Archeologia e formazione: strada senza uscita? (dal blog passatoefuturo)

Il blog passatoefuturo propone un’interessante riflessione sul rapporto tra archeologia, formazione universitaria e mondo del lavoro. Possiamo immaginare un futuro diverso per chi, come noi archeologi, investe tempo e risorse nella formazione e si ritrova spesso a dover abbandonare qualsiasi prospettiva professionale nel settore? I nodi stanno venendo al pettine?

Quale deve essere il ruolo dell’università oggi per permettere l’inserimento degli archeologi nel mondo del lavoro?

 

“Per un istante proviamo anche noi, ricercatori e docenti, a pensare alle nostre responsabilità e alle colpe di una formazione che non porta all’acquisizione di competenze spendibili sul mercato del lavoro ma solo ad una specializzazione estrema nella ricerca (…..) Sarebbe di contro molto utile pensare al placement dei nostri laureati, e dire la nostra per proporre una visione dei bbcc che  non sia più solo protezionistica ed erudita”.

 

Link all’articolo qui

 

Non è affondata! (da The Indipendent dal 06/03/2013)

E mentre la nave dell’archeologia va giù, come ci ha raccontato stamattina la nostra Paola, ci sono barche che, pur costruite secondo tecnologie di migliaia di anni fa, riescono a solcare i mari senza troppi problemi.

 

Sì, parliamo di Archeologia Sperimentale, ed in attesa di avere i primi contributi su come si opera in materia qui in Italia, vi giriamo questa notizia proveniente da oltremanica.

 

 

Per la prima volta dopo quasi 3000 anni una barca per la navigazione in mare dell’Età del Bronzo è stata calata in acqua in gran Bretagna. Scivolando con grazia giù per un canale oggi a Falmouth Harbour, Cornwall, la barca, lunga 15 metri, è stata fatta poi navigare per due brevi viaggi di prova da 500 metri dal suo equipaggio composto da 18 persone.

 

L’esperimento, parte di un’indagine di archeologia sperimentale di lungo corso sulla tecnologia marina dell’Età del Bronzo, sta già fornendo dati importanti sulla navigazione di epoca preistorica.

 

 

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Emergenza d’Archeologia (episodio quarto) ~ di Paola Romi

1.04 – Titanic

 

Era grande e scintillante, maestoso ed imponente. A molti faceva paura, pavidi stavano a guardarlo, rinunciando al pericoloso viaggio, gravido di speranze e promesse. L’oceano del Tempo scatenava atavici terrori, meglio avere poche facili certezze che tanti enormi interrogativi. Pure il nome era difficile, con quel sapore greco, che sapeva di snobismo; ma faceva parte di una grande flotta, bisognava dirlo.

 

E così cominciarono ad imbarcarsi.

 

In prima classe i professori universitari e i loro pargoli, in prima classe bis, che la seconda non c’era,  i dirigenti, i funzionari, i quadri e qualche parvenu proprietario di società. In terza classe poi, loro, i disperati, i lavoratori della strada, i fidi scrutatori  con le unghie sporche di terra, i polmoni rosi dallo smog e la testa piena di sogni.

 

Fu con questo carico che la nave salpò.

 

E a terra il sindaco, il questore, il prefetto, il politico, il conte, i giornali, la radio, le comari: tutti a dire quanto era bello ed importante il transatlantico, tutti a sottolineare come opere del genere potessero salvare l’economia dello scoglio che si trovavano ad abitare.

 

A bordo poi, era tutta una festa, qualcuno in prima classe festeggiava con lo champagne, altri, sempre in prima classe, scolavano il fondo delle bottiglie e si nutrivano di sole briciole. In seconda bis invece no, pasteggiavano con costosissimi vini biodinamici e si nutrivano, a volte, di delizie a km 0, altre di caviale di cui non volevano sapere l’origine. E la terza classe stava a guardare, a tratti schernendoli di mala grazia, a tratti progettando di fondare uno Stato in cui gli alcolici e le prime classi fossero proibite.

 

E così navigando nell’oceano del Tempo tutti imparavano, tutti si interrogavano, tutti credevano che la prospettiva delle loro cabine e cuccette fosse l’unica a restituire la giusta prospettiva delle cose.

 

Ma una notte la festa finì.

 

Dai finestrini videro tutti la stessa immagine: era bianco, grande, abbacinante. Pensarono che il fastoso transatlantico avrebbe retto all’impatto. Ma così non fu. E allora corsero alle scialuppe.  Ma le scialuppe non c’erano perché l’armatore trovava che fossero troppo belle e sontuose per essere tali. Non potendosele permettere le aveva vendute al laghetto del parco di divertimenti, quello profondo un metro.

 

La leggenda narra che forse qualcuno, di terza classe, si salvò. Abituato alla disperazione, agli espedienti,  si sarebbe attaccato a un pezzo di ghiaccio e adesso vivrebbe cacciando foche con un arpione degno del neolitico preceramico.

 

Così si chiude la storia del transatlantico ARCHEOLOGIA naufragato contro l’iceberg della SPENDING REVIEW.

 

Ultim’ora: si attendono ansiosamente notizie circa la navigazione della nave gemella PATRIMONIO ARTISTICO, sembra che anche lei navighi in pessime acque.

 

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Paola Romi, l’autrice di questo post è su Twitter: @OpusPaulicium

 

 

Meet the Editors ovvero mettiamoci la faccia

Oggi professionearcheologo.it, in occasione del primo mese di vita del sito, ci mette la faccia: abbiamo girato un breve video di presentazione delle editors del sito, dei progetti e degli obiettivi che abbiamo.

Ovviamente contiamo fortemente sul vostro senso dell’ironia.

Siamo molto naif, diciamocelo.

#DiggingintheCrisis: storify del dibattito pubblico

Giovedì 14 marzo si è svolto a Roma il dibattito pubblico Discovering Archaeologists of Europe – Digging in the Crisis. Si tratta di un progetto europeo al quale la Confederazione Italiana Archeologi partecipa in rappresentanza dell’Italia.

Il progetto è giunto alla 2° edizione e il tema scelto per il biennio 2012-2014  è quello del rapporto tra crisi economica e archeologia: stato dei fatti, proposte per uscirne e prospettive future.

In occasione del dibattito è stato lanciato l’hashtag #DiggingintheCrisis, per permettere a chi non fosse presente a Roma di seguire il dibattito e per consentire agli ArcheoNavigatori di confrontarsi direttamente e senza intermediari sulle tematiche del convegno utilizzando Twitter.

L’evento è stato trasmesso anche in diretta streaming su youtube (canale infocia), è stato predisposto un hangout su Google + e  creata una pagina fb. Tutti accorgimenti per dare agli archeologi la possibilità di partecipare, nei diversi modi che la rete mette a disposizione.

E come ormai avrete capito, noi di professionearcheologo.it  rincorriamo la rete e vogliamo dare spazio a chi ne fa un uso utile alla divulgazione e all’incontro tra professionisti.

Abbiamo quindi partecipato alla discussione tramite il nostro account twitter (@pr_archeologo) e oggi vi presentiamo lo storify dell’incontro: si tratta di una raccolta dei tweet, dei contributi video, di aggiornamenti fb che raccontano quello che è successo in sala e in rete.

Be connected!

 

Link storify #DiggingintheCrisis

Al museo senza barriere con Archeotouch (dal blog del Museo Archeologico della Marche)

Comunicare il museo, comunicarlo a tutti. Continua la bella iniziativa del Museo Archeologico Nazionale delle Marche.

 

Per chi non ne fosse a conoscenza ricordiamo che ARCHEOTOUCH prevede una serie di visite guidate tematiche, percorsi tattili tra le collezioni del Museo Archeologico Nazionale delle Marche arricchiti da laboratori. Tutte le attività si caratterizzano per l’attenzione particolare sia agli aspetti cognitivi sia alle difficoltà motorie degli utenti, grazie a percorsi facilitati, luoghi accessibili ed esperienze pratiche.

 

Il progetto, nato come singolo evento per la settimana della cultura 2012, e ora parte integrante delle attività educative del museo, è rivolto alle persone disabili che usufruiscono dei servizi socio-educativi diurni, residenziali e territoriali del comune di Ancona.

 

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Un esempio virtuoso di archeologia e divulgazione (da massaciuccoliromana)

Oggi vi proponiamo un esempio virtuoso di come si possa fare divulgazione scientifica sfruttando gli strumenti messi a disposizione dal web.

A soli quattro mesi dalla conclusione dell’indagine archeologica realizzata nel Cantiere dell’area “Massaciuccoli romana” sono stati messi online i risultati della campagna di scavo 2011-2012.
Con un grande lavoro la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, il Comune di Massarosa e tutta l’équipe di ricerca, hanno voluto offrire contemporaneamente due diversi livelli di accesso ai risultati dell’indagine. Tutto il materiale è rilasciato con licenza CC BY, consultabile e scaricabile gratuitamente.

Particolarmente degna di nota in una prospettiva open access è la possibilità di consultare tutta la documentazione di scavo.

Il sito è visitabile qui

Un sogno realizzabile: Riccardo III ci salverà (da leparoleinarcheologia.it)

Di Riccardo III sì è parlato e si continua a parlare. Merito della grande rilevanza della scoperta, ma non solo:

 

 

Non avrei voluto partecipare alle operazioni di scavo archeologico avvenute (o forse sì?) e non avrei voluto essere parte del team di ricerca (o forse sì?). Avrei voluto ideare, progettare e realizzare l’aspetto comunicativo del progetto.

 

La folgorazione l’ho avuta quando davanti ai miei occhi è apparso il piano comunicativo dell’ULAS (University of Leicester Archaeological Services) diventato realtà. Inoltre la suddetta folgorazione è stata, per così dire, ‘progressiva’: ad ogni click e ad ogni scroll mi toccava trattenere un “wow!”.

 

Il sito dedicato (http://www.le.ac.uk/richardiii/) è comune nell’aspetto (layout, se vogliamo usare tecnicismi) ma straordinario nei contenuti.

 

continua.

 

 

Perché penso che sia un pessimo affare economico bloccare la ricerca in archeologia (da uominiecoseavignale)

L’articolo de La Stampa di ieri ha suscitato una grande attenzione, almeno a giudicare dai contatti (quasi 4.500) e dalle condivisioni (quasi 100) registrati dal post su FB che ne dava notizia.

 

Mi pare una buona cosa, perché è dal dibattito e dal confronto delle opinioni anche profondamente differenti che nascono le idee. E credo che in questo momento abbiamo bisogno, più che di ricette facili da applicare indiscriminatamente, proprio di buone idee da perseguire nel tempo.

 

Vorrei quindi provare a sviluppare il mio ragionamento, a partire da una domanda: che cosa significa, in termini economici, bloccare – o quantomeno bloccare in larga misura – la ricerca in archeologia?

 

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