#500schiavi un mese dopo: #verso11G

È passato un mese dall’uscita del bando #500schiavi. Sarebbe inutile raccontare nuovamente tutte le criticità della stesura che, dopo il 7 dicembre 2013, ha generato un fronte di lotta comune, capace di riunire incredibilmente tutte le professioni dei Beni Culturali.
E tuttavia, visto l’approssimarsi della manifestazione che ne è derivata, ripercorriamo le tappe della protesta.

 

1 – Il 7 dicembre viene pubblicato il bando per il reclutamento di 500 giovani per la cultura. Subito sui Social iniziano le proteste e le critiche, non solo su requisiti e monte ore ma soprattutto sull’iniqua “retribuzione”.

 

2 – Nel weekend la contestazione “monta” su Twitter al “grido” di #500schiavi e compaiono i primi articoli in merito sui blog.

 

3 – Lunedì 9 e martedì 8 la tensione sale: noi di PA siamo stupefatti dal successo del nostro articolo, che è spia della rilevanza del problema tra i professionisti dei #BBCC.

Sono giorni mediaticamente concitati: in poche ore si passa dalla forte presa di posizione delle nostre associazioni di categoria (ANA, CIA ), al tam tam tra le diverse realtà attive in rete. I professionisti dei beni culturali fanno sentire a gran voce il proprio disappunto e il salto della protesta dalla rete alle testate giornalistiche nazionali viene da sé, trascinato da cinguettii, post, pagine/gruppi fb. (Qui trovate la rassegna stampa)

 

 
4 – Viene così indetta la manifestazione dell’ 11 gennaio, 500 no al Mibact.

 

 
5 – Il primo risultato si ottiene domenica 15 dicembre, quando il Ministro On. Massimo Bray, incalzato nel corso della trasmissione “Che tempo che fa?” sulla questione #500schiavi, prende atto dei problemi del bando e promette, tra le altre cose, di migliorarlo.

 

 
6 – Tuffo carpiato con doppio avvitamento della macchina del MIBACT: a tempo di record il 16 dicembre esce una nuova stesura del bando  con requisiti e monte ore attenuati.

Non è successo il miracolo di Natale, sono state limate tutte le caratteristiche legalmente impugnabili in modo semplice e diretto. È un buon segno, ma il problema resta.
Ma non demordiamo.

 

 

7 – Ed ecco arrivare #verso11G: il sit-in del 20 dicembre davanti alla sede del Ministero.

Sotto la pioggia battente, dopo aver visto passare sottosegretari meno affabili delle forze dell’ordine (non serve fare nomi, vero?), i delegati dei manifestanti vengono ricevuti dal Capo di Gabinetto del Ministero Lipari, dal Segretariato Generale Antonia Pasqua Recchia e dal Direttore Generale per l’organizzazione, gli affari generali, l’innovazione, il bilancio ed il personale Mario Guarany, che di fatto aprono al dialogo con i professionisti dei Beni Culturali.

 

 
E poi? E poi ci sono state le festività natalizie. Ma adesso sono finite. L’11 Gennaio è prossimo.
E ora è il momento di scendere in piazza.
Perché deve essere chiaro che non siamo choosy e neanche piagnoni e tanto meno vecchi brontoloni (come molto gentilmente siamo stati apostrofati da giovani ansiosi di guadagnare 3 euro l’ora).
Siamo professionisti, abbiamo competenze, idee innovative e siamo anche piuttosto stufi dei diktat che piovono dall’alto e ci obbligano a pensare che l’unica strada percorribile per “valorizzare” il nostro patrimonio sia quello di prostrarsi, cospargersi il capo di cenere e accettare un altro anno di “formazione” inutile.
Prima di tutto partiamo dalle spiegazioni: l’unico modo per impiegare 2,5 milioni di euro era questo? Qualcuno ha pensato a valide alternative? Oppure era molto più “comodo” ripiegare sul classico dei classici: stage retribuito senza futura possibilità di assunzione (che alla fine conviene andare a farlo in un’azienda privata dove forse poi assumono anche…) per parcheggiare altri 500 giovani che tanto dopo un anno emigreranno o cambieranno lavoro?

 

 

Tirare a campare è davvero l’unica possibilità che volete/vogliamo darci?
E sia chiara un’altra cosa: non chiediamo assistenzialismo, ma possibilità di lavoro.
Innovazione, creatività, risveglio culturale sono parole che devono andare di pari passo con l’idea di tutelare e conservare il nostro patrimonio culturale.
Rifiutiamo il bando e l’idea che sottende al bando perché ci sembra una panacea temporanea che non affronta i veri nodi del settore.
Lo sappiamo benissimo che da qualche parte bisognava iniziare, dopo anni sciagurati di tagli indiscriminati, ed è proprio per questo che ci sembra che sia stata sprecata un’occasione.
Le nostre proposte, embrionali, magari utopiche, le abbiamo discusse qui e qui.
E le richieste sottese alla manifestazione sono enucleate nella piattaforma programmatica, scritta nero su bianco.
Siamo la #generazionepro e sarà difficile fermarci, perché per la prima volta siamo uniti non solo per protestare ma per proporre un futuro diverso.

 

 

Antonia Falcone (@antoniafalcone)

Paola Romi (@opuspaulicium)

 

Credits immagine: Davide Arnesano (soggetto, disegno, colori)

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