa per isolare gli acidi grassi.
La sua faccia sarà questa
E il vostro compiacimento impagabile.
Antonia Falcone
Delicata questione quella conclusiva.
Non so, forse la verità è che una certa perimetrazione delle competenze che regolamento attuativo della Legge sulle professioni e noi stessi tendiamo ad attribuirci non è proprio calzantissima rispetto al ruolo sociale legato al mestiere dell’Archeologo che lavora in cantiere.
In archeologia preventiva poi peggio che andar di notte.
E, si badi, non ne faccio una questione di contraddizione fra teoria e prassi, fra accademia e mondo del lavoro. No. Ne faccio invece proprio una questione di errore di prospettiva nella individuazione del ruolo sotto un profilo di rigore nella applicazione del metodo archeologico e saldezza di competenza giuridica, a fronte invece di troppi non sempre indispensabili tecnicismi che ci portiamo dietro e che spesso abbiamo la vanità di esibire.
Me ne faccio assai della lista a memoria degli usurpatori imperiali o del funzionamento del laserscanner se mi manca la precisa (e fondata su apprendimenti meditati, non su semplice esperienza) percezione di dove incroci il diritto (non solo la normativa sui Beni Culturali, ma anche quella sugli appalti, sull’urbanistica, sui doveri del pubblico ufficiale o dell’incaricato di servizio pubblico o di pubblica utilità etc. etc.) con la tempestivissima (anche se magari sommaria, diciamo che di primo acchito un imperatore vale l’altro) individuazione circostanziata e ben delimitata dell’evidenza antica che deve essere sottoposta ad adeguato trattamento.
Insomma una capacità di “triage”, in condizioni sempre difficili e non di rado anche proibitive, che noi tutti dobbiamo avere, ma che nè la norma ci riconosce, nè il mondo del lavoro ci premia (anzi qualche volta persino a contrario), nè noi stessi siamo abituati a descrivere come la nostra più indispensabile qualità.
Ciao Marco, ovviamente la chiusa finale dell’articolo su imperatori e laser scanner è un’iperbole, della quale sono certa avrai colto il significato.
Grazie per il tuo commento!
Dopo tutto questo che ho letto, non ho capito quali corsi di studio all’università bisogna frequentarecper “diventare” archeologo.
Nell’articolo si dice “diversi anni di studio che possono culminare in uno (o più) assegni di ricerca”
Ok, ma diversi anni di studio in quali facoltà?
Ciao Fabio, nell’articolo ho specificato quali sono i corsi di studio che, a norma di legge, ti qualificano come archeologo.
Ti riporto qui il passaggio del post:
“Laurea triennale in discipline archeologiche, Classe 13 ordinamento DM 509/99 o classe L1 D.M. 270/04 con indirizzo archeologico con un numero di crediti minimi nelle discipline storico-archeologiche corrispondenti a 60 CFU, più almeno 12 mesi, anche non continuativi, di documentata esperienza professionale, nell’ambito delle attività caratterizzanti il profilo”.
Grazie per il tuo commento e spero di esserti stata utile!