Archeologi: “quelli che hanno solo interesse a scavare e pubblicare per motivi di carriera”.

Che tu stia lavorando da archeologo o che tu abbia smesso di fare l’archeologo con tanto di scarponcini zozzi di terra, scommettiamo che quasi ogni mattina ti alzi con alcuni perché in testa. Come noi. Non cose che hanno a che fare con la vita, la morte e i grandi quesiti dell’umanità. No, cose più terra terra. Appunto.

 

Perché non riusciamo a farci capire? Perché noi archeologi siamo belli e fighi su uno schermo cinematografico o nei videogame e invece siamo brutti e cattivi quando svolgiamo il nostro lavoro?

 

Certo il physique du rôle dei figaccioni non ce l’abbiamo proprio: sudati in estate e infreddoliti con le labbra screpolate in inverno, quasi sempre spettinati e con la testa fra le nuvole a numerare strati e muri. E va bene. Su questo c’avete ragione.

 

Però tutto sommato siamo persone (più o meno) normali: studiamo molti anni, facciamo gavetta sui cantieri universitari, mandiamo curriculum, lavoriamo 8 ore al giorno e portiamo a casa la pagnotta (non tutti i mesi e non sempre la pagnotta basta, ma tant’è). Così ci riconosciamo tra noi, questo è quello che vediamo uno nell’altro quando ci ritroviamo tra archeologi.

 

E se da un lato c’è tanta curiosità nei confronti del nostro lavoro, se frasi come “wow, anche io avrei sempre voluto fare l’archeologo,” ci sono piuttosto familiari, ce ne sono tante altre che tornano costanti, riferite alla nostra categoria. E non sono belle.

 

Così, noi archeologi, spesso siamo “quelli che bloccano i lavori”, “quelli che stanno sempre in mezzo ai piedi sui cantieri”, “quelli che non si capisce di cosa parlano”, “quelli che non vogliono ammettere che gli alieni stavano un pezzo avanti a egiziani e ingegneri romani”, quelli che… “ma per quattro sassi fate sempre un casino!

 

A questo breviario di definizioni dell’”archeologo” ne mancava giustappunto una: “quelli che hanno solo interesse a scavare e pubblicare per motivi di carriera”.

 

Vi sfidiamo. Se siete archeologi la prima cosa che avete pensato è “carriera, ma che davvero?”

 

Stavolta da chi giungono gli ennesimi strali? Dal presidente di una fondazione sarda. Che sembra sia formata da volontari.

 

E qui è il momento in cui alzate lo sguardo dallo schermo e fate quella faccia un po’ così, con le sopracciglia aggrottate a descrivere la domanda: “ancora?”

 

E sì, ancora.

 

Ora, non è che noi siamo contrari all’impiego del tempo libero in azioni filantropiche, però possiamo dirlo che nel nostro campo e nei musei se ne sta facendo un uso disinvolto e davvero poco lungimirante?

 

Che i volontari dicessero che quelli “fuori posto” e in qualche modo “dannosi” in un contesto archeologico siano gli archeologi, però, oggettivamente, le supera tutte.

 

Ora, facciamo un passo indietro e torniamo al VIA.

 

Questo regalino, fastidioso come il carbone, è arrivato, il giorno della Befana, dalla Sardegna.

 

Pochi giorni fa, infatti, Antonello Gregorini, portavoce di Nurnet – La Rete Dei Nuraghi, Fondazione di Partecipazione sarda nata con lo scopo di promuovere “la cultura del periodo in cui sull’Isola svilupparono le civiltà pre e nuragica” , che ha assicurato la vigilanza del sito di Mont’e Prama (Cabras, Sardegna) durante le feste natalizie, avrebbe sostenuto che “sarebbe folle lasciare questo tesoro nelle mani degli archeologi, che hanno solo interesse a scavare e pubblicare per motivi di carriera”.

 

L’articolo continua:

 

Ma non vogliamo sostituirci agli archeologi nel lavoro di scavo, il nostro è solo un progetto di marketing“” ha spiegato a un centinaio di persone arrivate un po’ da tutta la Sardegna per partecipare all’assemblea pubblica convocata proprio a Mont’e Prama per raccontare quello che, secondo Nurnet, dovrà essere il futuro del sito. “Mont’e Prama – ha sottolineato Gregorini – è un patrimonio di tutti i sardi e vogliamo che sia trattato da una classe dirigente capace di trarne il massimo profitto in termini di cultura, lavoro e visibilità per tutta la Sardegna”.

 

La prima cosa che ci viene da dire è che, a ben guardare, “il tesoro” di cui parla Gregorini, se gli archeologi non l’avessero scavato, non ci sarebbe stato proprio. E inoltre pubblicare una scoperta non è una scelta o un’attività ludica, bensì un dovere. Sembra lapalissiano ma evidentemente deve essere ribadito.

 

Soprattutto, però, quello che salta agli occhi è che gli archeologi sono ancora una volta considerati buoni solo a scavare.

 

E passata la prima indignazione, questo deve farci riflettere.

 

Dall’esterno la nostra professione sembra una cariatide monolitica immobile e polverosa, ma non è esattamente così: la statua, come il Leviatano di Hobbes, è fatta di tante persone, foriere di diversi caratteri, interessi, capacità ed energie. Che poi la testa del gigante fatichi a guardare verso il futuro e i comuni mortali spesso è vero, ma non per questo è lecito condannare tutto il corpo.

 

Se addirittura si arriva a sostenere che “sarebbe una follia” mettere nelle mani degli archeologi il lavoro di valorizzazione di un sito archeologico, è forse giunto il momento, anche per noi, di fare autocritica.

 

Allora, la prima domanda è: siamo davvero in grado di comunicare all’esterno chi siamo, cosa facciamo e soprattutto perché?

 

La risposta, chiaramente, è “no”, o comunque “non sempre”.  Sono diverse ormai le realtà in Italia in cui ricerca e comunicazione della ricerca vanno di pari passo,  ma non basta, non è ancora prassi comune e deve diventarlo se vogliamo che il nostro lavoro sia rilevante per la società in cui viviamo.

 

La seconda domanda, forse ancora più importante, è: siamo pronti ad occuparci di valorizzazione dei beni culturali, uscendo da logiche che potremmo definire “da primo novecento”? Siamo disposti a rinnovare profondamente il rapporto tra bene culturale e pubblico?

 

La risposta è “non ancora”, ma ci stiamo lavorando.

 

La questione però non finisce qui.

 

Nell’articolo il portavoce di Nurnet cita la classe dirigente e non sbaglia. La fondazione si è fatta carico di assicurare il servizio di guardiania durante il periodo festivo quando il sito, sembra, era stato lasciato senza sorveglianza. E questo dopo immani polemiche su mancanza di fondi, competenze e beghe burocratiche (vedi box sotto con link di approfondimento).

 

Il problema, insomma, è molto più che una bagarre tra volontari, che meritoriamente si sostituiscono a quella che sentono come una mancanza da parte degli organismi competenti, e archeologi. Il problema è, ancora una volta, culturale e politico.

 

L’abbiamo detto e lo diremo ancora: non si può pretendere di usare i beni culturali come “volano della ripresa economica” con investimenti minimi, provvedimenti placebo e restauri eclatanti fatti giusto per onorare l’articolo 9 della Costituzione.

 

Finché la politica culturale di questo paese rimarrà ancorata alle logiche del “a costo zero”, senza un serio investimento (non solo in termini economici) ed una progettualità sul lungo termine, troveremo sempre associazioni di appassionati cittadini che sono disposti a spendere il proprio tempo in nome di una rinascita culturale della loro terra. Il loro impegno è lodevole e benvenuto, ma non può e non deve sostituirsi alle istituzioni, ai professionisti, e a chi ha il dovere di gestire e rendere fruibile il patrimonio culturale dello stato.

 

E no, “non ci sono fondi” non è più una scusa accettabile.

 

*

 

Per approfondire

 

La questione Mont’e Prama è molto complessa. Non siamo esperte di archeologia sarda, non conosciamo le dinamiche e le problematiche della valorizzazione di questo particolare sito, però in rete ci sono diversi articoli e post interessanti. Ne abbiamo raccolto alcuni che pensiamo possano aiutare a chiarirsi un po’ le idee.

 

– Il sito della Fondazione: www.nurnet.it

– La pagina FB che cerca volontari per la guardiania al sito archeologico.

 

Sul sito e la mancanza di sorveglianza:

 

Mont’e Prama, vigilanza rafforzata Restauro con i soldi dei privati

Mont’e Prama, archeologo Zucca: “Abbiamo pagato vigilanza scavi. Ma rischiamo posto”

L’assessore Claudia Firino su Mont’e Prama: “Vigilanza attualmente garantita dal Corpo Forestale”

Rassegna stampa a cura dell’Università di Cagliari del giorno 29 dicembre 2014  (articoli 3 e 5)

 

 Mont’e Prama, i volontari e politica culturale

 

Volontariato e beni culturali: cosa insegna il caso Mont’e Prama (ma che accademici e politici si rifiutano di capire)

Essenzialismi culturali, populismo e progetti politici opachi

Antonello Gregorini: gli avvoltoi di Nurnet

 

 

Commenti

12 commenti
  1. Gavino Aresu
    Gavino Aresu dice:

    Temo che la “faccenda Nurnet” esuli da problematiche squisitamente culturali. Sono coinvolti interessi politici e più bassamente economici e personali difficili da comprendere se non si vive la realtà (degradata) dell’archeologia in Sardegna. Mi permetto di suggerire una chiave di lettura, che ha suscitato non poche polemiche. Potrebbe non essere esaustiva, ma almeno presenta alcuni spunti di riflessione che forse possono spiegare parecchi aspetti altrimenti incomprensibili. Sottolineando che il volontariato, almeno nel caso di Nurnet, è un mero specchietto per le allolodle.
    https://untoreblog.wordpress.com/2014/09/21/nurnet-far-quattrini-coi-nuraghi-la-storia-del-lestofantola-gregorini/

    .

    Rispondi
    • Paola Romi
      Paola Romi dice:

      Gentile Gavino, documentandoci mentre scrivevamo l’articolo io, Antonia Falcone e Domenica Pate abbiamo capito quanto la situazione fosse molto complicata e poco chiara. Non essendo addentro alla problematica tuttavia abbiamo preferito mettere in calce al post i link utili a farsi un’idea della questione piuttosto che dare un giudizio. Lo scopo del nostro articolo, pur usando questa notizia di cronaca, era infatti non solo sensibilizzare circa quanto stava succedendo a Mont’e Prama ma, soprattutto, sottolineare come l’abuso del volontariato, o presunto tale, possa essere foriero di grossi problemi. Sapendo poi che la categoria a cui apparteniamo non è scevra da colpe volevamo invitare gli archeologi a fare un maggiore sforzo a livello comunicativo.
      Grazie per il link suggerito, continua a seguirci e a commentare!
      Paola Romi

      Rispondi
      • Anna Ardu
        Anna Ardu dice:

        Da archeologa e collega, vi invito a leggere nel mio diario, due post che si trovano nel mio wall, riguardanti la spiacevole situazione che si è creata a causa delle esternazioni di Antonello Gregorini, portavoce della fondazione Nurnet. Si intitolano “Antonello Gregorini un Leader Carismatico” e “I giganti con i piedi d’argilla”. I miei più cari saluti e grazie per la vostra attenzione.
        Anna Ardu

        Rispondi
        • Antonia Falcone
          Antonia Falcone dice:

          Grazie Anna per la segnalazione. Come abbiamo scritto in calce all’articolo, non conosciamo nello specifico le problematiche del sito di Mont’e Prama, ma di fronte ad esternazioni così dure sulla nostra categoria ovviamente abbiamo sentito la necessità di esprimere anche il nostro punto di vista. E’ necessario ribadire che la tutela e la valorizzazione dei beni archeologici deve essere fatta dai professionisti del settore. Questo non ci deve esimere, allo stesso tempo, dal fare autocritica e mettere in evidenza quali sono ad oggi le nostre debolezze. Dobbiamo fare qualche sforzo in più e far capire che gli archeologi non sono quelli che “bloccano i lavori” ma quelli che tutelano il nostro patrimonio e questa è una grande responsabilità.

          Rispondi
  2. Antonello Gregorini
    Antonello Gregorini dice:

    Gavino Aresu, fake di chissà chi, non si prende la responsabilità delle proprie affermazioni, cita un sito aperto su un server americano, non accessibile alla polizia postale, scritto da archeologi anonimi che sono stati querelati da oltre dieci persone danneggiate.
    Basterebbe questo quadro per indicare quanto sia corrotto l’ambiente. Dovreste pretendere pulizia e trasparenza al vostro interno, vietare i fake e i link su siti chiaramente al di fuori della legalità. Comunicazione trasparente di associazioni legali (Nurnet) v/s codardi che operano nell’illegalità e nascondendosi dietro nickname (pletora di archeologi anonimi). Questo è il punto

    Rispondi
    • Domenica
      Domenica dice:

      Siamo sempre disponibili al dialogo! Intanto grazie per la lettura e condivisione del nostro post, che non andava ad esprimere nessuna opinione specifica in merito al caso Mont’e Prama, ma piuttosto invitava l’intera categoria di cui le mie colleghe ed io facciamo parte, quella degli archeologi, ad un’autocritica e ad una riflessione in merito ai nostri compiti e ai nostri doveri (ma su questo risponderemo in modo più ampio di seguito).

      In merito alle sue parole su un commento precedente, apprezziamo il dibattito e lo scambio di opinioni, ma mi permetta di dire che fare di tutta l’erba un fascio e definire tutto il mondo ‘ambiente corrotto’ mi sembra eccessivo. E poi WordPress sarebbe un sito il cui accesso è negato alla polizia postale ? Una tra le più usate piattaforme di blogging in tutto il mondo? Va bene le critiche, ma non lanciamoci in complottismi e dietrologie, per favore.

      Domenica Pate

      Rispondi
      • Atropa Belladonna
        Atropa Belladonna dice:

        Scusa Domenica, lascio di fretta un solo commento e mi rendo conto non in merito al post, riguardo questa frase “E poi WordPress sarebbe un sito il cui accesso è negato alla polizia postale ? Una tra le più usate piattaforme di blogging in tutto il mondo? Va bene le critiche, ma non lanciamoci in complottismi e dietrologie, per favore. ”
        Le cose stanno così, me lo ha spiegato la polizia postale: wordpress è come tu dici la piattaforma più usata, proprio perchè è la più inattaccabile in modo diretto dalle forze dell’ordine, essendo residente su un server statunitense. Occorre cioè che un questore o un magistrato avviino un procedimento internazionale, che ha costi così elevati da essere di fatto pochissimo probabile. E’ vero che si può protestare con i gestori, ma le risposte che si ricevono sono ridicole -come su facebook-e per la diffamazione ti ….rimandano alla polizia postale che non può fare nulla o ben poco.

        Rispondi
  3. Mario Cabiddu
    Mario Cabiddu dice:

    Quanti opinionismi si sprecano. Parlate coi fatti ed i fatti dicono che volete creare fazioni, mettere la categoria contro i cittadini, solo perché non si riconosce che l’istituzione che comunque è formata da archeopolitici funziona banalmente a nomina come la ASL e sapete benissimo che il degrado dei nostri beni è dovuto al cancro che si deve risolvere e che voi archeologi non avete mai apertamente combattuto. Questo perché se no vi ricattano, demonizzano e non vi fanno lavorare, bè siete sempre stati zitti. I fatti sono i risultati e cioè UN SECOLO DI ABBANDONO dei nostri beni e NESSUNA valorizzazione. I sardi sanno dell’esistenza dei GIGANTI di MONTI PRAMA, dall’anno scorso, grazie alle informazioni che condividono gli appassionati. Gli archeologi invece li hanno segregati nelle cantine di un museo per 40 anni. Entrate nel merito dei fatti e parlate con quelli. Nella teoria e a parole siamo tutti bravi ma voi state solo alimentando il gioco delle fazioni e del muro contro muro.
    Risolvete i VOSTRI PROBLEMI ISTITUZIONALI prima di aprire bocca.
    Facile per voi buttarla in politica quando la Soprintendenza è praticamente solo a gestione partitica.
    Guardare la pagliuzza negli occhi altrui, ignorando la trave nei nostri, è un grave errore cari archeopolitici 😀

    Rispondi
    • Domenica
      Domenica dice:

      Stiamo commentando un post che parla di archeologia e beni culturali o stiamo giocando a Risiko? No, perchè francamente la fantapolitica non mi interessa.

      Mi fa piacere la verve con cui lei difende i giganti di Mont’e Prama ed è chiaro che la gestione dei beni culturali in Italia ha molte, molte cose da migliorare e cambiare, e lo abbiamo ribadito tante volte sulle pagine di questo blog, ma non si butta a mare tutta una categoria di professionisti perchè ha dei ‘problemi istituzionali’. Che poi, mi scusi eh, ma lei conosce forse un’istituzione unica che raccoglie tutti gli archeologi italiani? Perchè io non ne conosco, ma sarà perchè non sono un’archeopolitica 😉

      Infine, voglio ribadire una cosa che mi sembrava molto chiara nel post iniziale ma forse merita di essere ripetuta. Non abbiamo scritto un post che andava nella direzione di attaccare, ma bensì che invitava alla riflessione ed era rivolto principalmente ai nostri colleghi archeologi, che sono poi coloro ai quali abitualmente ci rivolgiamo nel nostro blog. L’invito era all’autocritica e terminava con una considerazione sulla quale credo che, tutto sommato, concordiamo, e cioè che la politica culturale di questo paese va progettata, sul lungo termine e con lungimiranza. Ma credo converrà anche lei che non si può lasciar spazio al dilettantismo nè ai soli appassionati, la cui buona volontà è sempre apprezzata e ricercata, e il cui ruolo è insostituibile, ma che non possono e non devono sostituire i professionisti e le loro competenze. E poi, scusi, ma lei, uno che fa il volontario in ospedale, lo vorrebbe ad operare in sala operatoria?

      Lasciamoci in pace, va. Le auguro una buona serata 🙂

      Rispondi
  4. Gavino Aresu
    Gavino Aresu dice:

    Ho letto solo oggi quanto postato da Gregorini e non lo ritengo meritevole di commento. Credo tuttavia necessario specificare un’evidente inesattezza postata da coloro che difendono a spada tratta la fantarcheologia e il tentativo di fare soldi usandola (sport assai praticato in Sardegna).
    La piattaforma wordpress è effettivamente indipendente e difficile da chiudere dalla giustizia italiana. Personalmente, amando la libertà di parola, aggiungo “per fortuna”. Ci si dimetica, però, che la polizia postale ha la facoltà (dietro richiesta del magistrato) di oscurale il link per ingressi da location italiane. Ciò avviene correntemente in casi di accertata diffamazione. E “non” è avvenuto nel caso del link di cui si parla. Se il magistrato non ha proceduto in tal senso ci sarà di certo un motivo (o più).
    In più, tanto per restare aggiornati, l’unico giornale indipendente attivo in Sardegna ha pubblicato un articolo illuminante (a firma Mauro Lissia) sia su NURNET che sul sito. Eccolo:
    http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2015/02/11/news/gli-archeologi-attaccano-nurnet-1.10846759
    In conclusione, parlare di illegalità e di tutto il resto (non intendo far polemica in merito) è privo di senso.
    Sarebbe piuttosto più opportuno rispondere a legittime domande sugli scopi e sui metodi di certe “associazioni cuturali”
    Buon lavoro
    Gavino Aresu

    Rispondi

Trackbacks & Pingbacks

  1. […] amiche di Professione archeologo, in un post che ha suscitato grande dibattito e ha stimolato questa riflessione maremmana, si chiedono: […]

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Rispondi a Domenica Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.