Online il Portale della Trasparenza del Grande Progetto Pompei

 

È online da questa mattina il Portale della Trasparenza del Grande Progetto Pompei (GPP), che rende disponibili tutti i dati finanziari relativi ai venti appalti finora banditi dalla Direzione Generale del GPP per il restauro e la manutenzione della città antica, per un totale che al momento ammonta a circa 30 milioni di Euro.

 

Il portale è ancora un prototipo, ma è un risultato importante perché offre al grande pubblico informazioni su come viene mantenuto e protetto uno dei siti archeologici più famosi e preziosi del mondo, estremamente presente nell’immaginario collettivo e patrimonio dell’umanità.

 

Ed è proprio la collettività uno degli elementi portanti di questo progetto, perché “se ci sono abbastanza occhi a guardare, tutti gli errori vengono a galla”, e non a caso i cittadini sono invitati ad inviare idee e suggerimenti sul come migliorare il portale stesso, nella prospettiva di una gestione partecipata del sito archeologico.

 

Lo scopo di OpenPompei, infatti, un progetto parallelo al GPP, è proprio quello della promozione di un nuovo modello di gestione del patrimonio culturale incentrato sulla trasparenza e sulla partecipazione.

 

Si tratta di un vero e proprio percorso che “si propone di aprire un canale di comunicazione tra i soggetti che vengono emergendo nell’era digitale – innovatori sociali, attivisti, hackers, startuppers – e lo Stato italiano” ed in virtù di questo ha voluto coinvolgere professionisti dai profili diversi aprendosi anche a contributi esterni e creando una piazza di discussione intorno al tema degli open data e della partecipata attiva dei cittadini (oltre un anno fa, anche noi di PA prendemmo parte a questa discussione con un post realizzato in collaborazione con Valeria Boi).

 

La speranza è di vedere pubblicati in futuro nuovi dati, anche di natura archeologica (piante, rilievi, ricostruzioni virtuali, foto, mappe di rischio, ecc.), che saranno spendibili non solo dalla comunità scientifica italiana ed internazionale, ma potranno dar vita anche a nuovi strumenti di promozione e valorizzazione di Pompei e del territorio campano.

 

Nel frattempo, Pompei si apre a Wiki Loves Monuments, il più grande concorso fotografico del mondo dedicato ai beni culturali, giunto quest’anno alla sua terza edizione nel nostro paese.

 

Il lavoro da fare è ancora tanto, non solo a Pompei ma più in generale nel mondo dei beni culturali, ma i risultati finora raggiunti sono davvero molto incoraggianti.

 

Ben fatto dunque al team di OpenPompei, e buon lavoro a tutti!

 

 

Primo Maggio 2014 Professione Archeologo

Buon Primo Maggio da Professione Archeologo

Buon 1 Maggio a tutti gli archeologi ed aspiranti tali da Professione Archeologo!

Nel post la bellissima grafica di Davide Arnesano (@DavArnesano).

Soggetto di Antonia Falcone (@antoniafalcone).

Primo Maggio 2014 Professione Archeologo

#MuseumWeek: la cultura in 140 caratteri

E il cinguettar m’è dolce in questo mare.

 
I musei italiani ci hanno preso decisamente gusto. Quella che fino a pochi mesi fa era una landa desolata per chi si affacciava su twitter alla ricerca di musei italiani che cinguettassero, si sta fortunatamente trasformando in un mondo parallelo dove utenti, istituzioni e opere d’arte parlanti ogni giorno dicono la loro.

 

 

L’importanza della comunicazione culturale sui social network sta tutta in una parola: confronto. Confronto tra istituzioni, confronto tra utenti, confronto tra addetti ai lavori. Per dirla con un termine inglese parliamo di Strategic Engagement cioè la capacità di “stimolare l’interazione e la conversazione delle persone secondo identità e obiettivi definiti”. (Veronica Gentili)

 
La ricerca di una strategia mirata sui social media non vale più soltanto per i brand e le aziende, ma riguarda sempre di più la sfera culturale, perché la platea è vasta e la possibilità di interagire e farsi conoscere è pressoché illimitata.

 
Le iniziative per stimolare la presenza social delle istituzioni culturali finora sono perlopiù nate all’estero: c’è stato il #FollowaMuseum Day  o il #MuseumSelfie Day, proposte accolte subitaneamente dai musei nostrani che si sono messi in gioco, riuscendo a rappresentare in modo efficace l’Italia e il nostro patrimonio culturale.

 

 

 

Iniziativa invece tutta made in Italy è certamente quella delle Invasioni Digitali, idea nata e sviluppata in casa nostra e che, ad aprile, si avvia alla seconda edizione.
E dalla prossima settimana i nostri musei affronteranno la maratona di #MuseumWeek.
Infatti dal 24 al 30 marzo 2014 i musei di tutto il mondo troveranno in twitter una vetrina a 140 caratteri:

 

 

From March 24-30, museums across Europe will be taking part in the first ever #MuseumWeek. You can follow all participating museums across UK, France, Spain and Italy on these discover pages, and join the conversation by tweeting #MuseumWeek.

 

 

La partecipazione dei musei italiani ancora una volta sarà significativa, quindi non aspettate ancora: iscrivetevi a twitter (se già non siete veterani cinguettatori) e seguite le tracce di #MuseumWeek.
Cultura è partecipazione.

 

 

Qui la lista dei musei che hanno aderito all’iniziativa.

 

@antoniafalcone

Professionisti dei Beni Culturali: quanti siamo? E come siamo messi? (#2)

La scorsa settimana vi abbiamo presentato il progetto Discovering the archaeologists of Europe, a cura della Confederazione Italiana Archeologi, questionario che si propone di indagare le condizioni lavorative degli archeologi italiani ed è parte di un progetto Europeo di analisi del settore.

 

 

Oggi invece vi parliamo dell’Autocensimento dei collaboratori esterni Mibact e istituzioni di enti locali promosso dall’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli.

 

 

Obiettivo del censimento è quello di “analizzare lo stato del precariato dei professionisti dei beni culturali in Italia”, dimostrando la presenza di professionalità altamente qualificate che lavorano come collaboratori esterni del Ministero e delle istituzioni degli enti locali. I precari dei beni culturali si occupano soprattutto di ricerca, tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio culturale. Si tratta di professionisti che lavorano per il settore pubblico con contratti perlopiù precari, mettendo in campo un bagaglio di competenze di altissimo profilo, acquisito in anni di formazione ed esperienza, ma che spesso sono privi di tutele e garanzie.

 

 

L’autocensimento nasce per iniziativa di “un gruppo di storici dell’arte, archeologi, archivisti, bibliotecari e informatici che collaborano attivamente con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo”, che attraverso questo progetto vogliono porre l’accento sulla necessità di tutelare e valorizzare le professionalità che operano nel settore dei beni culturali.

 

 

I problemi della formazione, della qualificazione professionale e del lavoro sono da sempre al centro delle attività dell’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, approfonditi nel tempo  attraverso ricerche, convegni e pubblicazioni.

 

 

Al termine della raccolta dati, i risultati saranno analizzati e resi pubblici.

 

 

Per partecipare all’autocensimento basta compilare la scheda a questo link.

 

Per domande e chiarimenti è possibile contattare l’Associazione tramite mail precari.mibact@gmail.com

 

 

Le modalità di gestione del trattamento dei dati personali degli utenti e visitatori della pagina sono consultabili sulla pagina dedicata alla privacy. policy 

 

#Followamuseum Day: appuntamento il 1 febbraio

Attenzione amanti dei musei e semplici curiosi :

il 1 febbraio 2014 torna il Follow a Museum Day!

Che siate Twitter-addicted o cinguettatori alle prime armi,

ma anche se volete solamente promuovere il vostro museo preferito o scoprirne i segreti,

sabato è il giorno giusto.

 

 

 

L’iniziativa, nata nel 2010 da un’idea di Jim Richardson,  si  propone di mettere al centro della comunicazione su Twitter, almeno per un giorno, le istituzioni museali .

 

 

 

Come?

Suggerendo agli amici di visitare e seguire il vostro museo preferito.

Raccontando agli operatori del settore cosa pensate delle mostre che hanno organizzato.

Facendo domande sulle opere o spiegando perché il museo in questione vi ha riavvicinato all’arte.

 

 

Non ci sono limiti precisi, l’unico requisito è l’hashtag: #followamuseum.

 

 

Se vogliamo sintetizzare lo scopo dell’evento, che è giunto alla sua quinta edizione e che verrà “festeggiato” quest’anno in 15 diversi paesi, possiamo dire che si tratta di una Giornata dei Musei su Twitter (e non solo, l’iniziativa è stata rilanciata anche su altri social: Pinterest, Google+ e Facebook).

 

 

 In Italia, per il momento, le istituzioni museali presenti sono già 20, con una buona presenza delle reti civiche delle capitali dell’arte come Venezia (@visitmuve_en), Firenze (@musefirenze) e Roma (@museiincomune).

Meno numerose le adesioni dei Musei Statali tra cui spiccano MART ( @Mart_museum ) e MAXXI  ( @Museo_MAXXI ), e , per la gioia dei cultori dell’antico, il Museo Archeologico di Firenze ( @MAF_firenze ).

 

 

Tuttavia, vista la fortunata iniziativa di far cinguettare le opere d’arte più iconiche di quest’ultima categoria di istituzioni per promuovere il patrimonio archeologico, paleontologico e artistico italiano, sarebbe un peccato che le due felici iniziative non venissero conciliate su più larga scala.

 

 

 

Chi meglio di @a_bronzo, @bronzoB, @LVero_Marengo, @ChimeraMAF, @Paolina_BB, @CiroSauro, @il_Sileno, @CarolCardidello e @HomoVi potrebbe infatti coinvolgere la parte più distratta del popolo di Twitter o rispondere ai quesiti meno squisitamente tecnici?

 

 

Beh, che la loro dimora aderisca ufficialmente a #followamuseum o no, sono certa che i nostri beniamini sabato non si sottrarranno a qualche domanda.

 

 

 

E allora che aspettiamo, scegliamo il museo e prepariamo le domande: che #followamuseum sia!

 

 

 

@OpusPaulicium

Professionisti dei Beni Culturali: quanti siamo? E come siamo messi? (#1)

Sono attualmente in corso due iniziative di “censimento” dei professionisti dei beni culturali, la prima rivolta agli archeologi e la seconda ai collaboratori esterni del Mibact:

 

– Discovering the Archaeologists of Europe (Confederazione Italiana Archeologi) #1

 

– Autocensimento dei collaboratori esterni Mibact e istituzioni di enti locali (Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli) #2

 

 

Oggi vi presentiamo il primo progetto, volto ad indagare e quantificare il vasto mondo dei professionisti dell’archeologia: Discovering the Archaeologists of Europe. Si tratta infatti di un’iniziativa  “finalizzata al monitoraggio, allo sviluppo e alla valorizzazione del lavoro degli archeologi europei”.

 

Partner ufficiale per l’Italia è la Confederazione Italiana Archeologi, prima associazione italiana di archeologi professionisti, nata nel 2004.

 

Il progetto è alla sua seconda edizione ed ha come obbiettivo lo studio e l’analisi dei dati sul lavoro degli archeologi professionisti, relativi al biennio 2012-2014.

 

In particolare, come riportato sul sito web 

 

“Discovering the Archaeologists of Europe 2014 is a transnational project, examining archaeological employment and barriers to transnational mobility within archaeology across twenty European countries. It is undertaken with the support of the Lifelong Learning Programme of the European Union. It is a successor to the previous Discovering the Archaeologists of Europe project which ran from 2006-2008.”

 

Il focus dell’analisi si concentra soprattutto sugli effetti indotti dalla recessione economica nelle dinamiche occupazionali degli archeologi professionisti, con l’obiettivo di elaborare strategie utili al superamento della crisi, partendo dal tema cruciale della formazione.

 

Nei mesi scorsi vi avevamo parlato del dibattito Digging in the Crisis, svoltosi a Roma il 14 marzo, nel corso del quale erano emerse con forza le problematiche legate al rapporto tra formazione e lavoro.

 

La rilevanza del tema è stata rilanciata durante l’incontro che la Confederazione Italiana Archeologi ha tenuto a Paestum, in occasione della XVI Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, per presentare i dati parziali della campagna #letsdisco, partita a Novembre 2013.

 

Qui trovate l’elaborazione dei dati ricavati dalle prime 200 risposte.

 

Il progetto si avvale di un sito web per la raccolta dei questionari, utili a censire sia gli archeologi italiani che lavorano come liberi professionisti o dipendenti, sia le società archeologiche che operano nel settore.

 

E’ sufficiente registrarsi con un indirizzo mail valido e procedere alla compilazione, che necessita di circa 10 minuti. E’ possibile sospendere la redazione del questionario e riprenderla in un secondo momento: il sistema salverà automaticamente i dati inseriti. Tutti i dati inseriti sono anonimi e il loro utilizzo è vincolato alle finalità statistiche legate allo svolgimento del progetto.

 

La campagna web di diffusione dei questionari si è svolta prevalentemente sui canali social della CIA, in particolare su fb e twitter, dove è stato rilanciato l’hashtag #letsdisco.

 

Supporto per la raccolta dati è stata una campagna di “marketing” virale per immagini, sviluppata in due tranche: la prima volta a lanciare il questionario con il richiamo ad alcune delle domande del formulario; la seconda basata sul concept dei “Vintage Posters” con la riproposizione di note opere d’arte del passato trasfigurate e rilette da Davide Arnesano (graphic designer del progetto, nonchè creativo di Professione Archeologo – @DavArnesano).

 

 

La centralità strategica della valorizzazione del progetto sulle piattaforme web e social era stata già anticipata nel corso del convegno European Association of Archaeologists, svoltosi a Pilsen nel settembre 2013, dove è stata presentata proprio la campagna di valorizzazione dedicata ai social media.

 

A questo link potete trovare il report (e ci siamo anche noi di Professione Archeologo!)

 

Tra gli obiettivi della strategia di digital engagement messa in atto, sia per il convegno Digging in The Crisis che per #letsdisco, c’è infatti l’audience development, cioè un processo/percorso che abbia come finalità quella di allargare e diversificare i pubblici: bloggers, utenti Twitter, Facebook, etc.

 

Insomma un progetto di archeologi per archeologi abituati a navigare nel mare magnum del web.

 

Vi ricordiamo che la raccolta dati è tuttora in corso.

 

E se non avete ancora risposto, cosa aspettate? #letsdisco!

 

 

Riconoscimento: #sipuòfare

Prima o poi doveva succedere. Ed è successo.

 

I professionisti dei beni culturali hanno deciso di sottrarsi al gioco al massacro che è stato fatto sulla loro pelle per anni, hanno deciso di unire le forze per ritagliarsi un ruolo attivo nella discussione sui provvedimenti che riguardano il futuro del settore.

 

Abbiamo cominciato col dire NO ad un bando che ci trasformava da professionisti pluriformati e competenti in #500schiavi a 3,5 euro l’ora.

 

Ci siamo fatti sentire e qualcuno ci ha ascoltati. Il bando è stato limato e le perplessità sono rimaste. Perplessità che ci hanno fatto scendere in piazza l’11 gennaio.

 

Eravamo tanti, arrabbiati e propositivi, perché le due cose non per forza si devono escludere. Eravamo archeologi, storici dell’arte, archivisti, bibliotecari, categorie che di solito si ignorano reciprocamente e cordialmente.

 

Ci siamo incontrati sapendo di avere un’idea comune di futuro, un futuro che non vogliamo farci strappare di mano, che vogliamo contribuire a costruire insieme a chi ci dovrebbe rappresentare, in un dialogo costruttivo tra nuove interpretazioni politiche, nuove proposte, nuovi scenari.

 

Ecco, forse la parola d’ordine è e sarà sempre di più Nuovo. Anche se hanno tentato di imbrigliarci in vecchi schemi, la verità è che c’è un’intera generazione che non desidera altro se non un confronto serio, pacato e chiaro su alcuni temi chiave.

 

Ed è giunto di momento di darci (e di prenderci) quest’opportunità.

 

Ci piace prendere in prestito le parole di @g_gattiglia:

 

Ora è il momento delle proposte, di invertire, come suggeriva qualcuno in piazza, i cartelli e trasformare i 500no in #500on.

 

Bene, il nostro primo #500on è destinato ad un tema che sta a cuore a tutti i professionisti dei beni culturali: il #riconoscimento della nostra professione, che da ieri é più vicino.

 

In una quasi fatale concomitanza con la nostra protesta, infatti, la Camera dei Deputati ha approvato la PdL 362 (al link il testo della proposta di legge) Madia, Ghizzoni, Orfini che prevede integrazioni al Codice dei Beni Culturali atte a riconoscere i professionisti del settore.

 

Sebbene manchi ancora il via libera del Senato, il fatto è comunque epocale: sia per la velocità con cui si è passati da una mancata approvazione in Commissione Cultura ad una calendarizzazione della discussione in Aula, sia per la larga maggioranza, o meglio per la quasi unanimità (con la sola astensione del gruppo Fratelli d’Italia) con cui è stata licenziata a Montecitorio.

 

Sin qui le buone novelle. E tuttavia non è stata una passeggiata.

 

Alla prima delusione dovuta al ritiro dell’appoggio del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura, si sono sommate le critiche della stessa parte politica lunedì 13 gennaio alla Camera.

 

Molti di noi, quando hanno sentito dire che l’approvazione della #pdl362 “non era urgente” hanno temuto che l’agognato #riconoscimento si allontanasse inesorabilmente.

 

Alcune delle critiche sollevate si basano sul supposto pericolo di creazione di Albi professionali, secondo un’errata lettura del disegno di legge ed una scarsa conoscenza del diritto europeo in materia, nonché sulla mancanza della figura del manager culturale tra le figure da normare.

 

A ridosso dell’approvazione alla Camera, a queste critiche si sono aggiunti gli interventi di alcuni Docenti universitari che chiedevano un ruolo attivo delle Università nell’approntamento degli elenchi ministeriali di professionisti previsti dalla PdL 362.

 

Come è finita per adesso lo sappiamo tutti. Con qualche emendamento e qualche giorno di riflessione quasi tutti gli scettici alla Camera hanno deciso che il #riconoscimento era un atto doveroso.

 

Ringraziando i relatori della proposta di legge, Onorevoli Marianna Madia, Manuela Ghizzoni e Matteo Orfini senza i quali oggi non staremmo neanche a parlare del riconoscimento dei professionisti dei beni culturali, vogliamo aggiungere un “GRAZIE” a noi stessi, a tutti noi professionisti dei beni culturali.

 

Noi che abbiamo trovato il modo ed il tempo di protestare in modo forte, pacifico e civile contro un bando iniquo.

 

Noi che abbiamo dimostrato che tuteliamo il passato, ma sappiamo usare i mezzi di comunicazione del momento come e meglio di altri.

 

Noi che abbiamo scoperto il coraggio e l’orgoglio di riconoscerci in un folto gruppo di professionisti apparentemente eterogeneo, ma dalle richieste comuni.

 

Noi che da ieri sappiamo che le nostre istanze non cadono più nel generale disinteresse.

 

Noi che abbiamo capito che se una cosa ci interessa veramente ed è legittima #sipuòfare

 

Crediamoci.

 

@pr_archeologo

 

#beniculturaliaperti: sottoscrivi gli emendamenti

Abbiamo deciso di iniziare il 2014 con il sostegno all’iniziativa #beniculturaliaperti.

 

 

Negli ultimi mesi sulle pagine di Professione Archeologo ci siamo occupati spesso di Open Data perchè siamo convinti che la battaglia per aprire i dati e consentirne l’accessibilità a tutti senza limiti di riproduzione e senza brevetti sia imprescindibile quando si parla di ricerca, studio e valorizzazione.
Aprire i dati significa prima di tutto condivisione, partecipazione e trasparenza, ma vuol dire anche creare “occasioni di sviluppo economico per chi già lavora con dati delle pubbliche amministrazioni o per chi ha progetti che necessitano l’analisi o l’uso di dati.” (Cosa sono gli open data?)

 

 
Si tratta, in poche parole, di un fatto di civiltà, necessario più che mai oggi, nel 2014.

 

 
Basti pensare che poco prima di Natale la British Library, biblioteca nazionale del Regno Unito, ha rilasciato su Flickr oltre un milione di immagini disponibili per tutti senza alcuna restrizione di copyright. Significa cioè che “chiunque può scaricarle, ripubblicarle, rielaborarle e farne l’uso che vuole”.

 

 

Anche il Getty Museum nell’estate dell’anno scorso ha rilasciato ben 4.600 immagini del suo immenso archivio: “l’iniziativa, chiamata Open Content Program, offre gratuitamente file in alta risoluzione e in cambio chiede solo di porre una didascalia che specifica come l’immagine sia stata ceduta per gentile concessione”.

 
Insomma sembra che all’appello manchiamo solo noi.

 

 

Ed è per questo motivo che invitiamo i nostri lettori a sottoscrivere gli emendamenti di #beniculturaliaperti.
Si tratta di un progetto di Open Knowledge Foundation Italia OKFn Italia con il supporto di International Webmasters Association IWA Italy  che “vuole promuovere una serie di modifiche al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio per rendere i dati dei Beni Culturali Italiani disponibili e riusabili per tutti”.

 

 
Sul sito è disponibile il testo dei nove emendamenti proposti, con relativa motivazione. E’ inoltre possibile commentare il testo qui.

 

 

Per sottoscrivere gli emendamenti basta collegarsi su www.beniculturaliaperti.it e compilare il form a questo link: in questo modo è possibile sostenere l’iniziativa presso il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo nella persona del Ministro Massimo Bray inviandogli, oltre al link al testo degli emendamenti, il seguente testo:

 

 

Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Massimo Bray

Gentile Ministro Bray,

sottoponiamo alla Sua Attenzione degli emendamenti al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio per introdurre il principio di opendata per i dati dei Beni Culturali.
Siamo convinti che il potenziale conoscitivo del nostro Patrimonio artistico sarà amplificato proprio grazie alla semplificazione e al riuso dei dati delle nostre opere d’arte, incoraggiandone la conservazione e la visita.
Riteniamo anche che un’accessibilità diretta ai dati digitali sia fondamentale: per far conoscere opere meno note e per tutelarne la conservazione; allo stesso tempo tali emendamenti favorirebbero la digitalizzazione delle opere dal momento che poi i dati sarebbero a disposizione di tutti e riusabili facilmente.

Ci rivolgiamo a Lei Ministro Bray, consapevoli che il lavoro di conservazione, catalogazione e restauro delle nostre opere d’arte dei professionisti che, presso le varie istituzioni dello Stato, ne sarà valorizzato e sarà di esempio per gli altri Paesi.

Confidiamo nella sua disponibilità e nell’accoglimento delle nostre proposte

Grazie

 

 

Gli hashtag da seguire su twitter sono #beniculturaliaperti #opendata #openheritage