Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto

Tra archeologia e contemporaneità: la XXVI Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto

Si è conclusa lo scorso sabato 10 ottobre la XXVI Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto che quest’anno ha visto protagonisti, tra gli altri, un gruppo di intrepidi archeoblogger, chiamati ad assegnare una menzione speciale ad uno dei film in concorso per la XII edizione del premio Paolo Orsi.

 

Le blogger di Professione Archeologo hanno avuto l’onore di far parte di questa giuria e la nostra Antonia Falcone ha viaggiato alla volta di Rovereto per essere presente alla premiazione finale ed assegnare personalmente la menzione speciale (e sì, ha proprio detto “And the winner is…”).

 

La scelta di includere una giuria fatta di archeologi che più o meno quotidianamente si occupano di comunicazione ci è piaciuta fin da subito e ci è sembrato un segno importante.

 

“Una manifestazione di ampio respiro come la Rassegna non può non comprendere che in questi ultimi anni è cambiato il modo di comunicare e di vivere l’archeologia,” ci ha confermato Valentina Poli, della Fondazione Museo Civico di Rovereto, che in queste settimane ha seguito i lavori della giuria degli archeoblogger. “In questi anni il mondo dei blog e dei social media si è affiancato al modello tradizionale della comunicazione culturale riuscendo a coinvolgere, in maniera entusiasmante e meno formale, un pubblico vasto ed appassionato. Quest’anno ci è sembrato il momento opportuno per contattarvi e proporvi di partecipare per assegnare una menzione speciale al film che maggiormente si presta alla fruizione e alla divulgazione. E non possiamo che essere soddisfatti visto l’entusiasmo con cui avete accettato il compito di giurati!”

 

E non poteva essere altrimenti, visto che, per dirla con le parole di Marina Lo Blundo, il dovere di giurati ci ha permesso di fare il giro del mondo direttamente dal divano di casa, alla scoperta di angoli di mondo vicini e lontani.

 

La Rassegna è ormai finita e sabato sera sono stati annunciati i vincitori, ma l’edizione di quest’anno è stata anche segnata dalla forte rivendicazione, da parte degli organizzatori, dell’unicità dell’evento di Rovereto, un festival di riconosciuto prestigio internazionale, che però non ha sempre avuto il supporto che si merita , nonostante quest’anno siano anche arrivati gli auguri del Presidente della Repubblica Mattarella a pochi giorni dall’inizio.

 

“Esistono nel mondo, in Europa e Stati Uniti, altri 8 o 9 festival di cinema dedicato all’archeologia o al patrimonio culturale,” ci ha detto Dario di Blasi, Conservatore Onorario del Museo Civico di Rovereto e Direttore della Rassegna, che ha gentilmente risposto ad alcune nostre domande. “Alcuni sono ai limiti della sopravvivenza, altri hanno limitato la raccolta e selezione di film alle versioni linguistiche del territorio, inglese o francese per ridurre i costi delle traduzioni e doppiaggi. Questo è avvenuto sicuramente per effetto della crisi economica e sociale, ma anche e soprattutto perché la classe politica e dirigente, sia pure con atteggiamenti diversi, ritiene che l’investimento in cultura sia residuale rispetto all’economia ed anche purtroppo alla guerra.”

 

Il tema degli investimenti seri nel campo culturale ritorna quindi prepotentemente anche nel caso di un evento così importante come la Rassegna di Rovereto. Quando gli chiediamo come immagina il futuro della manifestazione, il Direttore Di Blasi risponde:

 

Crediamo che la cultura sia una virtù che permette agli uomini di sopravvivere perché si relazionano tra di loro e con il territorio attraverso le proprie qualità più alte, come l’ingegno, la solidarietà, la fame di conoscenza, così come permette loro di mettersi in relazione con le divinità attraverso il culto.
Come festival cercheremo di resistere e ampliare la nostra caratteristica più importante e cioè rappresentare la ricerca archeologica e storica di tutto il mondo attraverso le varie lingue e linguaggi della cinematografia per mettere in relazione il Mondo Antico con il pubblico più vasto possibile e far sì che acquisti chiara coscienza del proprio passato e contribuisca a costruire un avvenire migliore.

 

Alla luce delle recenti distruzioni del patrimonio archeologico in Siria e della morte dell’archeologo Khaled-al Assad, ucciso dall’ISIS lo scorso agosto e al quale la Rassegna ha deciso di rendere omaggio, ci sembra che questa dichiarazione di intenti sia decisamente importante e degna di nota.

 

@domenica_pate

[Credit immagine: Astrid D’Eredità]

 

*

 

Ps.

 

A chi abbiamo assegnato la menzione speciale? Al film che ci è sembrato meglio incarnasse la divulgazione e la comunicazione del patrimonio culturale come lo intendiamo noi: Tà gynaikeia. Cose di donne, regia di Lorenzo Daniele, con la consulenza scientifica di Alessandra Cilio, Fine Art Produzioni Srl.
Questa la nostra motivazione:

 

Dal passato prossimo al passato remoto. Un viaggio al contrario che guarda a tutto tondo al mondo femminile. Per noi questo è Cose di Donne. Ci è piaciuto il suo sguardo innovativo sul passato, che percepisce la storia come patrimonio condiviso. I ricordi personali delle protagoniste rischiarano di una luce contemporanea, forte e capace di suscitare grande empatia, le testimonianze dei resti archeologici che si scrollano di dosso la loro polvere secolare e divengono vivi e attuali, comprensibili, segni tangibili di vite reali. Il documentario diventa così una storia corale, di ricerca e sacrificio, una continua domanda di senso, una riflessione aperta sulla donna di ieri e di oggi. Lo abbiamo molto amato: come archeologi e comunicatori crediamo che Cose di Donne rappresenti bene il senso di fare ricerca archeologica oggi ed incarni perfettamente le ragioni per cui la conservazione e la tutela del nostro patrimonio culturale sono di fondamentale importanza per la definizione stessa della nostra identità di cittadini e di società.

 

 

 

 

 

EAAGla, European association of archaeologists XXI annual meeting, Glasgow

Dalla Scozia con furore: cosa porto a casa da #EAAGla

Due settimane fa a quest’ora ero seduta in fondo ad un Lecture Theatre di uno dei moderni edifici della parte nuova dell’Università di Glasgow e ascoltavo la professoressa Anita Synnestvedt, dell’Università di Gothenburgh, leggere ad alta voce il contenuto di alcuni post-it. Li aveva fatti circolare poco prima in platea e tutti i partecipanti vi avevano scritto la loro risposta alla domanda “cosa c’è nella tua personale valigia del ‘patrimonio’?”.

 

Si parlava di insegnamento ed archeologia in una sessione sulla sostenibilità della nostra disciplina, intesa non solo e non tanto come sostenibilità economica, ma soprattutto sociale. Se c’è infatti una cosa da cui l’archeologia non può prescindere è il suo essere sociale, pubblica, e quindi rilevante per il mondo odierno.

 

Questa è una delle due più grandi lezioni (o meglio, reminders) che mi porto dietro da Glasgow, dove per Professione Archeologo ho partecipato al XXI incontro annuale dell’Associazione Europea degli Archeologi, hashtag ufficiale #EAAGla: qualcosa come 2.500 archeologi da tutto il mondo, sette temi e oltre 180 tra sessioni, tavole rotonde e workshop per confrontarsi sull’archeologia contemporanea.

 

Il secondo reminder che porto a casa con me è che, se esistono tante archeologie e molteplici modi di fare archeologia, è vero però che alla fine facciamo tutti lo stesso bellissimo lavoro, pur in contesti e a latitutini diverse.
Questa sensazione mi ha accompagnata per tutta la durata della conferenza, il primo evento di questa portata a cui ho partecipato.

 

Nell’ordine ho: rivisto vecchi amici, incontrato per la prima volta persone che conoscevo solo virtualmente su Twitter o Facebook e ascoltato tante storie di archeologi, dai loro paper all’interno di una sessione alle chiacchiere davanti a un poster o ad uno stand espositivo (grazie, a proposito, ai ragazzi di San Quirico Archeologia, unici espositori italiani alla conferenza, che è stato un piacere incontrare dal vivo).

 

Non sono mancate le cene in compagnia (sennò che archeologi saremmo?), come quella in un locale con una collezione di videogiochi anni ’90 (non giocavo a Mortal Combat da quando avevo 16 anni! Ho perso, ma mi son battuta con onore).

 

Tanti sono stati gli archeologi conosciuti per caso, ‘pescati’ qua e là negli spazi comuni mentre davo una mano Tristin Boyle, dell’Archaeology Podcast Network, e Lisa Catto che stavano realizzando delle interviste per documentare la conferenza – eh sì,dopo essere stata io stessa pizzicata per una breve intervista, ho finito per essere coinvolta.

 

L’archeologia come realtà multiforme e sfaccettata viene fuori prepotentemente in eventi come questo. E ogni nuovo progetto, scavo, ricerca che un archeologo racconta mi ricorda improvvisamente che l’archeologia non è solo un lavoro (bè, quello che a volte è un lavoro, di archeologi che si arrangiano facendo altro nella vita ce ne sono fin troppi), ma è anche entusiasmo e voglia di mettersi in gioco, è conoscere il passato per vivere il presente mentre si costruisce il futuro.

 

È anche per portare quest’entusiasmo fuori dalla sola cerchia di archeologi che scrivo su questo blog.

 

Ed è proprio il lavoro che con la PA crew facciamo quotidianamente sulle pagine e sui canali social di Professione Archeologo che mi ha fatto volare a Glasgow.

 

It belongs on the internet – Communicating Archaeology Online, è il titolo della sessione cui ho preso parte. La sessione è stata una piccola rivelazione per tanti motivi e non solo perché era l’unica ad avere free cake su uno dei tavoli all’ingresso.

 

Partito con un’introduzione dell’organizzatore Tristin Boyle che ha proposto un mashup di vecchi promo degli albori di internet e foto di Indiana Jones (c’era modo migliore di cominciare?), il pomeriggio è proseguito con una serie di esempi di comunicazione e promozione del patrimonio archeologico da tutta Europa, più o meno riusciti, talvolta involontari o inaspettati, come nello strano caso del cono stradale sulla statua equestre del duca di Wellington.

 

Promozione e valorizzazione che hanno trovato nel web uno strumento prorompente e irrinunciabile (qui potete leggere alcuni tweet dei partecipanti e dell’efficiente social media team della conferenza).

 

Digital Public Archaeology in Italy: what is changing and why it is important, era il titolo dell’intervento di Professione Archeologo.

 

Abbiamo ripercorso a grandi linee lo sviluppo della comunicazione online dell’archeologia in Italia negli ultimi due anni, a partire da un ottimo articolo di Marina Lo Blundo di inizio 2013, e selezionando i passaggi chiave di un percorso complesso, in continua evoluzione, fatto di tante piccole storie e di tanti protagonisti.

 

Stiamo lavorando alla realizzazione dell’articolo da pubblicare il prima possibile in modalità open, ma nel frattempo trovate su slideshare il PowerPoint dell’intervento, mentre cliccando sulla foto qui sotto accederete all’album Flickr in cui sono raccolte alcune delle fotografie fatte durante la conferenza.

 

XXI incontro annuale EAA

Professione Archeologo al XXI Incontro Annuale dell'European Association of Archaeologists, Glasgow 2015

 

@domenica_pate

 

Diario da #archeofest15: cosa abbiamo fatto ad Aquileia, giorno per giorno

È arrivato il momento di raccontarvi cosa abbiamo fatto ad Aquileia in occasione dell’Archeofest, l’evento dedicato ad archeologia, libri e cinema di cui Professione Archeologo e Civetta di Atena sono stati social media partner esterni.

 

Il nostro ruolo è stato di raccontare on line quello che accadeva, con un duplice scopo: da un lato coinvolgere la nostra community e dare quanta più risonanza possibile all’evento sui social network, dall’altra sperimentare la divulgazione dell’archeologia in 140 caratteri o giù di lì.

 

La prima cosa che abbiamo fatto, quindi, è stata tenere in carica gli smartphone: power bank, batterie di riserva, prese assaltate in ogni dove tra bar e ristoranti, non ci siamo fermate davanti a niente.

 

La seconda è stata twittare live tutti gli eventi della festa, dei luoghi meravigliosi che abbiamo visto, caricare le foto su Instragram e Facebook: visite a musei e siti archeologici, talk con gli autori, presentazioni di libri e proiezioni dei documentari, ce n’è stato davvero per tutti i gusti.

 

Infine, abbiamo monitorato il flusso di tweet, condivisioni e hashtag per intercettare chi, da vicino o da lontano, interagiva con noi, scoprendo in qualche caso che chi twittava o instagrammava ce l’avevamo di fianco durante la visita in museo. Il bello della diretta!

 

Abbiamo raccolto un po’ di foto e impressioni delle giornate di Aquileia in un ‘diario di bordo’ che vi proponiamo qui di seguito, eh sì, quello nell’ultima foto è proprio Alberto Angela 😉

 

*

 

Day 1

Partenza da Roma Tiburtina alle 7, con Antonia che arriva sulla banchina alle 6:59, te pareva. Comunque ce la facciamo e alle 13 siamo ad Aquileia.

 

La prima visita è alla Basilica dei patriarchi con una guida d’eccezione: Cristiano Tiussi, direttore della Fondazione Aquileia.

Aquileia, Basilica di IV secolo Archeofest

Aquileia, Basilica di IV secolo Archeofest

La Basilica ci accoglie con i suoi magnifici mosaici pavimentali, databili al IV secolo d.C., i più estesi di tutto il mondo cristiano occidentale: Giona nel ventre della balena, tanti tantissimi pesci, i medaglioni con i mecenati, le quattro stagioni. Un tripudio di tessere colorate e di soggetti variegati.

Aquileia, Basilica di IV secolo Archeofest

Aquileia, Basilica di IV secolo Archeofest

Aquileia, Basilica di IV secolo Archeofest

Ci spostiamo quindi nel Battistero con al centro la vasca battesimale di forma esagonale. Suggestiva l’illuminazione della struttura.

Aquileia battistero - Archeofest

Aquileia battistero - Archeofest

Ultime tappe della giornata: il Porto Fluviale e il Foro Romano.


Delle strutture portuali restano le tracce delle banchine e degli attracchi e così immaginiamo il brulicare di vita che doveva esserci all’arrivo delle navi commerciali con le banchine affollate e le merci che sbarcavano. Il viale che affianca le strutture del porto è punteggiato da decorazioni architettoniche su colonne, da rilievi e iscrizioni.

 

Nell’area del Foro invece rimangono le vestigia del colonnato sui cui plinti si alternano le protomi di Giove Ammon e Medusa.

 

Al termine delle visite, arriva il momento dei talk, il primo è un dialogo tra Lorenzo Salvia, Marina Valsenise, Paolo Verri che presentano il libro Resort Italia. Come diventare il villaggio turistico del mondo e uscire dalla crisi. L’incontro si trasforma in un’occasione per parlare di economia della cultura e delle nuove possibilità da creare e sfruttare per valorizzare il nostro patrimonio culturale. Dall’Istituto Italiano di Cultura di Parigi a Matera capitale europea della cultura 2019: le best practices che funzionano.

 

Il post cena coincide con l’inizio del festival vero e proprio, dedicato alla visione dei film in concorso per l’Aquileia Film Festival: Pavlopetri. Un tuffo nel passato e I dominatori delle gelide steppe. A seguire l’incontro-intervista di Pietro Pruneti con Simona Rafanelli e Stefano Cantini.

 

A fine serata sopraggiunge la pioggia (e noi, per la verità, abbiamo un po’ pensato agli amici romani costretti a boccheggiare nell’afa della capitale!), ma la giornata è ormai conclusa. Ritiro in albergo, controllo delle mille notifiche social e poi a nanna, mentre lo smartphone sta in carica tutta la notte.

 

 

Day 2

 

Alle 8.15 il social media team di Professione Archeologo si divide, Paola segue il gruppo in visita a Cividale e Zuglio, Antonia rimane ad Aquileia.

 

Per Antonia la mattinata è a tutta archeologia, con la visita ai Fondi Cossar e Cal, dove si conservano le tracce dell’antico abitato della colonia romana. Resta ben poco, per la  verità, muri di abitazioni retrospicenti le botteghe, colonne e pozzi delle domus ad atrio e peristilio, lacerti di mosaico.

Archeofest, Aquileia area archeologica

La grande sorpresa è quella di ritrovarsi nel Museo Archeologico di Aquileia, guidati dalla direttrice, la dott.ssa Ventura.

 

Raccontare tutti i tesori custoditi nel Museo meriterebbe un post a parte e il consiglio è di visitarlo appena ne avrete l’occasione. Dalla statuaria, ai bronzi, agli oggetti in ambra fino alla ceramica è una sorpresa continua. Il chiosco interno poi è allestito con mosaici, epigrafi, urne cinerarie, decorazioni architettoniche.

 

Lasciate le meraviglie custodite nel Museo Archeologico, ci dirigiamo nel Museo Paleocristiano. Nel recente allestimento spiccano, tra l’altro, le tante epigrafi funerarie, impreziosite da figure di oranti e con le formule di saluto ai defunti.

Aquileia, Musei archeologici, Archeofest

Aquileia, Musei archeologici, Archeofest

Aquileia, Musei archeologici, Archeofest

Aquileia, Musei archeologici, Archeofest

Aquileia, Musei archeologici, Archeofest

Aquileia, Musei archeologici, Archeofest

Aquileia, Musei archeologici, Archeofest

Mentre Antonia rischia di non voler più andar via dai musei di Aquileia, Paola arriva con il resto del gruppo a Cividale del Friuli. Guidati dall’entusiasmo del grande archeologo Luca Villa andiamo alla scoperta dei tesori del Monastero di S. Maria in Valle. Il tempietto longobardo, nonostante sia straconosciuto, ci riempie di meraviglia.

 

Successivamente facciamo rotta verso il controverso ipogeo celtico. Il giro per la cittadina si conclude con la visita al Museo Archeologico Nazionale e, perdendoci fra i corredi delle necropoli longobarde, arriviamo all’ora di pranzo. Ancora pieni di meraviglia ripartiamo alla volta di Zuglio, l’antica Iulium Carnicum. Accompagnati stavolta, dalla  dott.ssa Flaviana Oriolo che ci fa scoprire il foro della piccola cittadina a due passi dal confine austriaco e successivamente il piccolo, nuovo Antiquarium che ne conserva i tesori.

Cividale, Archeofest

Cividale, Archeofest

Zuglio, Archeofest

Zuglio, Archeofest

Zuglio, Archeofest

Finite le visite, ci aspetta un talk per la presentazione del libro di Giuliano da Empoli con la partecipazione di Gian Mario Villalta e Mariano Maugeri.

 

Serata dedicata alla proiezione di altri due film: Il Perù millenario: una storia inesplorata e Lo scriba che dipinge. A conversare con Pruneti, stavolta, è Luciano Canfora che tra Augusto, Grecia antica e moderna, Tsipras e Varoufakis da prova delle sue capacità di divulgatore della storia antica e moderna.

 

Dopo una birretta al bar in piazza, corriamo a dormire!

 

 

Day 3

 

Per l’ultimo giorno l’ordine degli eventi è invertito: si inizia dai talk durante la mattinata, mentre il pomeriggio viene dedicato alle gite fuori porta.

 

Nello spazio talk si alternano Ermete Realacci e Guido Guerzoni per parlare di Art Bonus e investimenti.

 

Dopo pranzo decidiamo di seguire il gruppo che fa rotta su Duino e Trieste. Dopo una lunga e impervia passeggiata nel Carso per visitare il Mitreo di Duino (uno dei pochissimi in grotta) ci dirigiamo a Trieste dove visitiamo il Teatro romano e l’Arco di Riccardo.

Mitreo in grotta di Duino

Trieste

Teatro romano di Trieste

Arco di Riccardo a Trieste

L’avventura aquileiese si conclude con un’affollatissima serata in cui alla proiezione del documentario Punta Linke, vincitore della kermesse e dedicato alla Prima Guerra Mondiale, segue l’intervista di Pruneti ad un incontenibile Alberto Angela, che chiude il suo intervento con un coinvolgente monologo sugli ultimi tre giorni di Pompei.

 

E noi stiamo in fila fino alle 2 di notte per una dedica e una foto con Alberto Angela (potevamo ritornare a Roma senza?)

Alberto Angela Archeofest

Archeofest

L’avventura dell’Archeofest si è conclusa, ma se volete scoprire di più su queste meravigliose giornate e sui tesori dei luoghi che abbiamo visitato, non ci resta che rimandarvi alla nostra Pagina Facebook e all’hashtag #Archeofest15 su Twitter.

 

 

Post e foto di

Antonia Falcone & Paola Romi

 

Palazzo Massimo alle Terme, Rome

Una giornata al museo: #archeoblogger alla scoperta delle nuove sale di Palazzo Massimo alle Terme di Roma

Una cosa di cui spesso rimproveriamo i nostri musei, o almeno quelli italiani, è che raramente si rinnovano e che in molti casi presentano criteri espositivi di sapore ancora ottocentesco, fatto che ha certamente un suo fascino intrinseco, ma finisce con il non valorizzare appieno i tesori che fanno parte delle loro collezioni. Cio è tanto più vero per i musei archeologici, che spesso ricordano Wunderkammer di passata memoria, piccole o grandi “stanze delle meraviglie” concepite come piccoli universi in sé chiusi, poco inclini alle sperimentazioni.

 

Fortunatamente, non è sempre così.

 

Palazzo Massimo alle Terme è una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano, diretto dalla dottoressa Rita Paris. È stato inaugurato nel 1995, il che permette di annoverarlo tra i musei “giovani” della capitale, ma già dal 2005 gli allestimenti della sale sono oggetto costante di progressivo rinnovamento per aggiornarle agli standard espositivi più moderni.

 

La scorsa settimana le sale 2, 3 e 4 del primo piano, dedicate alla scultura di epoca Traianea e Antonina (inizio-prima metà II secolo d.C.) sono state riaperte al pubblico e noi siamo state invitate a vederle in anteprima e a confrontarci con alcuni dei curatori dei nuovi spazi espositivi.

 

 

Naturalmente, abbiamo accettato entusiaste e così ci siamo ritrovate a girovagare nelle stanze appena inaugurate tra le opere immortali della ritrattistica imperiale.

 

Siamo rimaste abbagliate, tra l’altro, dalla bellezza di capolavori come i rilievi con le personificazioni delle province dell’impero romano che un tempo decoravano l’Hadrianeum o Tempio di Adriano, che sorge non molto lontano dal museo, e abbiamo potuto osservare in ogni suo dettaglio il rilievo del monumento funerario di Apthonetus, qui esposto per la prima volta, con il lungo epitaffio che la figlia Quadratilla dedica al compianto padre.

 

 

 

 

Abbiamo potuto ammirare le superfici levigate dei volti, i dettagli dell’abbigliamento e delle armature e siamo state piacevolmente stupite dal bel contrasto tra il candore dei marmi e il colore scuro dei supporti.

 

Come al solito ci siamo armate di smartphone e abbiamo provato a fissare in tweet e scatti fotografici l’eterno fascino che ancora oggi l’antico esercita su di noi.

 

 

 

Abbiamo poi avuto il piacere di incontrare l’architetto Carolina De Camillis, consulente esterna del museo e responsabile dell’illuminazione delle sale.

 

Proprio l’illuminazione è una componente essenziale del nuovo allestimento: le lampade alogene fino a pochi anni fa comunemente usate nei musei, infatti, tendono a dare una sorta di “patina” uniformante alle opere, appiattendole e facendo sparire le difformità delle superfici. Il nuovo apparato di illuminazione, ottenuto con specifiche luci a led, permette invece di apprezzare pienamente le tracce di lavorazione lasciate dagli antichi artigiani, le molteplici venature colorate dei marmi e addirittura i singoli macrocristalli del materiale impiegato.

 

Sembra evidente, insomma, che l’allestimento di nuove sale in un museo comporta la sinergia di diversi professionisti dei beni culturali, archeologi, architetti, lightening designer, operai specializzati, tutto impegnati a lavorare dietro le quinte per offrire ai visitatori l’emozione dell’antico.

 

*

 

Una versione di questo post, in inglese, è stata pubblicata in occasione del #DayOfArchaeologyA day at the museum: #archaeobloggers explore the new rooms of Palazzo Massimo alle Terme, in Rome.

 

 

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Antonia Falcone (@antoniafalcone)
Paola Romi (@OpusPaulicium)
Domenica Pate (@domenica_pate)

[credit immagine @ Paola Romi]

Day of Archaeology al Foro della Pace di Roma

Com’è l’archeologia che vorresti?

 

Il nostro Day of Archaeology è partito da questa semplice domanda, rivolta agli studenti dell’Università Roma Tre e dell’American University of Rome che scavano nel Foro della Pace, a Roma.

 

 

Quest’anno, infatti, per la prima volta uno scavo archeologico su Via dei Fori Imperiali ha aperto le porte al pubblico.

 

Così, mentre alcuni dei ragazzi interagivano lungo la strada con turisti e passanti spiegando loro cosa fa un archeologo sotto il solleone estivo, giornalisti e blogger, armati rispettivamente di telecamera e taccuini e di smartphone e caricabatterie, hanno avuto il privilegio di gironzolare liberamente nell’area del cantiere e di confrontarsi con gli studenti e i responsabili dello scavo.

 

Abbiamo puntato sulla divulgazione ed abbiamo chiesto ai ragazzi di raccontarci le diverse fasi di uno scavo e quali sono le varie attività che gli archeologi svolgono sul campo. Abbiamo trasmesso le loro risposte in diretta su Twitter e su Periscope, su Instagram e con brevi post su Facebook, usando l’hashtag #ForumPacis.

 

E’ così che un cantiere di scavo, per una mattinata, è diventato social.

 

 

 

 

Ma abbiamo anche voluto guardare al futuro: il DoA è un’occasione per confrontarsi sul presente dell’archeologia attraverso la condivisione di tutto quello che si muove tra una trowel e un giornale di scavo, ma è anche un momento in cui riappropriarsi della nostra identità di archeologi, provando a pensare quali ulteriori passi in avanti potrebbe fare la disciplina.

 

E così abbiamo chiesto a loro, alle nuove leve, agli archeologi del futuro, cosa vorrebbero dall’archeologia, cosa manca e quale dovrebbe essere la strada da percorrere.

 

Un Day of Archaeology all’insegna della voglia di guardare avanti.

 

Qua sotto trovate le loro facce e i loro sorrisi, la convinzione che l’archeologia guarda al passato per costruire il futuro.

 

*

 

Com’è l’archeologia che vorresti?

 

 

*

Una versione di questo post, in inglese, è stata pubblicata in occasione del #DayOfArchaeology: The Day of Archaeology at Templum Pacis in Rome.

Post di Antonia Falcone (@antoniafalcone) e Paola Romi (@OpusPaulicium)

Grafiche di Antonia Falcone

#Archeoweek (20-24 Luglio 2015 ): quando la promozione dell’archeologia passa per le idee semplici

Inizia oggi la settimana di #Archeoweek.

 

 

Cosa è?

 

 

Un’iniziativa ideata dal Ministère de la Culture et de la Communication, dall’Inrap e dal Musée d’Archéologie nazionale et Domaine national de Saint Germain en Laye per promuovere il patrimonio archeologico francese.

 

 

L’evento segue in qualche modo dal falsa riga di #MuseumWeek e si svolgerà sia su Twitter che su Facebook.

 

 

Ogni giorno sarà dedicato ad un diverso tema.

 

Il calendario dell’#archeoweek si svilupperà secondo questi temi:

 

Lunedì 20 luglio: preistoria

Martedì 21 luglio: protostoria

Mercoledì 22 luglio: archeologia preventiva

Giovedì 23 luglio: archeologia contemporanea

Venerdì 24 luglio: i mestieri dell’archeologia

 

Venerdì inoltre è la giornata del Day of Archaeology: e così i social network in questa settimana diventeranno terreno privilegiato per parlare e far parlare l’archeologia.

 

 

Quali saranno i contenuti?

 

 

Gli organizzatori hanno annunciato quiz, immagini e interventi di professionisti ma, al solito, saranno i partecipanti “esterni” a decidere la vera direzione che prenderà #Archeoweek.

Invitati a fare domande a mezzo Twitter i comuni cittadini diventeranno i veri protagonisti di questa festosa operazione.

 

 

Gli account twitter ufficiali sui quali seguire l’#archeoweek francese sono:

@jna_officiel

@InrapOfficiel

@Archeonationale

 

 

Idea semplice ed efficace insomma quella avuta dai cugini d’oltralpe. Resta solo una domanda: perché non ci abbiamo pensato anche noi?

 

Paola Romi (@opuspaulicium)

 

 

#Archeofest15 di Aquileia: Professione Archeologo va in trasferta

Professione Archeologo fa le valigie e parte per Aquileia per seguire, dal 29 al 31 luglio, sia ArcheoFest che Aquileia Film Festival.

 

 

Il nostro blog insieme a quello di Civetta di Atena sarà Social Media Partner delle manifestazioni promosse da Fondazione Aquileia, Archeologia Viva e Venezie Post.

 

 

A seguire gli eventi che animeranno la famosa località del Friuli Venezia Giulia ci saranno le blogger Antonia Falcone e Paola Romi insieme ad Astrid D’Eredità, fondatrice di Civetta di Atena.

 

 

Cosa vi racconteremo? Tutto quello che accadrà in questi tre giorni di “festa” dell’archeologia.
Durante la giornata, per Archeo Fest, seguiremo i convegni organizzati e viaggeremo alla scoperta dei tesori della regione, visitando non solo Aquileia ma anche Trieste, Cividale del Friuli, Zuglio e Grado. Dalle 21 invece protagoniste saranno le proiezioni dell’ Aquileia Film Festival. Dulcis in fundo le notti aquileiesi si animeranno grazie alle conversazioni-intervista di Piero Pruneti. Ospiti dell’evento saranno Simona Rafanelli, Stefano Cantini, Luciano Canfora e Alberto Angela.

 

 

Da brave “social media cose”, quindi, abbiamo messo su un bel calendario editoriale e da qui al 29 luglio vi accompagneremo alla scoperta delle località protagoniste dell’Archeo Fest con focus su Aquileia, Cividale del Friuli, Trieste, Grado e Iulium Carnicum per farvi entrare nel mood giusto.

 

 

Se volete stare sul pezzo vi consigliamo di tenere d’occhio i canali social di Professione Archeologo e di Civetta di Atena.

 

 

Dal 29 al 31 luglio, poi, saremo live dal Friuli attraverso blogpost, livetwitting e Periscope. Preparate smartphone e tablet perché potrete interagire con noi in tempo reale e commentare gli eventi che seguiremo per voi.

 

 

Proveremo a spiegare perché secondo noi l’archeologia deve essere condivisa, pubblica e narrata e perchè la valorizzazione del nostro patrimonio deve passare necessariamente dal fare rete, partendo proprio da questo evento-festa che ha voluto scommettere sulla capacità dell’archeologia di raccontarsi.

 

 

A chi pensa che l’archeologia non possa essere smart rispondiamo perciò: “Si può fare!!”. Gli archeoblogger sono sulla strada giusta e vogliono arrivare fino in fondo.

 

 

Noi di Professione Archeologo e Civetta di Atena ci stiamo provando: toccherà a voi lasciarci un feedback per farci sapere se l’esperimento ha avuto buon esito.

 

 

Ringraziamo gli organizzatori per la disponibilità mostrata nell’accettare questa sfida e ci auguriamo che questo sia solo l’inizio perché… il meglio deve ancora venire!

 

 

Di seguito vi ricapitoliamo gli account da seguire:

 

 

Professione Archeologo

 

Sitohttps://www.professionearcheologo.it/
FB: Professione Archeologo
 https://www.facebook.com/ProfessioneArcheologo
Twitter: @ProfessionArcheologo
https://twitter.com/pr_archeologo
G+: Professione Archeologo
https://plus.google.com/113380721491092517300
YouTube: Professione Archeologo
 https://www.youtube.com/user/ArcheologiInRete

 

 

Civetta di Atena

 

Sito: http://www.civettadiatena.it/
FB: Civetta di Atena
https://www.facebook.com/CivettadiAtena
Twitter: @CivettadiAtena
 https://twitter.com/civettadiatena
G+: Civetta di Atena
https://plus.google.com/100383377322985445744/
Instagram: @CivettadiAtena
https://instagram.com/civettadiatena/
Pinterest: Civetta di Atena
https://www.pinterest.com/civettadiatena/

 

 

Account personali

 

 

Astrid D’Eredità
Twitter: @astridrome
Instagram: @astridrome

Antonia Falcone
Twitter: @antoniafalcone
Instagram: @archeoantonia

Paola Romi
Twitter: @OpusPaulicium
Instagram: @paola_romi

Pompei città aperta: #scriptorivm e dintorni

A volte gli esperimenti più arditi vengono realizzati dove meno te lo aspetti.
E così la banalità dei luoghi comuni e la parzialità di una certa informazione appaiono d’improvviso quasi comiche.

 

 

Pompei non è solo una città che crolla.
Pompei non è solo un sito archeologico con enormi problemi e con a capo, in veste di commissario straordinario, un generale.
Pompei non è solo il Grande Progetto.
Pompei è anche #scriptorivm

 

 

Di cosa sto parlando? Di una fantastica esperienza che io, con molti altri, ho vissuto il 19 ed il 20 giugno. A Pompei appunto.
Inutile spiegare come è nata l’iniziativa, vi basta navigare sul sito dell’evento per scoprirlo.

 

 

Io invece vi racconterò cosa e come l’abbiamo fatto ma, soprattutto, con quale spirito.

 

 
Riuniti all’interno dell’Auditorium nell’area archeologica, per due giorni, ci siamo tutti impegnati a produrre, sistemare e trasformare dati aperti utili alla fruizione e allo studio dell’antica città vesuviana.

 
Io per esempio ho lavorato nel gruppo che ha realizzato un “database bibliografico georeferenziato”. Sicuramente questa definizione farà rabbrividire i miei compagni di avventura ma, per capirci, il prodotto della due giorni è stata una pianta digitale della città in cui, cliccando sulle domus o sulle insulae, appare la bibliografia relativa. L’inserimento dati ovviamente è stato solo parziale ma il sistema ormai c’è e “riempirlo” richiederà un lavoro lungo e non certo complicato.

 

 

Altri hanno lavorato alla base cartografica, quella su cui noi abbiamo inserito successivamente i nostri dati e, credetemi, hanno fatto un gran lavoraccio.

 

 

Altri ancora hanno girato Pompei sotto il sole cocente per mappare la città da un punto di vista fotografico. E gli ultimi, che in realtà erano il gruppo I, hanno anche realizzato un bel sito internet sulla Pompei antica e moderna. Con grande attenzione a temi prettamente storico-archeologici, come la mappatura di graffiti ed iscrizioni, ma anche alle tematiche dell’accessibilità.

 

 
Tutto questo è stato possibile non solo grazie all’entusiasmo e alle attitudini dei partecipanti, ma anche alla generosità di chi, in primis il Prof.  Eric Poehler del Pompeii Bibliography & Mapping Project, ha messo volentieri a disposizione di tutti i dati cartografici e bibliografici.

 

 

 

Molto ci sarebbe da dire sugli strumenti e le metodologie usate e io, sinceramente, non è che sia la persona più adatta a farlo.

 

 

 

Posso però raccontarvi l’atmosfera: frizzante, allegra, seria ma spensierata.
Gravida di codici, quote e caffè.
Appesantita, magari a sera, dopo una giornata di lavoro, da meritati fritti e pizza.

 

 

Posso anche raccontarvi chi c’era e ha contribuito con impegno e dedizione alla riuscita dell’evento: archeologi, ingegneri, geomatici, comuni cittadini, economisti, giornalisti, tutti intenti a discutere con la verve e leggerezza di un gruppo di amici, quasi che stessero decidendo la meta delle vacanze, non certo lavorando.

 

 

Posso infine scrivere due righe di riflessione.

 

 
Ma sarà poi vero che le diverse categorie professionali non possono lavorare in sintonia?

Sarà vero che realizzare sistemi innovativi e open è complicato, difficile e dispendioso?

Sarà vero che in archeologia non si può fare innovazione perché i soggetti coinvolti sono sempre troppo legati al “vecchio”?
Sarà vero che per Pompei, per l’Italia e per certe generazioni non c’è speranza di riscatto?

 

 

La risposta a tutte queste ed altre domande è “No, non è vero.

 

 

Bisogna smettere di guardare solo il pezzo di muro che cade e guardare i progetti che, più o meno silenziosamente, crescono.

 

 

E magari anche dare una mano, se si è nella condizione di farlo.

 

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Il marketing culturale nell’era del web 2.0. Due chiacchiere con Nicolette Mandarano

Vi siete mai chiesti cosa pensi un visitatore dell’esperienza appena fatta in un museo o in un’area archeologica?

 

Ce lo siamo domandati tutti prima o poi: sia gli addetti ai lavori che chiunque si appassioni alle sorti del patrimonio culturale.

 

Che impressione danno i nostri musei ai visitatori, soprattutto stranieri? Siamo all’altezza del compito? Riusciamo cioè a fornire tutti quei servizi indispensabili per l’accoglienza, la didattica e la fruizione?

 

Se a noi queste domande ronzano in testa, girovagando magari qua e là fra commenti, tweet e blog, c’è chi ha pensato bene di farne uno studio sul rapporto tra Musei e Pubblico.

 

Come?

 

A partire da una delle piattaforme più note quando parliamo di feedback.

 

Lei è Nicolette Mandarano, la piattaforma è TripAdvisor. 

 

I musei sono quelli di Roma e l’analisi dei commenti degli utenti è confluita in un volume dal titolo “Il marketing culturale nell’era del web 2.0. Come la comunità virtuale valuta i musei” (ed. Guaraldi).

 

Il lavoro fatto da Nicolette Mandarano parte dalla constatazione che “le statistiche evidenziano che un utente su tre consulta il web e i social media per pianificare una vacanza e che fra i social media più utilizzati TripAdvisor è quello che a livello turistico influenza di più le scelte rispetto a Facebook e Twitter”.

 

Incuriositi dall’indagine svolta abbiamo incontrato l’autrice e le abbiamo fatto qualche domanda.

 

Ciao Nicolette, da cosa nasce l’idea di analizzare il rapporto tra musei e TripAdvisor? Esisteva già in Italia qualche studio su questo argomento?

 

 

Ciao e grazie per l’ospitalità.

 

L’idea per questa ricerca è nata vedendo che su TripAdvisor, insieme ai consueti feedback su ristoranti ed esercizi commerciali, iniziavano a comparire recensioni anche su musei, monumenti e aree archeologiche. Iniziando a leggere le opinioni del pubblico ho trovato diverse cose interessanti sul rapporto fra i visitatori con le loro aspettative e le istituzioni culturali, ed ho deciso di farne uno studio più sistematico.

 

In Italia, ma anche all’estero, niente del genere era stato ancora fatto. C’erano articoli sulla presenza dei musei sui social media quali Twitter e Facebook, ma nulla era stato fatto su TA.

 

 

Nei feedback rilasciati su TripAdvisor hai rilevato una qualche differenza tra visitatori italiani e stranieri? Utilizzano gli stessi parametri per valutare l’esperienza di visita?

 

 

Indubbiamente esiste una differenza fra visitatori italiani e stranieri. Le aspettative sono diverse. La conoscenza, anche solo scolastica, dei visitatori italiani aiuta a riconoscere più facilmente i capolavori, gli stranieri invece trovano maggiori difficoltà e si chiedono perché le nostre istituzioni non si impegnino di più nella comunicazione. Vorrebbero mappe, che qualcuno segnalasse loro i capolavori da non perdere, maggiori spiegazioni e, generalmente, un’accoglienza diversa.

 

Sulla diversità delle aspettative trovo sia emblematico il caso delle Domus romane di Palazzo Valentini. I visitatori italiani sono generalmente entusiasti dell’esperienza di visita, che trovano coinvolgente grazie alla voce narrante e alle proiezioni, i visitatori stranieri invece , soprattutto di provenienza statunitense, rimangono delusi perché ritengono migliori i documentari di Discovery Channel rispetto a quanto proposto durante il percorso di visita.

 

 

Cosa ne pensi dei visitor studies basati esclusivamente sulle opinioni on-line degli utenti? Si possono ritenere attendibili?

 

 

Bisogna saper mantenere un certo equilibrio nell’analisi – come deve accadere però anche quando si affronta l’analisi dei questionari anonimi – ma sostanzialmente le opinioni on-line che ho avuto modo di analizzare si possono ritenere attendibili. La decisione di lavorare su musei che conosco molto bene è stata presa proprio per capire se fossero presenti recensioni false o poco attendibili, e questo non è mai accaduto. Del resto TA è stato accusato più volte di accogliere recensioni false, ma se questo vale per gli esercizi commerciali dove c’è un forte interesse economico e concorrenziale in ballo, questo non accade, o almeno ancora non è accaduto per i musei.

 

 

Hai analizzato i commenti lasciati sul portale da ottobre 2013 a febbraio 2014. E’ cambiato qualcosa da allora?

 

 

No. Inizialmente temevo che la ricerca sarebbe invecchiata in fretta, invece devo dire che ad oggi i risultati emersi dall’analisi sono rimasti praticamente invariati. Questo è un bene per me, ma non evidentemente per i musei che in tutto questo tempo non sembrano aver cambiato nulla sotto nessun punto di vista.

 

 

Di questo ed altro si parlerà venerdì 22 maggio 2015 nel corso della presentazione “Ti lascio un feedback. Musei e pubblico nel web 2.0.” che si terrà a Roma presso la libreria Offline Books in via dei Marrucini 12a (vicino a l’Università La Sapienza). Interverranno oltre a Nicolette Mandarano, autrice del testo citato, Cinzia Dal Maso, Astrid D’Eredità, Giulia Facchin, Giorgia Meschini e Rita Paris.

 

 

Per seguire ed interagire sui socialmedia l’hashtag sarà #dilloalmuseo.

 

 

#bronziFirenze: impressioni di una #archeoblogger

Lo ammetto, entrando a Palazzo Strozzi ero piuttosto prevenuta.

 

Amo i musei ma le mostre, qualunque sia il loro tema, invece finiscono per suscitare in me più fastidio e interrogativi che gioie. Stavolta invece è andata diversamente.

 

Non solo per la piacevole ospitalità riservata al nostro gruppo di archeoblogger e non tanto perché vedere insieme tanti capolavori è comunque un enorme arricchimento, ma soprattutto perchè ho visto messa in pratica, per una volta, l’idea di archeologia pubblica in ambito museale.

 

Lo dico meglio: ascoltando le nostre gentili ospiti e percorrendo l’esposizione e le sue pertinenze, ho potuto apprezzare finalmente una mostra archeologica che si distingue nell’avere chiaramente un occhio di riguardo per la pubblica utilità dell’evento.

 

Rapita dagli sguardi vuoti degli atleti, stregata dalla morbidezza di tanti bronzei capelli, ipnotizzata dal nitrito del cavallo Medici Ricciardi e dal broncio del Pugilatore, tra un tweet e l’altro, ho cercato di raccontare a chi non era presente, la bellezza che mi si parava davanti in ogni nuova sala.

 

Ma è stato durante il viaggio di ritorno che ho messo ordine tra i pensieri e ho realizzato il perché delle sensazioni positive suscitate dalla mostra. Mettendo in fila i ricordi, le informazioni ricevute e i dati della cartella stampa ho infatti capito l’origine della mia soddisfazione: avevo visitato due mostre, Potere e Pathos a Palazzo Strozzi e Piccoli Grandi Bronzi ai MAF in cui i fondi erano stati impiegati, almeno in parte, per fare veramente, almeno secondo la visione che ho io, archeologia pubblica, cioè per il pubblico.

 

Quello messo in piedi dallo staff della fondazione di Piazza degli Strozzi non è solo un evento espositivo di altissimo livello e una complessa macchina organizzativa e comunicativa, ma è soprattutto un’esposizione pensata per essere letteralmente al servizio del pubblico e non solo per entrare in relazione col pubblico.

 

Come?

 

Sperimentando molteplici ed eterogenee iniziative, dedicate ai più diversi target di visitatori, tali da fare in modo che ognuno possa trovare il suo personale modo di entrare in relazione con le opere d’arte esposte, apprendere ed arricchirsi.

 

Ma non si sono fermati qui.

 

Hanno fatto di meglio, hanno ideato anche iniziative dedicate ai malati di Alzheimer e ai loro familiari.

 

E a questo punto la mostra e le opere sono diventate, per assurdo, proprio perdendo la loro centralità, veramente archeologia pubblica. Usate come spunto per facilitare canali comunicativi ormai compromessi, tanto i reperti esposti quanto lo staff tentano infatti di essere veicolo di una percorso per così dire “terapeutico”: e da fine ultimo dell’evento il contatto con l’antico diventa strumento per tentare di vivere meglio.

 

Sicuramente si è già capito. Per me è stata una folgorazione. Ho trovato una delle tante risposte, ma forse la più commovente, alla ricorrente domanda che come professionista del settore spesso subisco: ma a cosa serve l’archeologia? Serve anche a fare terapie per i malati.

 

Ecco questa in assoluto è stata la cosa più emozionante dell’esperienza fiorentina del gruppo degli #archeoblogger.

 

Per chiudere, last but not least, voglio raccontare qualcosa della mostra sui Piccoli Grandi Bronzi dei Musei Archeologici Fiorentini.

 

Frutto di uno “scavo” nei magazzini contenenti le collezioni Lorenesi e Medicee, l’esposizione di piazza dell’Annunziata è veramente un raffinato gioiello.

 

Piccola per superficie espositiva e per tipologia di opere esposte, la mostra introduce con semplicità il visitatore nel mondo di una classe di reperti di solito apprezzati solo dagli specialisti.

 

Quale sarebbe qui la componente di “archeologia pubblica” che riconosco a questa operazione? Ce ne sono molte.

 

Restituire ai cittadini un patrimonio di solito chiuso in vecchie casse, tentare di risvegliare in loro la curiosità verso l’antico attraverso le rappresentazione delle divinità, ma anche fornire spunti per collegare la moderna storia con gli orizzonti dell’antica koinè culturale ellenistica.

 

Sicuramente ce ne sono molte altre. Non resta che andarci o ritornarci e scoprirle.

 

Paola Romi (@opuspaulicium)

 

Credit photo: @PalazzoStrozzi