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5 commenti
  1. bozzetti di viaggio
    bozzetti di viaggio dice:

    Volete veramente sapere quello che penso? Ad un mese dalla conclusione del percorso della Scuola di Specializzazione in Archeologia ho ben chiare alcune idee…
    Invece di proporre master su master per imparare il mestiere dell’archeologo professionista dovrebbe essere la Scuola di Specializzazione (che pur paghiamo profumatamente) a darci tutti gli strumenti opportuni per poter lavorare… per quel che mi riguarda è solo questione di volontà e svecchiamento di alcune istituzioni che potrebbero, invece, essere molto utili…
    Adios..

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    • Camilla Bertini
      Camilla Bertini dice:

      A ragion veduta, non credo che la formazione universitaria italiana sia capace di fornire una preparazione adeguata: troppa teoria (e pure abbastanza scontata, disorganizzata e di vecchio stampo) e pochissima pratica. Il risultato è che alla fine del percorso di studio ti ritrovi a doverti inventare o ad affrontare ulteriori percorsi di formazione più validi. O peggio, ad emigrare verso altri paesi e a ricominciare da capo.

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  2. Antonia
    Antonia dice:

    Concordo con voi assolutamente!
    Il percorso universitario del 3+2 dovrebbe essere sufficiente ad acquisire quelle nozioni teoriche indispensabili nel nostro settore, mentre la Scuola di Specializzazione dovrebbe essere in grado di fornirci gli strumenti operativi e pratici per poter lavorare sul campo.
    E invece ci ritroviamo a ripetere le stesse nozioni per 7 anni e a non sapere come si apre una partita iva, che tipo di assicurazione fare per lavorare in cantiere, come si compila una documentazione per le sorveglianze archeologiche, quali sono gli enti a cui rivolgersi per operare come liberi professionisti, cos’è l’archeologia preventiva e la legislazione in merito.
    Il sistema è antiquato e non all’altezza delle sfide del presente, senza dubbio alcuno!

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  3. Caterina Ottomano
    Caterina Ottomano dice:

    Io sono geoarcheologa e ho collaborato con moltissimi archeologi italiani e stranieri: inglesi, francesi, nord americani. Ci sono enormi differenze tra la formazione universitaria italiana e quella di questi paesi: senza dubbio gli archeologi italiani sono nettamente superiori per quel che riguarda la conoscenza dei materiali, parlo delle ceramiche, dal punto di vista della tipologia. In questo campo inglesi ed americani sono deboli.
    Gli americani hanno però un approccio antropologico ed ideologico al manufatto che io trovo meraviglioso, un approccio che rende vivo l’oggetto.
    Gli inglesi hanno una preparazione scientifica molto forte: sono stata al dipartimento di archeologia di Londra e mi sembrava di stare in un sogno: microscopi, laboratori di analisi, cose che noi neanche immaginiamo.
    Ho avuto esperienze con studiosi francesi del paleolitico; loro non si limitano a studiare le selci dal punto di vista della tipologia e a compilare sterili tabelle, ma approfondiscono l’aspetto tecnologico dei pezzi. In questa maniera sono in grado di ricostruire il pensiero di chi li preparava.
    In tutti i casi, il rapporto con studiosi di altre discipline, geoarcheologi, palinologi, archeobotanici ed archeozoologi nonchè archeometri, è quotidiano. I ricercatori universitari italiani, soprattutto nel campo della preistoria, sono per la grande maggioranza indietro anni luce rispetto agli standard internazionali perchè non hanno la necessaria preparazione scientifica ed antropologica; e non hanno neanche l’umiltà di farsela, questa praparazione. Sono superbi ed autoreferenziali e trasmettono agli allievi tutte le loro carenze. Le nostre pubblicazioni sono quasi tutte in italoiano ed escono su riviste che non hanno respiro internazionale. La sola via d’uscita sarebbe quella di rivedere completamente la struttura degli studi archeologici che dovrebbero essere, a mio parere, assai meno umanistici e molto più scientifici. Una soluzione? Un bel dottorato all’estero o un dottorato in geologia o in scienze naturali e lasciar perdere la scuola di specializzazione. Una colossale presa in giro.

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  4. Domenica
    Domenica dice:

    Ma quanto mi piace questo commento! E’ assolutamente vero che in Italia abbiamo una formazione troppo spinta verso l’area umanistica, il che non è un male di per sè, anzi, personalmente sono convinta dia grande respiro alla nostra formazione. Il problema è però che andando avanti con gli studi e le spacializzazioni, ci si dovrebbe, appunto, specializzare, ed imparare anche tutte quelle “robe scientifiche” che invece rimangono totalmente ignorate. E’ chiaro che non si può imparare tutto, ma nell’ambito di quello che diventa poi il proprio settore bisognerebbe acquisire quelle competenze tecniche che invece l’università raramente si cura di darci.

    E l’inglese, concordo. Gli archeologi devono imparare l’inglese.

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