C’è l’archeologo che – Riflessioni a margine dell’incontro degli #archeoblogger

C’è l’archeologo che crea e aggiorna il blog della Soprintendenza.

 

C’è l’archeologo che ha smesso di fare l’archeologo e fa il social media manager.

 

C’è l’archeologo che ha un blog, anzi due, gira, monta e carica video su YouTube.

 

C’è l’archeologo che sveglia i musei e sa come raccontare le storie.

 

C’è l’archeologo che gestisce i canali social della Soprintendenza.

 

C’è l’archeologo che spiega l’archeologia ai bambini.

 

C’è l’archeologo che fa il ricercatore, l’informatico e il blogger.

 

C’è l’archeologo che raccoglie e studia i dati di analytics perché, senza i numeri, le chiacchiere stanno a zero.

 

C’è l’archeologia del blogging con chi ha aperto un blog già nel lontano 2005.

 

E c’è una giornalista che li ha riuniti, non una, ma due volte.

 

Tutto ciò accade a Paestum dal 2013.

 

La sfida? Portare degli umanisti, cresciuti tra Virgilio e il manuale di Carandini, a parlare di social media, blogging, storytelling e archeologia.

 

Sono gli archeoblogger e sono tra noi.

 

Un miscuglio strano di linguaggi che trovano una sintesi sul web: riescono a parlare di antichità senza tirare per forza in mezzo il “tempio tetrastilo” , riescono a comunicare al grande pubblico senza cadere nel facile sensazionalismo di matrice kazzengheriana, riescono ad essere multitasking e a loro agio tra Facebook, Twitter, Tumblr, WordPress. Conoscono bene il significato di paroloni come engagement, insight, EdgeRank, reach, tone of voice e tanti altri.

 

Si aggirano per il web, ognuno con un blog, un sito o diversi account social e dicono ciò che pensano sul panorama dell’archeologia italiana: evidenziano con chiarezza quello che non va e quello che invece andrebbe valorizzato.

 

Generalmente parlano tra di loro o con altri professionisti. Le istituzioni accademiche e/o politiche spesso sono assenti e poco inclini al confronto. Ma tutto questo non scoraggia i nostri archeologi Indie (Giuliano De Felice dixit)  perché sono abituati a perseverare.

 

Non c’è nessuno che conosca meglio di loro:

 

l’arte della pazienza messa alla prova strato su strato, coccio infinitesimale su coccio, lucido su lucido sbavato da tratti di china;

la flessibilità, cioè “che tanto hai voglia ad essere archeologo, alla fine ti toccherà inventarti un lavoro serio tra un cantiere e l’altro”.

 

E di pazienza, flessibilità e creatività dovremo averne tanta in futuro, perché, nonostante il nostro Ministero, rappresentato a Paestum dalla dott.ssa A.M. Buzzi (Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale), abbia pazientemente interloquito con i blogger, non ci è sembrato di vedere una forte e chiara volontà di creare, nelle attività di comunicazione e divulgazione del patrimonio culturale, degli spazi di azione condivisi tra i professionisti e il MiBACT.

 

La Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale dovrebbe infatti offrire un servizio di Comunicazione e promozione del patrimonio culturale: “supporta il Direttore Generale nelle attività relative alla comunicazione, alla promozione e alla diffusione della conoscenza del patrimonio culturale, in ambito locale, nazionale ed internazionale, anche mediante la progettazione e la realizzazione di apposite campagne integrate di informazione e di divulgazione, in campo nazionale e internazionale (…) studia le migliori pratiche e i nuovi modelli operativi finalizzati alla presentazione al pubblico del patrimonio culturale, anche attraverso sistemi innovativi di divulgazione, esposizione multimediale e modelli virtuali, film documentari, pubblicazioni elettroniche”.

 

Lodevole dichiarazione di intenti, eppure di strada da fare ce n’è ancora tanta.

 

E se è vero che il motivo ufficiale è “Non ci sono fondi”, è altrettanto ineludibile il fatto che bisogna fare in fretta. Chi valorizza il patrimonio culturale del nostro Paese deve dare un segno tangibile della volontà di puntare sulla comunicazione e sull’allargamento del pubblico, perché senza il pubblico, senza la comunità che accoglie e vive e difende la propria storia, cosa ci stanno a fare gli archeologi?

 

Gli archeoblogger continueranno a fare quello che gli riesce meglio: cercare di portare l’archeologia dalle aule accademiche e dalle trincee di sottoservizi al mondo là fuori.

 

Speriamo che il mondo là fuori sia pronto ad accoglierci, altrimenti quello che rimarrà sarà un chiacchiericcio di sottofondo ai tanti problemi che ci sono.

 

E proprio perché noi facciamo sul serio, a marzo 2015 uscirà per le edizioni Cisalpino (Istituto Editoriale Universitario), il volume Archeostorie, a cura di Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti. Storie vissute di archeologi che raccontano l’archeologia di oggi (e forse anche quella di domani).

 

@antoniafalcone

 

[Credit foto: Francesco Ripanti]

 

 

Il ritorno degli #archeoblogger: l’intervento di Professione Archeologo alla #BMTA2014

 

Sono stati giorni intensi, pieni di scoperte, incontri, interessanti prospettive future.

 

Torniamo dalla XVII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico cariche di idee e pronte a nuove sfide. L’incontro con gli altri #archeoblogger è stato illuminante, ed ha mostrato chiaramente che l’archeologia on line è sempre più ricca e sfaccettata e che si evolve in fretta, proprio come il web che è il luogo in cui vive, proprio come la realtà di tutti i giorni che non è mai uguale a se stessa.

 

In attesa di raccontarvi più nel dettaglio le nostre sensazioni e riflessioni, vi proponiamo qui le slide dell’intervento della nostra Antonia Falcone, che in occasione della tavola rotonda SOCIAL MEDIA & ARCHAEOLOGICAL HERITAGE FORUM. ARCHEOBLOG: RACCONTARE L’ARCHEOLOGIA NEL WEB ha parlato di analytics, dati e sentiment degli utenti che interagiscono sul blog e sui canali social di Professione Archeologo, così come abbiamo potuto registrarli nell’anno e mezzo di vita del nostro sito.

 

Cosa cercano gli archeologi italiani in rete? E perché lo fanno?

 

 

Qui trovate le slide del nostro intervento a Paestum

 

 

Arrivano i nostri! E si chiamano Monuments Men

C’era una volta un movimento nato da cittadini che volevano liberare la cultura, avevano deciso di chiamarsi Invasori, ma non Invasori qualunque, bensì Invasori Digitali.

 

Sembra passato un secolo, ma la prima iniziativa dei protagonisti di oggi risale solo alla primavera 2013. Da allora lo spirito non è cambiato, ma il successo delle loro iniziative è stato tanto inarrestabile e indiscutibile da incassare, in occasione dell’edizione 2014 delle Invasioni Digitali , anche il plauso del Ministro Dario Franceschini.

 

Ma si sa, le orde di tal fatta non stanno mai tranquille e, in attesa di altri interessanti progetti che potete scoprire sul loro sito, hanno deciso di regalarci, insieme all’Associazione Nazionale Piccoli Musei, il Monuments Men Week End.

 

Al grido di Fotografa-Condividi-Salva dal 6 all’8 giugno la squadra  degli Invasori invita  tutti ad emulare i Monuments Men protagonisti dell’ultimo, omonimo film diretto e interpretato da George Clooney.

 

Lo scopo é, come nelle iniziative precedenti, contribuire alla tutela e alla valorizzazione dei beni artistici italiani, promuovendo una concezione aperta, diffusa e condivisa della nostra cultura.

 

Gli obiettivi da salvare, armati di smartphone e tablet, sono:

 

– Musei o siti d’interesse storico chiusi o a rischio chiusura
– Piccoli Musei e/o luoghi poco conosciuti
– Situazioni difficili legate ai beni culturali
– Luoghi dove si trovano le opere salvate dai Monuments Men

 

Le segnalazioni dei singoli sono già in corso e, per tutta la penisola, proliferano i “salvataggi organizzati” contraddistinti in modo inequivocabile dall’hashtag #MonumentsMenWE.

 

Non siate pigri dunque! Quando vi ricapita di poter emulare George e la sua squadra?

 

Tra gli eventi organizzati a Roma e dintorni vi segnaliamo il  “salvataggio” digitale della Necropoli di Porto, lanciata dal Comitato Promotore  Parco Archeologico Fiumicino Ostia Antica nell’ambito delle attività di sensibilizzazione della cittadinanza e delle autorità locali per la realizzazione di un grande Parco Archeologico.

 

@opuspaulicium (Paola Romi)

 

 

Opening the Past 2014

Opening the Past 2014 (Pisa, 23 maggio)

 

“Aprire il passato significa raccontarlo”

 

Con questa filosofia si svolge oggi a Pisa la seconda edizione di Opening the Past, il convegno di Mappa Project dedicato all’archeologia che parla agli altri e fa parlare di sé.

 

Il tema di quest’anno è immersive archaeology ed ha al centro la riflessione sulle diverse tecniche narrative che le moderne tecnologie mettono a disposizione degli odierni archeologi-narratori.

 

Seguendo le esperienze di archeologi che sono anche blogger, video maker, esperti di social network e di gamification, Opening the Past racconta l’archeologia che ci piace, che indaga il passato ma è immersa nel presente e in questo tempo crea relazioni forti con il grande pubblico, con le comunità locali, con l’affollata platea della rete.

 

Quattro sessioni per condividere esperienze e lanciare nuove idee, all’insegna della partecipazione, degli open data e di una divulgazione sì scientifica, ma anche innovativa nei modi, che non ha paura di imboccare nuove strade.

 

Come lo scorso anno, anche quest’edizione presenta un video contest, con sei video in gara per raccontare le diverse facce dell’archeologia, dal lavoro sul campo, alla divulgazione fino alla protesta. I video sono elencati in questa pagina e per qualche ora (fino alle 12 di oggi) sarà ancora possibile votarli cliccando ‘mi piace’ su You Tube.

 

Qui il ricco programma dell’evento dell’evento, mentre a questo link sono disponibili i pre-atti dell’evento, liberamente scaricabili in formato .pdf.

 

Mappa Project ha anche una Pagina FB ed un account Twitter.

 

Sarà possibile seguire gli aggiornamenti da Opening The Past attraverso l’hashtag #op14.

 

@domenica_pate

 

 

#Pompei 2013 d.C.

Nell’ultima settimana la stampa ha dedicato ampio spazio al dibattito su Pompei: tra l’ennesimo crollo e la proposta di un supermanager, legato alle banche, la community ha voluto dire la sua. E qualcuno ha ricordato l’evento cinematografico del British Museum.

 

Qui trovate lo storify #Pompei 2013 d.C.

 

E’ del 4 novembre, a tre anni esatti dal cedimento della Schola Armaturarum, il crollo della porzione di un setto murario di una domus in Via dell’Abbondanza (casa numero 21 dell’Insula V – Regione VIII). E purtroppo, come ormai accade di frequente negli ultimi anni, il nome di Pompei, almeno in Italia, è legato a crolli, scarsa manutenzione e all’idea di un disastro annunciato.

 

Tutto questo avviene mentre la politica arranca e non riesce a sciogliere i nodi delle nomine: ancora non è stato designato il direttore generale di progetto, al quale dovrà affiancarsi un vicedg vicario. Nell’ultima settimana, un articolo del Sole24ore, ha rivelato che il nome che circola per la carica è quello di Giuseppe Scognamiglio, economista-diplomatico nonchè Vicepresidente di Unicredit.

Una nomina chiaramente politica, che nulla ha a che fare con l’archeologia, la tutela e la valorizzazione.

 

A Pompei ne sono passati tanti: “Episodi recenti di manager-salva-tutto destano allarme. Nel novembre 2008 l’allora Direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale Mario Resca, ex manager di McDonald’s Italia imposto al vertice del MiBAC da Silvio Berlusconi, formulò una proposta che gli guadagnò i sarcasmi della stampa anglosassone. A suo avviso Pompei avrebbe dovuto costituire il set per spettacolari operazioni di lancio di prodotti delle multinazionali dell’elettronica. L’ultimo plenipotenziario di Pompei, Marcello Fiori, è finito sotto inchiesta per truffa e frode connessi ai lavori di restauro” (fonte Huffington Post)

 

 

E mentre da noi si discute (inutilmente), il British Museum agisce, con mirate strategie di valorizzazione e comunicazione: oltre alla mostra sold-out su Pompei ed Ercolano (sponsorizzata da Goldman Sachs), il museo britannico ha prodotto un film-evento che racconta la vita degli abitanti delle città vesuviane al momento dell’eruzione del Vesuvio.

 

Pompei arriva anche in Italia (25-26 novembre)  e noi di Professione Archeologo andremo a vederlo. Presto la recensione!

 

 

 

 

Wiki Loves Monuments - Wikipedia - Italia

Wiki Loves Monuments: fotografia, monumenti e cultura libera

Monumenti e fotografia, declinati secondo la pratica della cultura libera tipica di Wikipedia. Volevamo saperne di più e così abbiamo chiesto a chi sta lavorando dietro le quinte del progetto.

 

Il post di Ginevra Sanvitale, che siamo lieti di ospitare, ci spiega così gli scopi del progetto, come funziona, e le particolarità del caso italiano.

 

Buona lettura!

 

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Cos’hanno in comune Wikipedia, il patrimonio culturale e la fotografia? Semplice: sono le tre componenti chiave di Wiki Loves Monuments.

 
Wiki Loves Monuments è un concorso fotografico sui monumenti e i beni di interesse artistico-culturale aperto a tutti e da cui tutti possono beneficiare -anche chi non partecipa. Le foto scattate per il concorso, infatti, vengono caricate su Wikimedia Commons, un database di file multimediali collegato a Wikipedia, e rilasciate con una licenza Creative Commons che ne permette il riutilizzo, la copia e la modifica da parte di chiunque.

 
Il concorso nasce nei Paesi Bassi nel 2010 e l’anno successivo si diffonde in tutta Europa, coinvolgendo 18 paesi. La semplicità e l’immediatezza del progetto riescono a coinvolgere da subito un gran numero di partecipanti: per partecipare è sufficiente scegliere uno o più monumenti dalle liste apposite, fotografarli (senza alcuna limitazione per quanto riguarda qualità, quantità e manipolazione delle foto) e caricare le immagini su Commons. La licenza CC-BY-SA, con cui vengono rilasciate, consente la loro diffusione e rielaborazione liberamente e gratuitamente, a patto di citarne l’autore e di rilasciare l’eventuale opera derivata sotto lo stesso tipo di licenza.

 
Le sorti delle immagini partecipanti possono essere tante e diverse.

 

La prima, naturale destinazione è Wikipedia: ogni enciclopedia che si rispetti ha bisogno di qualche foto che dia un po’ di colore e ne illustri gli articoli, specialmente se si parla di patrimonio culturale e specialmente se si parla del nostro, che è così bello e ricco – sarebbe davvero riduttivo descriverlo senza poterlo mostrare!

 

Ma Wiki Loves Monuments può anche essere fonte di materiale didattico per le scuole, o promozionale per le istituzioni: basta citare la fonte e poi le foto sono di tutti coloro a cui servono. Infine, il concorso è un modo per conservare la memoria dei nostri monumenti, per costruire un ricordo condiviso del nostro patrimonio.

 
L’Italia partecipa per la prima volta l’anno scorso, anche se nel 2011 ci avevamo già provato. L’ostacolo più grande proviene dalle nostre leggi in tema di conservazione e gestione del patrimonio culturale, che non prevedono libertà di panorama, cioè la possibilità di scattare liberamente fotografie ai beni culturali, in particolare quelli visibili in luoghi pubblici. Secondo il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, infatti, la riproduzione fotografica di un bene culturale è soggetta a richiesta di autorizzazione ed eventualmente al pagamento di un contributo, a meno che non sia per scopi strettamente personali. Anche se non c’è più alcun tipo di copyright sul bene, e anche se il bene è visibile dal suolo pubblico.

 
A questo bisogna aggiungere il giogo della burocrazia italiana, per cui non ci sono solo le soprintendenze ad avere in consegna monumenti, ma comuni, regioni, provincie e così via: chiedere le autorizzazioni è un lavoro immenso.

 
Tuttavia, la richiesta delle autorizzazioni ente per ente è l’unico modo possibile. Così nel 2012 ci siamo rimboccati le maniche con un po’ di anticipo e siamo riusciti ad ottenerne un certo numero – piccolo, considerata la quantità di beni di interesse artistico presenti nel nostro paese, ma sempre meglio che niente.

 

L’Italia si è classificata tredicesima a livello mondiale per numero di immagini partecipanti, e ben due nostro foto si sono classificate tra le prime dieci della versione internazionale del concorso, a cui partecipano tutte le foto vincitrici dei vari concorsi nazionali.

 
Quest’anno ci proviamo di nuovo: l’esperienza dell’anno scorso ci ha aiutati molto, e già abbiamo 400 monumenti da 75 istituzioni pubbliche e private. Ma noi non ci accontentiamo, e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per aumentare ancora di più il numero dei beni fotografabili. Tutti possono partecipare all’organizzazione di Wiki Loves Monuments chiedendo al proprio Comune di liberare i propri monumenti concedendo l’autorizzazione a fotografarli per il concorso.

 
Se vuoi aiutarci, trovi tutte le informazioni sul nostro sito. Se invece preferisci partecipare come fotografo/a, leggi il regolamento – le foto possono essere state scattate in qualsiasi momento, ma vanno caricate durante il mese di settembre. Infine, se vuoi vedere cosa abbiamo prodotto l’anno scorso puoi dare uno sguardo alle foto vincitrici.

 

 

Ginevra Sanvitale

 

Archeologi in Progress: da dove nasce l’archeologia di domani ~ di Gesualdo Busacca

Siamo davvero lieti di ospitare oggi sul nostro blog per la prima volta un pezzo a firma di Gesualdo Busacca, presidente dell’associazione culturale ArcheoUnict, tra i protagonisti e gli organizzatori del V Convegno Nazionale dei Giovani Archeologi, che si è svolto a Catania dal 23 al 26 maggio scorsi.

 

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Raccontare in breve spazio l’esperienza del V Convegno Nazionale dei Giovani Archeologi è impresa difficile. E lo è ancor di più per chi come me lo ha organizzato e seguito in tutte le sue fasi.

 

Quando abbiamo ideato il Convegno, durante una tranquilla riunione di redazione per il sito internet di ArcheoUnict, lo abbiamo pensato come un evento creato ed organizzato da studenti per studenti: volevamo fossero loro ed i giovani ricercatori gli unici protagonisti. Soprattutto, volevamo un convegno atipico, giovane e dinamico, con un marchio inequivocabile di novità.

 

“Un convegno nato dal basso”: con queste parole si è aperto Archeologi in Progress: il cantiere dell’archeologia di domani, che si è svolto a Catania lo scorso maggio, nato grazie alla collaborazione tra i giovani organizzatori ed il corpo docente dell’Università siciliana che ha garantito la qualità scientifica dei contributi presentati.

 

Un convegno social: e non avrebbe potuto essere altrimenti. Tanti i modi per essere presenti anche da lontano: un incessante live-tweeting, un evento Facebook sempre aggiornato, condivisione quasi istantanea di foto, e infine live streaming dei momenti salienti.

 

Un convegno aperto alle nuove frontiere dell’archeologia.

 

L’archeologia deve dialogare con il mondo di oggi: deve farlo innanzitutto studiando strategie per comunicare in maniera efficace i risultati – e con essi l’utilità della ricerca – al pubblico, che non può essere il circolo elitario degli specialisti. Se ne è parlato nel corso del workshop dedicato alla comunicazione archeologica, coordinato da Alessandra Cilio. Sono tante le idee nate nel breve spazio di un pomeriggio, molte le prospettive di collaborazione tra le diverse realtà che in questa occasione si sono conosciute e hanno discusso.

 

Se l’archeologia deve parlare al mondo di oggi, deve parlare anche di temi che interessano il mondo di oggi, tentare di dare risposte agli interrogativi della realtà contemporanea. Il workshop sull’archeologia della crisi, coordinato da Giuseppe Cacciaguerra, ha affrontato l’attualissimo problema della crisi economica da una prospettiva storico-archeologica, cercando analogie e legami rivelatori tra diversi momenti critici della storia, per aiutarci a comprendere meglio quello attuale.

 

Infine, se l’archeologia deve progredire come disciplina, non può chiudersi di fronte alle nuove metodologie di ricerca: siamo stati orgogliosi di ospitare, per la prima volta in ambito accademico in Italia, un workshop dedicato all’archeologia sperimentale, coordinato da Claudia Speciale e Kati Caruso. Un laboratorio pensato per esporre e mettere alla prova le potenzialità scientifiche dell’approccio sperimentale, per riscoprire saperi artigianali, azioni, suoni e odori del passato.

 

Molte delle riflessioni scaturite nel corso del Convegno sono state raccolte ed elaborate durante il significativo discorso di chiusura di Daniele Manacorda, che sarà presto fruibile integralmente su YouTube.

 

Parole chiave: archeologia e società.

 

Un’archeologia che deve essere aperta e partecipativa, libera dal feticismo dell’oggetto e dalla «religione dell’antico, per dare spazio ad una visione problematica e viva».

 

Un’archeologia che dovrà poggiare su quattro pilastri: ricerca, tutela, valorizzazione e formazione.
È nato quindi il progetto di una rete nazionale dei giovani archeologi italiani, organismo che dovrebbe mirare a riunire tutti i gruppi e le associazioni di studenti di archeologia presenti sul territorio nazionale. Obiettivo è quello di lavorare per un nuovo modello di formazione, più partecipativa e a misura di studente, ma soprattutto all’altezza delle sfide che l’archeologia di oggi e di domani deve affrontare.

 

Il V Convegno Nazionale dei Giovani Archeologi non è stato quello che avevamo in mente, è stato molto di più, e questo grazie alla partecipazione attiva e dinamica di molti giovani studiosi provenienti da diverse realtà universitarie italiane, tra i quali si è intessuta una rete di relazioni che, sono sicuro, non finirà qui, a dimostrazione che le idee migliori vengono quando si conviene.

 

Per utilizzare una frase di Manacorda «un albero senza radici non dà frutti, ma quelli migliori nascono dagli innesti».

 

L’appuntamento, adesso, è per l’anno prossimo a Roma, dove i colleghi della Sapienza, da poco riuniti nell’associazione Sapienza Giovani Archeologi, si sono impegnati ad organizzare la VI edizione del Convegno.

 

A loro, e a tutti, mi resta solo una cosa da dire: in bocca al lupo, ragazzi!

 

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Gesualdo Busacca è su Twitter:  @gesualdobush

Archaeology TV – AIA (da youtube)

Dopo avervi presentato il progetto Archaeology’s Interactive Dig, vogliamo completare il quadro sul binomio archeologia/divulgazione a cura dell’Archaeological Institute of America proponendovi il loro canale youtube, Archaeology TV,  una raccolta di video a tema archeologico, quali filmati girati durante le campagne di scavo,  interviste con archeologi, ricostruzioni 3d e molto altro.

 

Link al canale youtube

 

Tra i diversi video segnaliamo un tributo ad un personaggio di fantasia, Indiana Jones, che nel bene e nel male ha appassionato, interessato e coinvolto milioni di persone, avvicinando per la prima volta il grande pubblico all’archeologia. E’ per questo motivo che Harrison Ford è stato insignito di uno speciale riconoscimento dalla stessa AIA, alcuni anni fa, perchè sarà anche vero che l’archeologia dei film di Indy è molto lontana dalla nostra realtà, però rimane il fatto che molti di noi non avrebbero deciso di seguire questa impervia strada senza le avventure di Indiana Jones. Perdonateci dunque questa nota di folklore.

 

RomArché 2013 – IV Salone dell’Editoria Archeologica

L’edizione 2013 del Salone dell’Editoria Archeologica, giunto alla sua IV edizione, si terrà dal 20 al 26 maggio presso il Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma. Il tema di quest’anno sarà “Politica Economia Società”.

 

Le inziative all’interno di RomArché 2013 sono:

 

Biblioarché – Salone dell’editoria archeologica

Convegno “Ploutos & Polis.

Aspetti del rapporto tra economia e politica nel mondo greco

”Gli Etruschi senza mistero. Origini, Politica, Economia Società

Vite Parallele

Laboratori didattici

Archeologia sperimentale

Rassegna cinematografica

 

RomArché è un progetto ideato e realizzato dalla Fondazione Dià Cultura.

 

Per maggiori info potete visitare il sito qui